Questi è il profeta Gesù, da Nazaret di Galilea

Ott 24, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Matteo 21,1-11

Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: «Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito»». Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: 5Dite alla figlia di Sion: Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un’asina e su un puledro, figlio di una bestia da soma.

I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!».

Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea».

 

Siccome la vita e le parole di Gesù sono sempre un compimento delle Scritture, cosa deve compiersi nel suo ingresso a Gerusalemme? Quale profezia parla di lui? Quella che lo ritrae come un re mite/povero. Di fatto Gesù non ha proprio nulla, tanto che deve chiedere in prestito una cavalcatura. Non ha alcuna potenza mondana, non c’è alcun trofeo da trasportare, nessun bottino, nessun nemico da esibire e umiliare … calpestandolo. Sono le folle stesse che si abbassano, si fanno calpestare … stendendo i loro abiti; è la creazione che si mette ai suoi piedi, in quei rami tagliati dagli alberi.

E Gesù? Cavalca un asino! [Abramo, Mosè, alcuni giudici avevano questo animale nei loro nomadi camini] Animale prezioso l’asino, ma non per una guerra. L’asino è quasi un tuo familiare: porta i tuoi pesi, riposa in casa tua, non dà fastidio ai vicini, ma … lavora, lavora e poi lavora … in semplicità e pace! Esattamente quello che farà Gesù: porterà i nostri pesi, lavorerà nella pace, darà la sua stessa vita invece di toglierla agli altri, con la guerra. Gesù non ha arruolato nessuno con la forza o per interesse, eppure c’è attorno a lui “una folla immensa”: da lui amata (quante volte abbiamo letto che … si commosse!), da lui nutrita di insegnamenti e di pane, da lui guarita da ogni male. Ora, la folla immensa lo avvolge con lodi e canti. È un ringraziamento per Gesù, figlio di Davide: “il benedetto, colui che viene nel nome del Signore”.

Oltre alla folla immensa dei discepoli, c’è “una città che fu presa da agitazione (terremotata)”, così come fu in agitazione quando arrivarono i magi dall’Oriente (vedi 2,3). Città che si domanda ancora: “Chi è costui?”. Città che non ha riconosciuto Gesù ed è ancora … sospesa: “Chi è costui?”. La folla dei discepoli (che vengono dalla Galilea) risponde: “Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea”. Nel titolo “profeta” c’è un qualche riferimento a un tipo particolare di “regalità” (un re che insegna, che guida, che giudica); nel titolo “Nazaret di Galilea” c’è un’affermazione che apre un problema grosso … guardando le Scritture: un re che non viene da Gerusalemme o da Betlemme (come dicono le Scritture) ma dalla lontana ed estranea Galilea, che re può essere?

Signore, che i nostri occhi si aprano

Ott 23, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Matteo 20,29-34

Mentre uscivano da Gerico, una grande folla lo seguì. Ed ecco, due ciechi, seduti lungo la strada, sentendo che passava Gesù, gridarono dicendo: «Signore, figlio di Davide, abbi pietà di noi!». La folla li rimproverava perché tacessero; ma essi gridavano ancora più forte: «Signore, figlio di Davide, abbi pietà di noi!». Gesù si fermò, li chiamò e disse: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Signore, che i nostri occhi si aprano!». Gesù ebbe compassione, toccò loro gli occhi ed essi all’istante ricuperarono la vista e lo seguirono.

Matteo, assieme a Marco e Luca, richiama questo episodio, importante per il messaggio che vuole offrirene. La guarigione dei due ciechi fa da contrasto all’ultima scena che abbiamo letto ieri: la competizione dei discepoli quanto a “chi è più grande”, ma soprattutto quanto all’incomprensione del cammino di Gesù rifiutato e ucciso a Gerusalemme.

Per chi “sale a Gerusalemme” Gerico è l’ultima tappa di un cammino che, proprio in questa città, tocca le profondità della terra. “Una grande folla seguiva Gesù”: folla convinta, forse, che Gesù avrebbe realizzato le promesse di regalità in Gerusalemme. Due ciechi seduti lungo la strada gridano: “Figlio di Davide (la loro invocazione mostra l’attesa popolare di un re Messia della casa di Davide) abbi pietà di noi (in greco abbiamo eleison)”. È un grido forte, ripetuto … sovrastato dai “rimproveri” della folla.

È un grido, però, che supera il muro della folla e arriva a Gesù, il quale “si fermò, li chiamò, toccò i loro occhi”. I due ciechi avevano chiesto: “Signore (non più “Figlio di Davide”) che si aprano i nostri occhi”. La richiesta è del tutto ovvia, quasi banale, ma Matteo con questa domanda riassume tutte le domande dei discepoli nel corso del Vangelo, espresse o non espresse. Infatti, di cosa hanno bisogno i discepoli, di cosa abbiamo bisogno noi, se non che “si aprano i nostri occhi” per vedere chi è Gesù e poterlo seguire verso Gerusalemme?

Ebbene, “Gesù ebbe compassione/si commosse e toccò le loro pupille”. Le pupille sono il luogo centrale, profondo, prezioso dell’occhio. “Subito recuperarono la vista e lo seguirono”. Certamente, tutta la folla seguiva Gesù, ma questi due ciechi, guariti da Gesù, vedono “di nuovo” o “in alto” e hanno immediatamente capito che la strada da percorrere è … stare dietro a Gesù. È questo il messaggio finale che danno al lettore tutti e tre gli evangelisti.

Proprio come il Figlio dell’uomo che non è venuto per essere servito

Ott 22, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Matteo 20,17-28

 Mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà».

 Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedeo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Ricordiamo questi passi già letti: “Da allora Gesù cominciò a mostrare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme, soffrire molto” (16,21); poi “Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato in mano agli uomini” (17,22); poi ancora (il brano di oggi): “Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà».

In questo ultimo annuncio ci sono quattro chiari passaggi: a) compare un “noi”: i discepoli sono (debbono essere) uniti a Gesù nel salire a Gerusalemme; b) Gesù sarà consegnato ai capi sacerdoti e agli scribi, e questi lo condanneranno a morte; c) i capi lo consegneranno ai pagani per schernirlo, flagellarlo e crocifiggerlo; d) il terzo giorno risusciterà. Notiamo che la condanna avviene ad opera dei capi sacerdoti e scribi, e non del popolo, e che ai pagani è riservato (solo!) il compito di eseguire la condanna.

L’episodio della “madre dei figli di Zebedeo” che chiede a Gesù per i suoi figli di “sedere uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno”, mostra questo: come è chiaro l’annuncio della passione, altrettanto chiaro è il rifiuto o almeno l’incomprensione dei discepoli. “Il calice da bere”, cioè la sofferenza/morte, non è un biglietto o un lasciapassare per il regno, ma è una condizione di vita: bisogna sapere e capire cosa ci sta in quella sofferenza/morte. Ci stanno tutta l’obbedienza, tutto l’abbandono e tutto l’amore: realtà fortissime che non hanno il segno della pretesa o dell’interesse di qualcos’altro, fosse anche un regno. Valgono per sé stesse!

Gesù non è il distributore di premi o di medaglie, ma di amore che si dona nella mitezza e gratuità. Lo dice lui stesso con queste parole: “Proprio come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti”. Il servizio, che è dare la vita, ha come esito il “riscatto per molti”: le moltitudini, la gente, tutti quanti. I grandi di questo mondo “spadroneggiano e soggiogano” (modo per togliere lentamente la vita alle persone). Non sarà così per i discepoli di Gesù se prenderanno come esempio e come condottiero il Gesù che ha dato la vita. Se invece si ispireranno ai potenti di questo mondo sarà omologazione e quindi rovina: vinceranno ma non riscatteranno nessuno, meno che meno se stessi!

 

Sei invidioso perché io sono buono?

Ott 21, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Matteo 20,1-16

Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: «Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò». Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: «Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?». Gli risposero: «Perché nessuno ci ha presi a giornata». Ed egli disse loro: «Andate anche voi nella vigna».
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: «Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi». Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: «Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo». Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: «Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?». Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

 

“Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa …”. [Troveremo spesso questa espressione (“regno dei cieli”), specie in Matteo. Proviamo a selezionarla con altre parole. a) “Regno dei cieli” equivale a “il fatto e/o il modo col quale Dio regna”, dunque: “il regnare di Dio” (non significa direttamente il Paradiso). b) “Simile anon significa “è”, ma “pensa a” oppure “succede come” (nel testo di oggi: “il regno dei cieli” non è un padrone che …, ma “nel regno avviene come quando un padrone …”). c) Non cercare con ostinazione o parallelismi: chi è il padrone, chi sono i servi, cosa significa il denaro, a cosa corrispondono le varie uscite, chi sono gli ultimi e chi sono i primi, cos’è la vigna, eccetera.]

Il testo di oggi si presta a molti sviluppi. Ma, cercando di stare a quanto detto sopra, porta a questa conclusione. a) Dio fa grazia a tutti chiamandoli alla comunione con lui nell’esercizio del bene, operando nella vigna/chiesa. b) Le risposte dell’uomo alla chiamata di Dio sono “diverse” (non chiediamoci perché non erano tutti lì, al mattino presto). c) E’ bene che non ci sia un confronto tra gli uomini, altrimenti nasce la mormorazione. d) Nell’operare bisogna riferirsi solo a Dio. e) Hai forse un “occhio malvagio” (tradotto: invidioso): non sei d’accordo con quello che fa Dio? f) Se così fosse, diventi “ultimo”, cioè, tutto “si rovescia”, a tuo discapito. g) Grande, oltre misura è la bontà/misericordia di Dio (facilmente, legalmente, emotivamente contestabile!) Ma, per fortuna o per disegno, è solo la misericordia di Dio che governa il mondo. h) Infine, è un dono grandissimo … già il solo fatto di lavorare nella vigna. Notiamo che agli “ultimi” il padrone non dice nemmeno che li pagherà: la “paga” è spropositatamente anticipata e concessa in queste parole: “andate anche voi alla vigna”. Il Signore misericordioso ha chiamato anche noi alla comunione con lui nella vigna/chiesa: è questo il denaro!

Di cos’altro ho bisogno?

Ott 20, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Matteo 19,13-30

 Allora gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono. Gesù però disse: «Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli». E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là.

 Ed ecco, un tale si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?». Gli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». Gli chiese: «Quali?». Gesù rispose: «Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre e la madre e amerai il prossimo tuo come te stesso». Il giovane gli disse: «Tutte queste cose le ho osservate; che altro mi manca?». Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!». Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze.
Gesù allora disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».
Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi.

 

“Allora gli presentarono alcuni bambini perché imponesse loro le mani, ma i discepoli si misero a rimproverarli”. Ieri, i farisei avevano messo in campo la questione della separazione nel matrimonio; oggi, i discepoli mettono in campo un’altra questione, che può legarsi alla separazione, quella di Gesù e/dai bambini: i discepoli vogliono tenere lontano, separare i bambini da Gesù. Nell’accoglienza dei bambini si crea una comunione tra Gesù e i bambini che a loro (discepoli) non piace. C’è qualcosa di anomalo (almeno secondo alcune culture antiche) nel fatto che un maestro abbia alla sua sequela dei bambini (“imporre le mani” vuol dire: accogliere nel gruppo e dare compiti, quindi c’è un riconoscimento o dignità verso i bambini). Tutto questo… “degraderebbe” Gesù maestro!

Invece, Gesù dice: “Lasciate stare i bambini e non impedite loro di venire da me”. Poi aggiunge (e questo diventa l’insegnamento): “di quelli come loro è il regno dei cieli”. “Come loro” può indicare due aspetti: ritenersi di poco conto e avere fiducia, abbandonarsi.

“Ed ecco un tale … “. Questo tale non è un bambino, è un “giovane” maturo (infatti lui stesso “si avvicinò a Gesù”). Chiede: “Maestro, che cosa devo fare di buono per avere vita eterna?”. Non chiede il Paradiso, ma una “vita eterna”: la vita del “mondo che viene” ma che può essere vissuta già in questo mondo con l’obbedienza dei comandamenti. “Quali?” (tra divieti e comandi che si trovano nella Legge si arrivava a 613!). Nell’elenco dei comandi Gesù richiama (solo!) quelli verso il prossimo. Tali comandi sono stati osservati dal giovane. Eppure egli avverte di non avere raggiunto una “pienezza” o “perfezione”, quando dice: “di cos’altro ho bisogno?”

“Vendere i beni e darli ai poveri” non è un comando per tutti, ma è un “bisogno” quando e se uno vuole essere “perfetto … discepolo”, in altre parole, se uno vuole seguire, stare del tutto unito a Gesù nel suo compito di annunciatore del regno. Il giovane aveva “molte proprietà”: non volle vendere tutto per seguire Gesù, e “se ne andò rattristato”. Ai bambini/discepoli vengono imposte le mani (non avevano chiesto nulla!), e così stanno uniti a Gesù. Il giovane se ne va via rattristato (e aveva chiesto lui stesso tante cose!).

Commento di Gesù: “Un ricco difficilmente entrerà nel regno dei cieli”. Non vuol dire che difficilmente andrà in Paradiso, ma che difficilmente entrerà nel concreto di una vita comunitaria, fatta di scambio di doni: comunità, luogo di salvezza (vedi Atti 2,47). Il ricco sarà sempre … a parte, apparentemente gioioso, ma di fatto “rattristato”.

Ma è davvero impossibile lasciare tutto e seguire Gesù? Pietro e i discepoli sono la testimonianza che (non tanto essi sono stati bravi e capaci) ma che “a Dio tutto è possibile”. E poi c’è un … “chiunque”, che richiama l’universalità dei discepoli: “Chiunque abbia lasciato case, fratelli, sorelle, padre, madre, figli, campi a causa del mio nome riceverà il centuplo e avrà vita eterna in eredità”. La vita eterna è la vita fraterna ottenuta come dono, là dove uno ha lasciato tutto. [Si noti: lasciato tutto, tranne la moglie!!! E questo conferma il discorso, fatto ieri, sulla indissolubilità del matrimonio. Gesù immagina che il “soggetto” che lascia tutto possa essere anche la “coppia”. Il Nuovo Testamento dà molti esempi di coppie che seguono il Vangelo assieme, non divisi. Addirittura, si chiede all’episcopo di essere unito a una sola donna e di continuare a educare bene i suoi figli!!]

Domenica 19 Ottobre 2025 – XIX Tempo Ordinario – Anno C

Ott 19, 2025 | Postato da Francesca Ospitali - Accompagnamento quotidiano

Per accedere alla diretta streaming della Messa delle 10.30 clicca qui

ANTIFONA DI INGRESSO

Io t’invoco, o Dio, poiché tu mi rispondi;
tendi a me l’orecchio, ascolta le mie parole.
Custodiscimi come pupilla degli occhi,
all’ombra delle tue ali nascondimi. (Sal 16,6.8)

 

PRIMA LETTURA

Dal Libro dell’Esodo (Es 17,8-13)
In quei giorni, Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm.
Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio». Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle.
Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole.
Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada.
Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE: Sal 120

Il mio aiuto viene dal Signore.

Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore:
egli ha fatto cielo e terra.

Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
Non si addormenterà, non prenderà sonno
il custode d’Israele.

Il Signore è il tuo custode,
il Signore è la tua ombra
e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte.

Il Signore ti custodirà da ogni male:
egli custodirà la tua vita.
Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri,
da ora e per sempre

SECONDA LETTURA

Dalla Seconda Lettera di San Paolo Apostolo a Timoteo (2Tm 3,14-4,2)

Figlio mio, tu rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo hai appreso e conosci le sacre Scritture fin dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù.
Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.
Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento.

Parola di Dio

 

Alleluja, Alleluja

La parola di Dio è viva ed efficace,
discerne i sentimenti e i pensieri del cuore

Alleluja

VANGELO

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 18,1-8)

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Parola del Signore

Non tutti capiscono questa parola

Ott 18, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Matteo 19,1-12

Terminati questi discorsi, Gesù lasciò la Galilea e andò nella regione della Giudea, al di là del Giordano. Molta gente lo seguì e là egli li guarì.
Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «È lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?». Egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carneCosì non sono due, ma una sola carne. Dunque un uomo non divida quello che Dio ha congiunto». Gli domandarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e di ripudiarla?». Rispose loro: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un’altra, commette adulterio».
Gli dissero i suoi discepoli: «Se questa è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi». Egli rispose loro: «Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca».

 

“Terminati questi discorsi”. E’ un’espressione che Matteo usa spesso per indicare cambiamento di scena: si passa dalla Galilea alla “Giudea al di là del Giordano”, probabilmente per evitare la Samaria. Pure in viaggio, Gesù compie la sua missione di “curare le folle che lo seguono”.

Alcuni farisei “per metterlo alla prova” gli fanno questa domanda: “E’ lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per un qualsiasi motivo?”. Nella sua risposta Gesù si rifà al Creatore e “al principio”, cogliendo così l’originale volontà di Dio e cioè l’unità del maschio e della femmina in una sola carne. Commenta e conclude: “Un uomo non deve separare ciò che Dio ha unito”. Se la legislazione giudaica permetteva il ripudio (a debite condizioni: dure o fragili a seconda dei maestri) è solo “a motivo del vostro cuore indurito”, e insiste: “ma non era così al principio”. Pertanto, “chi ripudia la moglie, se non per relazione illecita, e ne sposa un’altra commette adulterio”. Nella “relazione illecita” (in greco porneia) rientrano: unioni illegittime o condannate dalla legge di Mosè, l’infedeltà nel matrimonio, la depravazione sessuale, la prostituzione.

A questo punto, i farisei si ritraggono dalla discussione. Vi entrano i discepoli, ma in modo interessato: “Se sta così la questione dell’uomo con la donna, non conviene sposarsi”. [In altre parole. Se l’uomo ripudia “alla leggera/senza motivo” la sua donna e ne sposa un’altra commette adulterio. Dovrebbe allora rimanere da solo? Sarebbe allora un “eunuco” che vive in continenza] Se le cose stanno così (essere come eunuchi) allora “non conviene (nemmeno) sposarsi”, perché l’essere eunuco è situazione dura, invivibile.

Secondo tanti commentatori, soprattutto nel passato, gli “eunuchi per il regno dei cieli” sono coloro che hanno fatto il voto di celibato. Secondo altri, invece, il testo spingerebbe a pensare che Gesù stia ancora parlando della indissolubilità del matrimonio, impossibile per gli uomini ma non nella logica del regno. L’eunuco non è chi ha fatto il voto del celibato ma, nel contesto, è prima di tutto colui che, separato dalla sua moglie, continua a vivere nella continenza, saldamente fedele al legame coniugale; è eunuco in rapporto a tutte le altre donne. [Le due interpretazioni non si elidono] Gesù stesso conclude: “Chi può comprendere comprenda”. Come dire, non ti dò una regola “pronto uso”. Piuttosto … rifletti, pensaci, entra in un ordine più profondo e nuovo: quello “mio”, quello del “regno dei cieli”.

Così farà mio Padre che è nei cieli, se non avrete perdonato di cuore, ciascuno a suo fratello

Ott 17, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Matteo 18,21-35

Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
 Quanto a questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: «Sii magnanimo con me e pagherò tutto». 27Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò l’intero debito.

28Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: «Restituisci quello che devi!». 29Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: «Sii magnanimo con me e ti pagherò». Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: «Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?». Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così farà con voi anche mio Padre che è nei cieli, se non avrete perdonato di cuore, ciascuno a suo fratello».

 

Nel brano di ieri c’era questo caso: “Se il mio fratello pecca”, e si parlava in generale. Oggi, la domanda è personale e precisa. La fa Pietro, a nome di tutti: “Signore, quante volte mio fratello potrà peccare contro di me e io dovrò perdonargli? Fino a sette?”. Gesù risponde: “Non fino a sette, ti dico, ma fino a settanta volte sette”. “Sette” è già sinonimo di completezza. “Settanta volte sette” indica una misura non più calcolabile, ed equivale a “sempre”. Perché questa abbondanza fuori da ogni misura? Lo mostra bene la parabola.

La somma che il servo deve al suo padrone è 10.000 talenti, una somma enorme. [Si pensi che la rendita annua del regno di Erode era meno di 1000 talenti]. Il servo è incapace a renderla. E allora supplica il padrone. La frase principale che guida tutta la parabola è questa: “Il padrone di quel servo si commosse, lo lasciò andare e gli condonò l’intero debito”. Dunque c’è un moto di amore, che diventa com-passione, con-sofferenza: è un abbassarsi e un agire che è fuori da ogni diritto e convenienza: un amore spropositato! Un amore, poi, che chiede di essere riflesso nei rapporti col “fratello che pecca contro di te”.

Nella parabola (e purtroppo spesso nella vita) questo non avviene. Non per fatalità o abitudine, ma perché – come è scritto – “quel servo non voleva, anzi andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito”.

La morale o “svolta” della parabola è tutta in queste chiare parole che dice il padrone/signore: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai supplicato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?». L’amore, la commozione e il perdono che debbono nascere non sono un prodotto nostro, non fanno parte del nostro inventario genetico, ma ssono qualcosa di ricevuto (purtroppo l’avvertiamo poco o niente). L’amore, la commozione, il perdono, realtà stupende che abitano in Dio e che già ti sono state date, desiderano, spingono a incarnarsi nel rapporto con tuo fratello, qui sulla terra. Se questo non succede … saranno quai molto seri! Matteo si esprime così: “Lo stesso farà con voi anche mio Padre che è nei cieli, se non avrete perdonato di cuore, ciascuno suo fratello”

Guardate di non trascurare uno solo di questi piccoli

Ott 16, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Matteo 18,10-20

Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.

Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. 14Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda.

Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.

In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. 20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Sappiamo già che “piccoli” sta ad indicare “discepoli”. Ebbene non si deve “trascurare uno solo di questi piccoli”. All’interno della comunità, occorre una grandissima attenzione … l’uno per l’altro, in quanto discepoli “i cui angeli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli”. [C’è un “ordine” anche nel mondo angelico. Ebbene, gli angeli dei discepoli occupano il grado più alto e intimo: i loro custodi sono chiamati “angeli del Volto”, cioè della presenza di Dio.]

Ci sono tre modi per “non trascurare” i discepoli. A) Cercare con tutte le forze il discepolo (pecora) che si è smarrito, e fare festa con lui e con tutta la comunità quando ritorna. B) Correggere il discepolo fratello che ha commesso una colpa verso di te. Anche qui con vero impegno: prima tra te e lui, poi con altri, poi ancora con tutta la comunità. Se non accoglie, tu non giudicarlo, ma affidalo a Dio … nella preghiera. C) Come con “due o tre testimoni” hai cercato il fratello che ha peccato, ora con “due o tre” mettiti d’accordo e prega il Padre per lui. Il Padre ti ascolterà, perché quando si “è riuniti nel nome del Signore” (cioè perdonati e concordi), il Signore (Gesù risorto) “è in mezzo a loro”. Grande, dunque, è l’impegno per conservare l’unità e operare con forza perché “nessuno vada perduto”. L’esperienza del perdono e dell’amore del Signore per ciascuno di noi, deve “traslocare” nei fratelli.

Se non tornate indietro e diventate come bambini …

Ott 15, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Matteo 18,1-9

In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?». Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me.
Chi invece scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che vengano scandali, ma guai all’uomo a causa del quale viene lo scandalo!
Se la tua mano o il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, anziché con due mani o due piedi essere gettato nel fuoco eterno. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna del fuoco.

 

“In quel momento”. L’espressione va presa nel suo senso proprio e non convenzionale: cosa sta avvenendo “in quel momento”? Gesù ha annunciato la sua passione, morte e risurrezione. Che i discepoli abbiano capito solo intellettualmente ed emotivamente, lo mostra la loro interessata domanda: “Ma chi è il più grande nel regno dei cieli?”.

La risposta di Gesù parte da un gesto semplice: “chiamato a sé un bambino, lo fece stare in mezzo a loro”. Dunque, un bambino: uno piccolo, uno che non conta davanti al mondo, uno che non si candida. Bene: uno così è chiamato, entra nel regno ed è il più grande. “Se non tornate indietro (dai vostri pensieri/domande) diventando come bambini non entrerete nel regno dei cieli”. Attenzione, non si deve diventare bambini, ma “come bambini”. Gesù spiega così l’immagine, con una sola parola: “farsi piccolo come questo bambino”. E’ piccolo chi, a qualsiasi età e in qualsiasi stato, non si pensa il più grande e non pretende riconoscimenti. Il modello più vero e più bello di questa piccolezza è Gesù stesso. Dice infatti: “Chi accoglie nel mio nome un bambino come questo, accoglie me!”. Farsi piccolo come questo bambino è la stessa cosa che essere un vero discepolo di Gesù.

E se uno non diventa “come un bambino”, ma “si fa il più grande” … [E’ questo il vero “scandalo” ed è questo che il mondo esperimenta sempre; è scritto infatti: “è inevitabile che gli scandali avvengano”] Allora, cosa succede? Succede questo: chi si fa il più grande rovina se stesso, vive in stato comatoso [il testo usa immagini crude: meglio che sia eliminato con annegamento]

Se uno invece, per un motivo o un altro [mano, piedi, occhio significano: il tuo agire, il tuo possedere, il tuo progetto] se uno per tutto questo fa fatica a diventare “come un bambino”, …  continui a lottare, faticare, impegnarsi per cambiare se stesso (è questo il senso del “tagliare, cavare, gettare lontano” mano, piede, occhio). Al termine della tua lotta, anzi, nella lotta stessa tu trovi la vita; senza lotta, tu trovi rovina.