IL Signore fu con Giosafat
2 Cronache 17,1-18,34
Al suo posto divenne re suo figlio Giòsafat, che si fortificò contro Israele. Egli mise guarnigioni militari in tutte le fortezze di Giuda; nominò governatori per il territorio di Giuda e per le città di Èfraim occupate dal padre Asa.
Il Signore fu con Giòsafat, perché egli camminò sulle vie seguite prima da suo padre e non ricercò i Baal, ma piuttosto ricercò il Dio di suo padre e ne seguì i comandi, senza imitare Israele. Il Signore consolidò il regno nelle mani di Giòsafat e tutto Giuda gli portava offerte. Egli ebbe ricchezze e gloria in quantità. Il suo cuore divenne forte nel seguire il Signore; eliminò anche le alture e i pali sacri da Giuda. Nell’anno terzo del suo regno mandò i suoi ufficiali Ben-Càil, Abdia, Zaccaria, Netanèl e Michea a insegnare nelle città di Giuda. Con essi c’erano i leviti Semaià, Natania, Zebadia, Asaèl, Semiramòt, Giònata, Adonia e Tobia e i sacerdoti Elisamà e Ioram. Insegnarono in Giuda; avevano con sé il libro della legge del Signore e percorsero tutte le città di Giuda, istruendo il popolo.
Il terrore del Signore si diffuse per tutti i regni che circondavano Giuda e così essi non fecero guerra a Giòsafat. Da parte dei Filistei si portavano a Giòsafat tributi e argento in dono; anche gli Arabi gli portavano bestiame minuto: settemilasettecento arieti e settemilasettecento capri.
Giòsafat cresceva sempre più in potenza. Egli costruì in Giuda castelli e città di approvvigionamento. Disponeva di molta manodopera nelle città di Giuda. A Gerusalemme risiedevano i suoi guerrieri, soldati valorosi. Ecco il loro censimento secondo i casati. Per Giuda, erano comandanti di migliaia Adna il comandante, e con lui trecentomila soldati valorosi; alle sue dipendenze c’era il comandante Giovanni e con lui duecentoottantamila soldati; alle sue dipendenze c’era Amasia, figlio di Zicrì, votato al Signore, e con lui duecentomila soldati valorosi. Per Beniamino, Eliadà, soldato valoroso, e con lui duecentomila armati di arco e di scudo. Alle sue dipendenze c’era Iozabàd e con lui centoottantamila armati per la guerra. Tutti costoro erano al servizio del re, oltre quelli che il re aveva stabiliti nelle fortezze in tutto Giuda.
Giòsafat, che aveva ricchezza e gloria in abbondanza, si imparentò con Acab. Dopo alcuni anni scese da Acab a Samaria; Acab uccise per lui e per la gente del suo seguito pecore e buoi in quantità e lo persuase ad attaccare con lui Ramot di Gàlaad. Acab, re d’Israele, disse a Giòsafat, re di Giuda: «Verresti con me contro Ramot di Gàlaad?». Gli rispose: «Conta su di me come su te stesso, sul mio popolo come sul tuo; sarò con te in battaglia». Giòsafat disse al re d’Israele: «Consulta, per favore, oggi stesso la parola del Signore». Il re d’Israele radunò i profeti, quattrocento persone, e domandò loro: «Dobbiamo andare contro Ramot di Gàlaad o devo rinunciare?». Risposero: «Attacca; Dio la metterà in mano al re». Giòsafat disse: «Non c’è qui ancora un profeta del Signore da consultare?». Il re d’Israele rispose a Giòsafat: «C’è ancora un uomo, per consultare tramite lui il Signore, ma io lo detesto perché non mi profetizza il bene, ma sempre il male: è Michea, figlio di Imla». Giòsafat disse: «Il re non parli così». Il re d’Israele, chiamato un cortigiano, gli ordinò: «Convoca subito Michea, figlio di Imla!». Il re d’Israele e Giòsafat, re di Giuda, sedevano ognuno sul suo trono, vestiti dei loro mantelli, nello spiazzo all’ingresso della porta di Samaria; tutti i profeti profetizzavano davanti a loro. Sedecìa, figlio di Chenaanà, che si era fatto corna di ferro, affermava: «Così dice il Signore: “Con queste cozzerai contro gli Aramei sino a finirli”». Tutti i profeti profetizzavano allo stesso modo: «Assali Ramot di Gàlaad, avrai successo. Il Signore la metterà in mano al re». Il messaggero, che era andato a chiamare Michea, gli disse: «Ecco, le parole dei profeti concordano sul successo del re; ora la tua parola sia come quella degli altri: preannuncia il successo». Michea rispose: «Per la vita del Signore, annuncerò quanto il mio Dio mi dirà». Si presentò al re, che gli domandò: «Michea, dobbiamo andare in guerra contro Ramot di Gàlaad o rinunciare?». Gli rispose: «Attaccàtela, avrete successo; i suoi abitanti saranno messi nelle vostre mani». Il re gli disse: «Quante volte ti devo scongiurare di non dirmi altro se non la verità nel nome del Signore?». Egli disse: «Vedo tutti gli Israeliti vagare sui monti come pecore che non hanno pastore. Il Signore dice: “Questi non hanno padrone; ognuno torni a casa sua in pace!”». Il re d’Israele disse a Giòsafat: «Non te l’avevo detto che costui non mi profetizza il bene, ma solo il male?». Michea disse: «Perciò, ascoltate la parola del Signore. Io ho visto il Signore seduto sul trono; tutto l’esercito del cielo stava alla sua destra e alla sua sinistra. Il Signore domandò: “Chi ingannerà Acab, re d’Israele, perché salga contro Ramot di Gàlaad e vi perisca?”. Chi rispose in un modo e chi in un altro. Si fece avanti uno spirito che, presentatosi al Signore, disse: “Lo ingannerò io”. “Come?”, gli domandò il Signore. Rispose: “Andrò e diventerò spirito di menzogna sulla bocca di tutti i suoi profeti”. Gli disse: “Lo ingannerai; certo riuscirai: va’ e fa’ così”. Ecco, dunque, il Signore ha messo uno spirito di menzogna sulla bocca di questi tuoi profeti, ma il Signore a tuo riguardo parla di sciagura». Allora Sedecìa, figlio di Chenaanà, si avvicinò e percosse Michea sulla guancia dicendo: «Per quale via lo spirito del Signore è passato da me per parlare a te?». Michea rispose: «Ecco, lo vedrai nel giorno in cui passerai di stanza in stanza per nasconderti». Il re d’Israele disse: «Prendete Michea e conducetelo da Amon, governatore della città, e da Ioas, figlio del re. Direte loro: “Così dice il re: Mettete costui in prigione e nutritelo con il minimo di pane e di acqua finché tornerò in pace”». Michea disse: «Se davvero tornerai in pace, il Signore non ha parlato per mezzo mio». E aggiunse: «Popoli tutti, ascoltate!».
Il re d’Israele marciò, insieme con Giòsafat, re di Giuda, contro Ramot di Gàlaad. Il re d’Israele disse a Giòsafat: «Io per combattere mi travestirò. Tu resta con i tuoi abiti». Il re d’Israele si travestì ed entrarono in battaglia. Il re di Aram aveva ordinato ai comandanti dei suoi carri: «Non combattete contro nessuno, piccolo o grande, ma unicamente contro il re d’Israele». Appena videro Giòsafat, i comandanti dei carri dissero: «Quello è il re d’Israele!». Lo circondarono per combattere. Giòsafat lanciò un grido e il Signore gli venne in aiuto e Dio li allontanò dalla sua persona. I comandanti dei carri si accorsero che non era il re d’Israele e si allontanarono da lui. Ma un uomo tese a caso l’arco e colpì il re d’Israele fra le maglie dell’armatura e la corazza. Il re disse al suo cocchiere: «Gira, portami fuori dalla mischia, perché sono ferito». La battaglia infuriò in quel giorno; il re d’Israele stette sul carro di fronte agli Aramei sino alla sera e morì al tramonto del sole.
“Al suo posto divenne re suo figlio Giosafat, che si fortificò contro Israele”. E così continua la politica militare, amministrativa, religiosa del padre Asa. Ecco il giudizio chiaro che da il Cronista: “Il Signore fu con Giosafat, perché egli camminò sulle vie seguite prima da suo padre e non ricercò Baal, ma piuttosto ricercò il Dio di suo padre e ne seguì i comandi, senza imitare Israele”. Dunque, è un re che si comporta secondo le regole di qualsiasi alleanza: tu mi sei fedele e io ti sono fedele. È un principio, questo, sempre applicato alla storia dei re di Giuda, ma non sempre confermato dalla realtà. In altre parole, la ricerca del Signore non sempre produce successo, e non sempre il successo è segno di ricerca del Signore. [La croce di Cristo, mondanamente parlando, è uno scandalo … contraddicendo un’applicazione formale estrinseca di questo principio]
C’è una novità nello stile regale di Giosafat: una missione itinerante in tutte le città di Giuda allo scopo di istruire il popolo. La novità è un lavoro decentralizzato: la gente viene istruita nei luoghi dove vive ogni giorno. Inusuale è la presenza di cinque laici al primo posto della commissione itinerante. I contenuti dell’insegnamento provenivano dal “libro della legge del Signore che avevano con sé”.
C’è, però, anche uno smacco (eccesso di sicurezza a motivo della grande ricchezza tra le mani) nella vita di Giosafat: smacco sfruttato dal Cronista per presentare un altro lato buono di Giosafat. “Giosafat, che aveva ricchezza e gloria in abbondanza, si imparentò con Acab”. In un solenne e gustoso banchetto Acab, re di Israele, “persuase Giosafat ad attaccare con lui Ramot di Galaad (politica espansionista)”. È interessante leggere il seguito del brano (versetti 3-27) per cogliere la complessità di un “consiglio di guerra”, quando si mischiano motivi religiosi con preventiva “voglia di guerra”. Tutti i profeti di Acab (i profeti di corte!) annunciavano ovviamente vittoria, con gesti e stregonerie. Giosafat, re giusto, vuole sentire anche “un’altra voce”. È quella del vero profeta Michea, che annuncia però la disfatta! Per questo, viene messo in carcere. La battaglia dà ragione al profeta Michea: il re d’Israele viene ucciso, mentre Giosafat si salva solo perché “lanciò un grido (come comandava la legge di Mosè!) e il Signore gli venne in aiuto e Dio li (i nemici) allontanò dalla sua persona”.