Non dica lo straniero che ha aderito al Signore

Feb 12, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Isaia 56,1-12

1 Così dice il Signore: «Osservate il diritto e praticate la giustizia, perché la mia salvezza sta per venire, la mia giustizia sta per rivelarsi». 2Beato l’uomo che così agisce e il figlio dell’uomo che a questo si attiene, che osserva il sabato senza profanarlo, che preserva la sua mano da ogni male. 3Non dica lo straniero che ha aderito al Signore: «Certo, mi escluderà il Signore dal suo popolo!». Non dica l’eunuco: «Ecco, io sono un albero secco!».
4Poiché così dice il Signore: «Agli eunuchi che osservano i miei sabati, preferiscono quello che a me piace e restano fermi nella mia alleanza, 5io concederò nella mia casa e dentro le mie mura un monumento e un nome più prezioso che figli e figlie; darò loro un nome eterno che non sarà mai cancellato. 6Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, quanti si guardano dal profanare il sabato e restano fermi nella mia alleanza, 7li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. I loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, perché la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli».
8Oracolo del Signore Dio, che raduna i dispersi d’Israele: «Io ne radunerò ancora altri, oltre quelli già radunati».

9Voi tutte, bestie dei campi, venite a mangiare; voi tutte, bestie della foresta, venite. 10I suoi guardiani sono tutti ciechi, non capiscono nulla. Sono tutti cani muti, incapaci di abbaiare; sonnecchiano accovacciati, amano appisolarsi. 11Ma questi cani avidi, che non sanno saziarsi, sono i pastori che non capiscono nulla. Ognuno segue la sua via, ognuno bada al proprio interesse, senza eccezione. 12«Venite, io prenderò del vino e ci ubriacheremo di bevande inebrianti. Domani sarà come oggi, e molto più ancora».

 

Isaia 56-66 viene chiamato dagli studiosi “Terzo Isaia”. Sono capitoli in stretta dipendenza dal “Secondo Isaia” e, in misura minore, dal “Primo Isaia”. La composizione dei cc. 56-66 si deve a un gruppo di sapienti o profeti che richiamano, rivivono e “riscrivono” il messaggio di Isaia che avvenne nel 740-700 a.C. La datazione di questi capitoli è incerta, ma si può riferire al tempo del dopo esilio, quando il tempio di Gerusalemme è stato già ricostruito, ma le mura sono ancora in malo stato. Dunque, siamo tra il 520 e il 450. In sostanza, non è impossibile immaginare un ministero profetico che abbia conosciuto diverse tappe e sia durato all’incirca una quaratina d’anni, come quello protoisaiano. Comunque, in queste pagine finali, Gerusalemme è ormai il tema centrale della profezia isaiana, fino a diventare il centro di attrazione di tutte le genti.

 

“Osservate il diritto e (cioè) praticate la giustizia”. Due accezioni diverse stanno dietro e dentro la parola “giustizia”. C’è la giustizia dell’uomo, costituita dalla osservanza della legge, e c’è la giustizia di Dio che è sinonimo di “salvezza che sta per rivelarsi”. Le posizioni non si contraddicono, ma si debbono comporre a questo modo: è la giustizia di Dio (Dio che ama e perdona) che operando in me mi porta ad agire in modo giusto. L’agire in modo giusto, in questo testo, si può così evidenziare: onorare la festa (sabato) con la lode al Signore nella comunità che è “il suo popolo”, e non fare il male. Nessuno è escluso dalla “beatitudine”. Non è escluso “lo straniero che ha aderito al Signore per servirlo e per amarlo (servire è amare, amare è servire)”. [Compare spesso l’espressione “profanare (o osservare) il sabato”. Si tenga presente che, nell’esilio e dopo, il sabato costituisce l’identità più riconosciuta e identificativa di Israele, tanto che il sabato è paragonato a una “sposa” che … si va a ricevere, accogliere, festeggiare. Non celebrare il sabato è un po’ come contraddire la propria fede, quindi … profanarla!] E non è escluso “l’eunuco che osserva i miei sabati ed è fedele all’alleanza”. Anzi all’eunuco (uno che non ha generato) “concederò un monumento e un nome”, cioè un futuro o discendenza [Faccio notare che “monumento e nome” in ebraico è esattamente “Yad vaschem”, memoriale della Shoà a Gerusalemme]

Con la presenza degli stranieri (che hanno aderito al Signore: aderire al Signore non significa farsi ebrei) e degli eunuchi (che fanno la volontà di Dio) il tempio … si aprirà: “la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli”. Popoli che non verranno da soli, ma con Israele della diaspora che “Dio raduna”; popoli che non verranno una volta sola: “Io ne radunerò altri, oltre quelli già radunati”. [Per il richiamo di questo preziosissimo testo nel Nuovo Testamento, vedi Marco 11,17]

Fa riscontro e si contrappone a questa prospettiva universale la durezza, il comportamento ipocrita dei “capi” di Israele: “sono guardiani ciechi … cani muti … avidi … pastori che non capiscono nulla … che badano al proprio interesse … domani sarà come oggi” … [Le accuse continuano domani!]

Voi partirete con gioia, sarete ricondotti in pace

Feb 11, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Isaia 55,1-13

1 O voi tutti assetati, venite all’acqua, voi che non avete denaro, venite, comprate e mangiate; venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte. 2Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia? Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti. 3Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete. Io stabilirò per voi un’alleanza eterna, i favori assicurati a Davide. 4Ecco, l’ho costituito testimone fra i popoli, principe e sovrano sulle nazioni. 5Ecco, tu chiamerai gente che non conoscevi; accorreranno a te nazioni che non ti conoscevano a causa del Signore, tuo Dio, del Santo d’Israele, che ti onora.

6Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino.
7L’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona. 8Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore. 9Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri. 10Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, 11così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata.

12Voi dunque partirete con gioia, sarete ricondotti in pace. I monti e i colli davanti a voi eromperanno in grida di gioia e tutti gli alberi dei campi batteranno le mani. 13Invece di spini cresceranno cipressi, invece di ortiche cresceranno mirti; ciò sarà a gloria del Signore, un segno eterno che non sarà distrutto.

 

C’è movimento e susseguirsi di verbi “belli e pesanti”. Notiamo gli accoppiamenti: essere assetati e bere, non avere denaro e viaggiare, comprare e mangiare, porgere l’orecchio e venire, ascoltare e vivere, cercare e trovare, chiamare e accorrere, partire e tornare … Notiamo che il secondo verbo dà senso al primo: chi ha sete beve, chi compra mangia, chi cerca trova, chi parte ritorna …. Tutto però ruota attorno all’abbinamento centrale: chi ascolta vive, o, detto in modo più appetitoso, chi ascolta mangia. [Traduco letteralmente l’ultima parte del vers. 2 “Ascoltate ascoltando me e mangiate bene e vi delizierete delle parti grasse, porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e la vostra anima vivrà”] Ed è su questo che il testo “lavora e sviluppa”. È chiaro, dunque, che tutto il “movimento” è volto e porta all’ascolto, e l’ascolto porta al mangiare bene, e il mangiare bene porta a vivere e stare bene: questo bene è … il Signore stesso.

Cosa vuol dire vivere e stare bene? Vuol dire essere e vivere in una alleanza che il Signore ha stabilito: “alleanza eterna (che dura)”, alleanza che realizza “i favori (le misericordie) promessi a Davide”, non solo a Davide (cioè Israele) ma a tutti i popoli. Infatti “Io l’ho costituito testimone fra i popoli (testimone è tutto il popolo), principe e sovrano sulle nazioni. Ecco, tu chiamerai gente (goy=pagani) che non conoscevi; accorrevano a te nazioni che non ti conoscevano a causa del Signore, tuo Dio”.

Il Signore, tutto questo ha stabilito (lui e non noi!). Nasce, dunque, una grande responsabilità per Davide/Israele (e poi Chiesa). “Cercate il Signore, mentre si fa trovare”, che tradotto in vita concreta significa: “l’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona”. C’è proprio e tanto bisogno di abbandonare i nostri pensieri! “Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, (cioè) le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore”.

Qui, improvvisamente ma da tanto aspettato, abbiamo l’annuncio del ritorno dall’esilio. Annuncio dato con un’immagine: come la pioggia e la neve danno fecondità alla terra, “così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà senza effetto, senza aver donato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata. Voi dunque partirete con gioia, sarete ricondotti in pace … “. Il partire/ritorno dall’esilio è solo frutto della Parola, cioè della volontà del Signore, del suo amore, del suo perdono. Infatti, “ciò sarà a gloria del Signore, un segno eterno che non sarà distrutto.”

 

Tuo redentore è il Santo di Israele

Feb 10, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Isaia 54,1-17

1 Esulta, o sterile che non hai partorito, prorompi in grida di giubilo e di gioia, tu che non hai provato i dolori, perché più numerosi sono i figli dell’abbandonata che i figli della maritata, dice il Signore. 2Allarga lo spazio della tua tenda, stendi i teli della tua dimora senza risparmio,
allunga le cordicelle, rinforza i tuoi paletti, 3poiché ti allargherai a destra e a sinistra e la tua discendenza possederà le nazioni, popolerà le città un tempo deserte. 4Non temere, perché non dovrai più arrossire; non vergognarti, perché non sarai più disonorata; anzi, dimenticherai la vergogna della tua giovinezza e non ricorderai più il disonore della tua vedovanza.
5Poiché tuo sposo è il tuo creatore, Signore degli eserciti è il suo nome;
tuo redentore è il Santo d’Israele, è chiamato Dio di tutta la terra.
6Come una donna abbandonata e con l’animo afflitto, ti ha richiamata il Signore. Viene forse ripudiata la donna sposata in gioventù? – dice il tuo Dio.
7Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti raccoglierò con immenso amore. 8In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto; ma con affetto perenne ho avuto pietà di te, dice il tuo redentore, il Signore. 9Ora è per me come ai giorni di Noè, quando giurai che non avrei più riversato le acque di Noè sulla terra; così ora giuro di non più adirarmi con te e di non più minacciarti. 10Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio affetto, né vacillerebbe la mia alleanza di pace, dice il Signore che ti usa misericordia.
11Afflitta, percossa dal turbine, sconsolata, ecco io pongo sullo stibio le tue pietre e sugli zaffìri pongo le tue fondamenta. 12Farò di rubini la tua merlatura, le tue porte saranno di berilli, tutta la tua cinta sarà di pietre preziose. 13Tutti i tuoi figli saranno discepoli del Signore, grande sarà la prosperità dei tuoi figli; 14sarai fondata sulla giustizia. Tieniti lontana dall’oppressione, perché non dovrai temere, dallo spavento, perché non ti si accosterà.
15Ecco, se ci sarà un attacco, non sarà da parte mia. Chi ti attacca cadrà contro di te. 16Ecco, io ho creato il fabbro che soffia sul fuoco delle braci e ne trae gli strumenti per il suo lavoro, e io ho creato anche il distruttore per devastare. 17Nessun’arma affilata contro di te avrà successo, condannerai ogni lingua che si alzerà contro di te in giudizio.
Questa è la sorte dei servi del Signore, quanto spetta a loro da parte mia. Oracolo del Signore.

 

Per descrivere l’esultanza, il profeta ricorre alla figura della donna. C’è la donna “sterile che non ha partorito”; c’è la donna “abbandonata” dal marito (che qui è … Dio stesso!); c’è la donna “vedova”. Ebbene, la sterile avrà più figli che la donna maritata, tanto che dovrà “allargare la sua tenda”. Così sarà cancellata “la vergogna della fanciullezza (si tratta del tempo trascorso in Egitto quando Israele non aveva ancora uno sposo) e il disonore della tua vedovanza (tempo dell’esilio a Babilonia)”.

Cos’è successo? “Il tuo Fattore è il tuo sposo”. Colui che ti ha fatto, il tuo Creatore, è anche tuo sposo: tu rimani creatura, ma sei sposa! Il Creatore è chiamato anche “Il Signore degli eserciti (cioè delle schiere celesti)” e “Redentore (cioè colui che ti ha nuovamente acquistata). Infatti … riascoltiamo: “Per un istante ti ho abbandonata, ma ti ho radunato con compassione profonda. In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto, ma con amore perenne ti mostro compassione”. Non solo. Ora il Signore/Sposo fa un giuramento: “Giuro di non più adirarmi con te e di non rimproverarti più. Poiché anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero, il mio amore saldo per te non cambierebbe mai, né sarebbe scossa la mia alleanza di pace; dice il Signore che ha misericordia di te.” Il Signore non può e non vuole venire meno a quello che lo definisce e lo rende “unico”, cioè “l’amore”.

Ma l’amore va gelosamente custodito e protetto. L’immagine che ora leggiamo sembra contraddire quanto appena detto, ma non è così. L’amore va costruito piano piano, l’amore è un cantiere sempre aperto. Ma siccome l’architetto o fattore è il Signore, la costruzione andrà avanti. Notiamo, però, che i verbi usati sono al futuro: “porrò le tue pietre sulla malachite, getterò le tue fondamenta sugli zaffiri, farò la tua merlatura di rubini, le tue porte di gioielli splendenti, e tutta la tua cinta di pietre preziose”. Dunque: è il Signore che farà tutto; non solo, ma farà tutto con materiali unici e preziosi. Quei materiali unici e preziosi siamo noi in quanto amati e redenti. C’è un paradosso: siamo creta, terra, polvere, ma nelle mani di questo Fattore e per la forza del suo Spirito diventiamo città o corpo nella forma di Cristo …

C’è ancora di dire una cosa. Non si tratta di magia e quindi di un compimento virtuale, non reale. Tutto invece nasce e si sviluppa da un “insegnamento”. È scritto: “Tutti i tuoi figli saranno istruiti dal Signore”, e poi ancora: “nella giustizia sarai stabilita, sta lontana dall’oppressione e non avrai da temere, dalla distruzione e non ti si avvicinerà”. Sono parole che disegnano semplicemente il cammino fecondo di una vera conversione.

“E se qualcuno ti attacca?”. Non è un’ipotesi vaga, ma la realtà: i discepoli saranno attaccati e anche uccisi. Sappi, dice il Signore, che l’attacco non viene da parte mia. Certo, l’attacco ci sarà, ma “nessun’arma fabbricata contro di te avrà effetto. Come dire … (lo dico in conclusione con una lunghissima citazione dell’apostolo Paolo): “Che diremo dunque di queste cose? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui? Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi! Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Come sta scritto: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo considerati come pecore da macello. Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore.”

Domenica 9 Febbraio 2025 – V Tempo Ordinario – Anno C

Feb 9, 2025 | Postato da Francesca Ospitali - Accompagnamento quotidiano

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ANTIFONA DI INGRESSO

Venite: prostrati adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il Signore, nostro Dio. (Cf. Sal 94,6-7)

 

PRIMA LETTURA: Dal libro del Profeta Isaia (Is 6,1-2.3-8)
Nell’anno in cui morì il re Ozìa, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali. Proclamavano l’uno all’altro, dicendo:
«Santo, santo, santo il Signore degli eserciti!
Tutta la terra è piena della sua gloria».
Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi:
«Ohimè! Io sono perduto,
perché un uomo dalle labbra impure io sono
e in mezzo a un popolo
dalle labbra impure io abito;
eppure i miei occhi hanno visto
il re, il Signore degli eserciti».
Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò la bocca e disse:
«Ecco, questo ha toccato le tue labbra,
perciò è scomparsa la tua colpa
e il tuo peccato è espiato».
Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!».
Parola di Dio
Salmo Responsoriale: Sal 137

Cantiamo al Signore, grande è la sua gloria.

Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dèi, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo.

Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza.

Ti renderanno grazie, Signore, tutti i re della terra,
quando ascolteranno le parole della tua bocca.
Canteranno le vie del Signore:
grande è la gloria del Signore!

La tua destra mi salva.
Il Signore farà tutto per me.
Signore, il tuo amore è per sempre:
non abbandonare l’opera delle tue mani.

SECONDA LETTURA: Dalla Prima Lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi (1Cor 15,1-11)
Vi proclamo, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano!
A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè
che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture
e che fu sepolto
e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture
e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici.
In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto.
Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me.
Dunque, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto.
Parola di Dio

ALLELUJA, ALLELUJA, ALLELUJA

Venite dietro a me, dice il Signore,
vi farò pescatori di uomini.

ALLELUJA, ALLELUJA, ALLELUJA

VANGELO: Dal Vangelo secondo Luca (Lc 5,1-11)

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

Parola del Signore

 

Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza

Feb 8, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Isaia 52,13-53,12

13Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente. 14Come molti si stupirono di lui – tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo -, 15così si meraviglieranno di lui molte nazioni; i re davanti a lui si chiuderanno la bocca, poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato e comprenderanno ciò che mai avevano udito.

Chi avrebbe creduto al nostro annuncio? A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? 2È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. 3Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
4Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. 5Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. 6Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. 7Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. 8Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua posterità? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte. 9Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca. 10Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. 11Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. 12Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli.

 

” Ecco, il mio servo avrà successo … “. Servo è parola che abbiamo già incontrato varie volte e che fatichiamo a inquadrare in modo univoco. Poniamo sempre l’accento su una domanda: Chi è” questo servo o cosa rappresenta? Ma, forse, è meglio chiedersi: Cosa compie” questo servo? E ancora: Come lo compie”?

Il brano di oggi inizia con una affermazione solenne: “Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente.” Data la sua situazione trascorsa di oppressione e sofferenza (come appare dai versetti 2-3), molti (probabilmente un gruppo all’interno di Israele) si sono stupiti del suo “successo”; e molte nazioni (goym, i non Ebrei, noi) si meraviglieranno: “poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato e comprenderanno ciò che mai avevano udito. “

Chi parla è un gruppo di Giuda (o forse i popoli, noi …). Lo si capisce dall’uso del “noi” che … racconta: “(Il servo) è cresciuto come radice in terra arida …”, quindi, questo servo ora c’è ed è vivo, anche se piccolo, ma il passato è stato drammatico. Di fatto, di lui si dice: “è uno che ben conosce il patire … disprezzato e rifiuto degli uomini”. Il gruppo riflette e giunge a una risposta sapiente e spiritualmente feconda: “Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità.” E ancora: “è a motivo nostro che ha sofferto, è per nostre colpe che è stato trafitto”. Il gruppo (noi) vede nella morte del servo una specie di sacrificio, come quando “un agnello è condotto al macello”. Così il servo “fu eliminato dalla terra dei viventi”.
Il gruppo (o il profeta o noi) continua a riflettere e vede scorrere in questa drammatica vicenda il disegno, il progetto di Dio. Con audacia teologica e senza pudori devoti afferma: “Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori”. Quel “ma” suggerisce di andare oltre e cercare, cercare … Infatti: “si compirà per mezzo suo la volontà del Signore”. Cosa vuole il Signore? Vuole forse prostrare, quasi punire e basta? No, al Signore piace il vero sacrificio, che è il compimento della sua volontà, dentro a una storia di rifiuto e insuccesso mondano.

E viene il fine e anche la fine di tutto questo:” Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza”. L’abbandono del servo alla volontà del Signore (questo significa saziarsi della sua conoscenza) porta a “vedere la luce” (vita e risurrezione). Non solo, ma in questo “addossarsi le iniquità degli uomini” nell’obbedienza alla volontà del Signore, c’è “la cosa nuova”: la giustificazione o trasformazione degli uomini, di tutti gli uomini (“le moltitudini”): “il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità”.

[Cito un testo di un commentatore (Brevard S. Childs). Per riepilogare, il servo di Isaia è collegato dogmaticamente a Gesù Cristo primariamente nei termini della sua ontologia, vale a dire della sua sostanza, e non semplicemente come promessa futura dell’Antico Testamento che attende il proprio compimento nel Nuovo. Val la pena osservare che in Atti 8, quando l’eunuco chiede quale sia l’identità del servo isaiano di cui Filippo gli sta parlando, Filippo non lo identifica semplicemente con Gesù di Nazaret. Piuttosto, iniziando dalle Scritture, “gli predicò la buona novella di Gesù”. Il servo sofferente conserva la sua importanza teologica entro il canone cristiano perché è inestricabilmente connesso, nella sostanza, con il vangelo di Gesù Cristo, il quale è ed è sempre stato il fondamento della salvezza che Dio vuole realizzare per Israele e per il mondo.]

Svégliati, svégliati, àlzati, Gerusalemme

Feb 7, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Isaia 51,17-52,12

17Svégliati, svégliati, àlzati, Gerusalemme, che hai bevuto dalla mano del Signore il calice della sua ira; la coppa, il calice della vertigine, hai bevuto, l’hai vuotata. 18Nessuno la guida tra tutti i figli che essa ha partorito; nessuno la prende per mano tra tutti i figli che essa ha allevato. 19Due mali ti hanno colpito, chi avrà pietà di te? Desolazione e distruzione, fame e spada, chi ti consolerà? 20I tuoi figli giacciono privi di forze agli angoli di tutte le strade, come antilope in una rete, pieni dell’ira del Signore, della minaccia del tuo Dio.
21Perciò ascolta anche questo, o misera, o ebbra, ma non di vino.
22Così dice il Signore, tuo Dio, il tuo Dio che difende la causa del suo popolo: «Ecco, io ti tolgo di mano il calice della vertigine, la coppa, il calice della mia ira; tu non lo berrai più. 23Lo metterò in mano ai tuoi torturatori che ti dicevano: «Cùrvati, che noi ti passiamo sopra». Tu facevi del tuo dorso un suolo e una strada per i passanti».

1 Svégliati, svégliati, rivèstiti della tua magnificenza, Sion; indossa le vesti più splendide, Gerusalemme, città santa, perché mai più entrerà in te l’incirconciso e l’impuro. 2Scuotiti la polvere, àlzati, Gerusalemme schiava! Si sciolgano dal collo i legami, schiava figlia di Sion! 3Poiché dice il Signore: «Per nulla foste venduti e sarete riscattati senza denaro». 4Poiché dice il Signore Dio: «In Egitto è sceso il mio popolo un tempo, per abitarvi come straniero; poi l’Assiro, senza motivo, lo ha oppresso. 5Ora, che cosa faccio io qui? – oracolo del Signore. Sì, il mio popolo è stato deportato per nulla! I suoi dominatori trionfavano – oracolo del Signore – e sempre, tutti i giorni, il mio nome è stato disprezzato. 6Pertanto il mio popolo conoscerà il mio nome, comprenderà in quel giorno che io dicevo: «Eccomi!»».

7Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, che dice a Sion: «Regna il tuo Dio». 8Una voce! Le tue sentinelle alzano la voce, insieme esultano, poiché vedono con gli occhi il ritorno del Signore a Sion. 9Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme. 10Il Signore ha snudato il suo santo braccio davanti a tutte le nazioni; tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio.

11Fuori, fuori, uscite di là! Non toccate niente d’impuro.
Uscite da essa, purificatevi, voi che portate gli arredi del Signore!
12Voi non dovrete uscire in fretta né andarvene come uno che fugge,
perché davanti a voi cammina il Signore, il Dio d’Israele chiude la vostra carovana.

 

Con domande retoriche (“Chi avrà pietà di te? Chi ti consolerà”) l’autore vuole affermare che c’è soltanto … Uno che ha pietà, c’è soltanto Uno che consola, ed è “il Signore, tuo Dio”. Per questo Gerusalemme deve “svegliarsi, alzarsi e camminare”. Deve passare da uno stato di stordimento (“calice della vertigine”) stato quasi di morte, alla voglia di un cammino: il cammino del ritorno.

Chi, invece, sarà stordito? Chi berrà il calice della vertigine? “Dice il Signore che difende la causa del suo popolo: Ecco io ti tolgo di mano il calice della vertigine (da intendersi come la punizione-correzione) e lo metterò in mano ai tuoi torturatori che ti dicevano: Cùrvati, che noi ti passiamo sopra”. Mentre Gerusalemme indosserà abiti nuovi: sono abiti speciali, anzi, sono abiti regali divini. È scritto: “Rivestiti della tua forza, Sion”, quella forza che ti sta donando il Signore. Eri schiava, impolverata … Ora “Scuotiti la povere e alzati, si sciolgano dal collo i legami, schiava figlia di Sion.”

Quante schiavitù hai dovuto subire! Prima in Egitto, e poi attaccati e oppressi dall’Assiria. Insomma: eravate e siete schiavi. Non sono stato io vendervi, ma sono i vostri peccati ad avervi resi schiavi. Con linguaggio giuridico/legale Dio dice: Io non ci ho guadagnato dalla vostra uscita dalla terra di Giuda (esilio-andata), e adesso non voglio guadagnare dal vostro ritorno (esilio-ritorno). Semplicemente, liberamente, gratuitamente, amorevolmente … io vi riscatto mettendoci del … “mio”, cioè, l’amore e il perdono che vi sto donando: amore e perdono che, qui, vengono chiamati “notizia di bene” e che portano “pace/shalom … salvezza … regno di Dio. Quella parola semplice e bellissima che è “Eccomi” riassume tutti i gesti di amore e perdono che permettono e guideranno, poi, il ritorno.

Che splendore questo ritorno! [pensiamo come è bello tornare nella propria casa o nella propria terra dopo tante violenze e sofferenze … anche oggi). Viene dato l’annuncio del ritorno, ma sorprendentemente del ritorno … del Signore! Siamo al paradosso: il Signore ci ama tanto che sente “suo” il peccato nostro, e quindi si fa lui quel peccatore che … ritorna! (quasi fosse stato lui ad allontanarsi col peccato e non noi). Per dire che questo messaggio è “notizia di bene”, si fa un giro letterario somatico contorto, che parte dai … piedi che indicano l’annunciatore che … cammina: ” Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, che dice a Sion: «Regna il tuo Dio». Dopo la voce, viene lo sguardo: “vedono con gli occhi il ritorno del Signore a Sion.” Non solo a Israele, ma a “tutti i confini della terra (goym) è dato di vedere il braccio santo del Signore”, cioè l’opera che il Signore ha compiuto. È un vedere che vuol dire riconoscere? È un riconoscere che vuol dire essere salvati?

L’uscita da Babilonia non è come quella dall’Egitto: non si esce in fretta e non si scappa, non c’è più la nube o il fuoco, ma: “davanti a voi cammina il Signore, il Dio d’Israele chiude la vostra carovana”.

 

Io, io sono il vostro consolatore

Feb 6, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Isaia 51,1-16

1 Ascoltatemi, voi che siete in cerca di giustizia, voi che cercate il Signore; guardate alla roccia da cui siete stati tagliati, alla cava da cui siete stati estratti. 2Guardate ad Abramo, vostro padre, a Sara che vi ha partorito; poiché io chiamai lui solo, lo benedissi e lo moltiplicai.
3Davvero il Signore ha pietà di Sion, ha pietà di tutte le sue rovine, rende il suo deserto come l’Eden, la sua steppa come il giardino del Signore. Giubilo e gioia saranno in essa, ringraziamenti e melodie di canto!
4Ascoltatemi attenti, o mio popolo; o mia nazione, porgetemi l’orecchio. Poiché da me uscirà la legge, porrò il mio diritto come luce dei popoli. 5La mia giustizia è vicina, si manifesterà la mia salvezza; le mie braccia governeranno i popoli. In me spereranno le isole, avranno fiducia nel mio braccio. 6Alzate al cielo i vostri occhi e guardate la terra di sotto, poiché i cieli si dissolveranno come fumo, la terra si logorerà come un vestito e i suoi abitanti moriranno come larve. Ma la mia salvezza durerà per sempre, la mia giustizia non verrà distrutta.
7Ascoltatemi, esperti della giustizia, popolo che porti nel cuore la mia legge. Non temete l’insulto degli uomini, non vi spaventate per i loro scherni; 8poiché le tarme li roderanno come una veste e la tignola li roderà come lana, ma la mia giustizia durerà per sempre, la mia salvezza di generazione in generazione.

9Svégliati, svégliati, rivèstiti di forza, o braccio del Signore.
Svégliati come nei giorni antichi, come tra le generazioni passate.
Non sei tu che hai fatto a pezzi Raab, che hai trafitto il drago? 10Non sei tu che hai prosciugato il mare, le acque del grande abisso, e hai fatto delle profondità del mare una strada, perché vi passassero i redenti? 11Ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con esultanza; felicità perenne sarà sul loro capo, giubilo e felicità li seguiranno, svaniranno afflizioni e sospiri.
12Io, io sono il vostro consolatore. Chi sei tu perché tu tema uomini che muoiono e un figlio dell’uomo che avrà la sorte dell’erba? 13Hai dimenticato il Signore tuo creatore, che ha dispiegato i cieli e gettato le fondamenta della terra. Avevi sempre paura, tutto il giorno, davanti al furore dell’avversario, perché egli tentava di distruggerti. Ma dov’è ora il furore dell’avversario? 14Il prigioniero sarà presto liberato;  egli non morirà nella fossa  né mancherà di pane.
15Io sono il Signore, tuo Dio, che agita il mare così che ne fremano i flutti – Signore degli eserciti è il suo nome. 16Io ho posto le mie parole sulla tua bocca, ti ho nascosto sotto l’ombra della mia mano, quando ho dispiegato i cieli e fondato la terra,  e ho detto a Sion: «Tu sei mio popolo».

 

È bello sentir parlare di Israele in questo modo. “A coloro che ricercano la giustizia”, come dire, “a coloro che cercano il Signore” lui stesso dice: “Guardate alla roccia da cui siete stati tagliati, alla cava da cui siete stati estratti.” La roccia è Abramo e la cava è Sara. Ebbene, erano due corpi sterili, vecchi e soli, però Dio li ha benedetti e fatti crescere.

E adesso (sta parlando chi è ancora in esilio o chi è tornato e vede che la città non è stata ricostruita, per così dire … è sterile e vecchia) adesso che noi siamo soli, pochi, impauriti? La risposta: “Il Signore consola davvero Sion” e lo fa rinascere come un giardino. In che modo e per quale via? Con dolcezza il Signore dice così: “Prestami attenzione, popolo mio, perché è da me che uscirà la Torà/Insegnamento”. E tutti gli altri popoli? “Le mie braccia giudicheranno i popoli. In me spereranno le isole e saranno in attesa del mio braccio”. [“Isole” rappresentano sia gli Ebrei della diaspora, sia i non Ebrei che però sono uniti a loro]. È l’attenzione alla parola ed è l’ascolto di essa che consolano davvero il popolo.

Viene un secondo ammonimento, un nuovo “ascoltatemi”. Per chi? Per “il popolo nel cui cuore è la mia Torà/Insegnamento”. A questo popolo frastornato Dio dice di non temere “l’obbrobrio degli uomini”. Timore che deve trasformarsi e si trasforma in preghiera al Signore: “Svegliati, svegliati, rivestiti di forza, braccio del Signore … come nei giorni antichi, come nelle generazioni passate”. Aleggia sempre il sospiro del ritorno, con la speranza che “I riscattati dal Signore torneranno, verranno a Sion con canti: gioia perenne sopra il loro capo”. Sarà questa la vera “consolazione”. Ebbene, il Consolatore ha un’ultima cosa da dire: “Perché temi un essere mortale, uno che dura come l’erba, e dimentichi il Signore che ti fa”, e che da sempre dice: “Sei tu il mio popolo”. Poiché sei il mio popolo, poiché “Io ho posto la mia parola sulla tua bocca” … lasciati trasformare da essa in tutta la tua vita e … non temere.

Il Signore mi ha aperto l’orecchio

Feb 5, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Isaia 50,1-11

1 Dice il Signore: «Dov’è il documento di ripudio di vostra madre, con cui l’ho scacciata? Oppure a quale dei miei creditori io vi ho venduti?
Ecco, per le vostre iniquità siete stati venduti, per le vostre colpe è stata scacciata vostra madre. 2Per quale motivo non c’è nessuno, ora che sono venuto? Perché, ora che chiamo, nessuno risponde? È forse la mia mano troppo corta per riscattare oppure io non ho la forza per liberare? Ecco, con una minaccia prosciugo il mare, faccio dei fiumi un deserto. I loro pesci, per mancanza d’acqua, restano all’asciutto, muoiono di sete. 3Rivesto i cieli di oscurità, do loro un sacco per mantello»

4Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato.  Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli.
5Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro. 6Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi.
7Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso. 8È vicino chi mi rende giustizia: chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci. Chi mi accusa? Si avvicini a me.
9Ecco, il Signore Dio mi assiste: chi mi dichiarerà colpevole?
Ecco, come una veste si logorano tutti, la tignola li divora.
10Chi tra voi teme il Signore, ascolti la voce del suo servo!
Colui che cammina nelle tenebre, senza avere luce, confidi nel nome del Signore, si affidi al suo Dio.
11Ecco, voi tutti che accendete il fuoco, che vi circondate di frecce incendiarie, andate alle fiamme del vostro fuoco, tra le frecce che avete acceso. Dalla mia mano vi è giunto questo; voi giacerete nel luogo dei dolori.

 

C’è un forte tono di disputa o di “lamento”. Viene ripreso il tema della madre e dei suoi figli.“Dov’è il documento di ripudio di vostra madre, con cui l’ho scacciata? Oppure a quale dei miei creditori io vi ho venduti?”. Il lamento di Giuda si dirige in due direzioni, con due immagini, ma la sostanza può suonare così: Tu, Signore, ci hai abbandonato: noi siamo come una donna ripudiata o come un debitore che è stato venduto. In conclusione: tu sei un cattivo marito e un cattivo creditore!

Dio si difende. Dice chiaramente che non è lui il cattivo, ma sono loro … coi tanti loro peccati. Ma, adesso – dice il Signore – io sono venuto a liberarvi (Israele è in esilio). Vi chiamo, ma voi fate i sordi! Forse che (è il caso del creditore col debitore) non ho beni e capacità per riscattarvi? O forse ho perso la forza per liberare? C’è, però, uno che mi ascolta, perché confida in me …

” Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo … “. Non tutto Israele ha disobbedito. D’improvviso si fa sentire una voce in prima persona, in effetti la medesima voce già sentita in 48,16 (“Il Signore Dio mi ha inviato … “). Il servo fedele, che è l’incarnazione della nazione prescelta, si fa sentire di nuovo (si tratta del terzo canto del servo). Consideriamo bene questo servo. È uno che è stato educato/istruito per essere discepolo: lui ascolta, Israele no! Non si tratta di un ascolto scolastico, ma di vita: il servo ha appreso come accettare l’esperienza della sofferenza, della vergogna, del rifiuto, anche delle botte e insulti … nell’esercizio del suo servizio.

“Il Signore Dio mi assiste”. È una attestazione di fede/fiducia nel Signore “che sta accanto”, “che accoglie”, “che prende le difese” del discepolo accusato e rifiutato da tutti. Il servo non invoca vendetta, ma … lascia parlare Dio stesso, il quale pure non invoca vendetta. Con dolce e forte esortazione invita: “Chi di voi teme il Signore (“riconosce l’autorità del Signore”) ascolti la voce del suo servo”; se poi uno è messo male (“cammina nelle tenebre”): “confidi nel nome del Signore, si affidi al suo Dio; se poi uno è idolatra e lo è costantemente: “andate alle fiamme che avete acceso (agli dèi)”.

Se si guarda nel conteso più vasto del movimento narrativo all’interno dei capitoli 40-55, quanto al “servo” si ha un passaggio chiaro da Israele, il servo nazione, al profeta, e poi a un sofferente singolo, che ora incarna la vera missione della nazione.

Io non ti dimenticherò mai

Feb 4, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Isaia 49,14-26

14Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato».
15Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherei mai.
16Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato, le tue mura sono sempre davanti a me. 17I tuoi figli accorrono, i tuoi distruttori e i tuoi devastatori si allontanano da te. 18Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si radunano, vengono a te.
«Com’è vero che io vivo – oracolo del Signore -, ti vestirai di tutti loro come di ornamento, te ne ornerai come una sposa». 19Poiché le tue rovine e le tue devastazioni e la tua terra desolata saranno ora troppo stretti per i tuoi abitanti, benché siano lontani i tuoi divoratori.
20Di nuovo ti diranno agli orecchi i figli di cui fosti privata: «Troppo stretto è per me questo posto; scòstati, perché possa stabilirmi». 21Tu penserai: «Costoro, chi me li ha generati? Io ero priva di figli e sterile, esiliata e prigioniera, e questi, chi li ha allevati? Ecco, ero rimasta sola, e costoro dov’erano?».
22Così dice il Signore Dio: «Ecco, io farò cenno con la mano alle nazioni, per i popoli isserò il mio vessillo. Riporteranno i tuoi figli in braccio, le tue figlie saranno portate sulle spalle. 23I re saranno i tuoi tutori, le loro principesse le tue nutrici. Con la faccia a terra essi si prostreranno davanti a te, baceranno la polvere dei tuoi piedi; allora tu saprai che io sono il Signore e che non saranno delusi quanti sperano in me». 24Si può forse strappare la preda al forte? Oppure può un prigioniero sfuggire al tiranno? 25Eppure, dice il Signore: «Anche il prigioniero sarà strappato al forte, la preda sfuggirà al tiranno. Io avverserò i tuoi avversari, io salverò i tuoi figli. 26Farò mangiare le loro stesse carni ai tuoi oppressori, si ubriacheranno del proprio sangue come di mosto. Allora ogni uomo saprà che io sono il Signore, il tuo salvatore e il tuo redentore, il Potente di Giacobbe».

L’annuncio di tante cose belle che Dio ha fatto/farà (vedi ieri) non ha ancora toccato nel fondo il “cuore” di Israele, tanto che così si esprime: «Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato». Adesso l’uditorio cambia completamente: non è più Giacobbe/Israele che parla, ma Gerusalemme, che esprime il suo lamento di città spopolata, abbandonata. Vediamo le varie immagini di Gerusalemme o del popolo. Dapprima, è un figlio che può essere abbandonato dai genitori. Per quanto questo sia un caso limite, tuttavia può verificarsi [Ne parlano i nostri giorni, ma ne parla anche il salmo 27,10: “Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha raccolto”]. A questa prima immagine se ne sovrappone subito un’altra: l’abbandono della sposa da parte dello sposo, della moglie da parte del marito [succede anche il contrario] Solo all’interno di questi due legami si può correttamente parlare di “abbandono”. L’abbandono si verifica solo all’interno di un rapporto di amore, e più precisamente all’interna di un rapporto parentale (madre-figlio) e di quello nuziale (marito-moglie).

La risposta del profeta a questo lamento non si limita a riaffermare questo legame [“io invece non ti dimenticherò”] ma continua con la descrizione dell’imminente ripopolamento di Gerusalemme, a partire da un incredibile gesto/ostensione di un Dio contestato: “Ho inciso sulle palme delle mie mani la tua immagine, ho negli occhi la visione delle tue mura”. [Siamo … mappati nelle mani e negli occhi del Signore! Notiamo che nella Scrittura sono vietate le incisioni sul corpo o anche soltanto i tatuaggi … Ma il Signore, che ha dato i comandi, non dà retta lui per primo! Su se stesso fa i tatuaggi … Qui, ci può stare un volo acrobatico quanto all’interpretazione: non possiamo non vedere, una anticipazione della incarnazione, morte e risurrezione di Gesù. A Tommaso dice: Guarda i segni dei chiodi nelle mani, la ferita nel petto … ]

Bisogna poi passare dalla “piantina nella mano di Dio” alla costruzione reale: una città che sfida le continue demolizioni e si apre a tutti. Non si dovrà più sentire: “Qui non c’è spazio per me. Spostati che mi possa sedere”. Anzi “Tu dirai in cuor tuo: Chi mi ha dato tanti figli? Avevo perduto i miei figli e la speranza di averne altri, ero esiliata e avvilita. Ma questi chi me li ha allevati? Ero rimasta sola e abbandonata, da dove vengono?”. Risposta: “Questo dice il Signore Dio: Farò un segnale alle nazioni (sono i famosi goym, i gentili), alzerò una bandiera per i popoli! Essi condurranno i tuoi figli in braccio, e porteranno sulle spalle le tue figlie … Allora saprai (anche Gerusalemme deve convertirsi!) che io sono il Signore; quelli che si fidano di me non saranno delusi (e allora: fidati di me!)”

Questa è un’operazione “ciclopica e cosmica”, solo il Signore può portarla e termine: lo farà nell’ultimo giorno (escaton), e allora sarà “vittoria totale e per sempre”. Ma qualche segno può realizzarsi ora. Questo avviene quando il Signore cattura quel “forte” e quel “violento” che agiscono nelle potenze mondane, ma tante volte anche nel nostro cuore. Lo sbranarsi a vicenda, il darsi la morte (quindi guerre ecc.) non va inteso come una “punizione” scagliata dall’ira di Dio. Si tratta, invece, di un “autoannullamento” che, alla fine, farà riflettere anche il forte e il violento. Per cui, la frase “così saprà ogni essere di carne che io sono il Signore, tuo salvatore e tuo redentore: il Forte di Giacobbe” … questa frase deve aprire alla speranza di salvezza per tutti. Nessun “forte”, che però resta sempre “carne”, può resistere al “Forte” che è il Signore, la cui “fortezza” si traduce in riscatto della carne, in salvezza dell’umanità.

 

Io ti renderò luce della nazioni

Feb 3, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Isaia 49,1-13

1 Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome. 2Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all’ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra. 3Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria».
4Io ho risposto: «Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio».
5Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele – poiché ero stato onorato dal Signore e Dio era stato la mia forza –  6e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d’Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra».

7Così dice il Signore, il redentore d’Israele, il suo Santo,
a colui che è disprezzato, rifiutato dalle nazioni, schiavo dei potenti:
«I re vedranno e si alzeranno in piedi, i prìncipi si prostreranno,
a causa del Signore che è fedele, del Santo d’Israele che ti ha scelto».
8Così dice il Signore: «Al tempo della benevolenza ti ho risposto,
nel giorno della salvezza ti ho aiutato. Ti ho formato e ti ho stabilito
come alleanza del popolo, per far risorgere la terra, per farti rioccupare l’eredità devastata, 9per dire ai prigionieri: «Uscite», e a quelli che sono nelle tenebre: «Venite fuori».
Essi pascoleranno lungo tutte le strade, e su ogni altura troveranno pascoli. 10Non avranno né fame né sete e non li colpirà né l’arsura né il sole, perché colui che ha misericordia di loro li guiderà, li condurrà alle sorgenti d’acqua.
11Io trasformerò i miei monti in strade e le mie vie saranno elevate.
12Ecco, questi vengono da lontano, ed ecco, quelli vengono da settentrione e da occidente e altri dalla regione di Sinìm».
13Giubilate, o cieli, rallégrati, o terra, gridate di gioia, o monti,
perché il Signore consola il suo popolo e ha misericordia dei suoi poveri.

 

” Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane”. Chi parla è il profeta, e cosa dice? “Il Signore dal seno materno mi ha chiamato” per essere suo profeta (portavoce) con la potenza della sua parola: io stesso (il profeta) sono stato reso “freccia appuntita riposta nella sua faretra” … Queste poche parole sono in sintesi il racconto di una vocazione e di una missione. Espressione una coscienza religiosa molto profonda. Cioè che la nostra vocazione precede la consapevolezza che ne abbiamo: siamo scelti, quando ancora siamo incapaci di rendercene conto. La scelta e la chiamata alla missione non sono una aggiunta opinabile; sono invece costitutive del nostro essere creature.

Al profeta Dio dice: “Mio servo tu sei, Israele”. Il servo non è Israele, inteso se mai anche solo in senso corporativo. Il servo resta il profeta. Allora, potremmo leggere così il versetto un pò complesso: “Tu sei mio servo, tu sei Israele, in cui sarò glorificato”. Questa lettura e questa interpretazione permettono di giungere, progressivamente, all’interpretazione cristiana del servo come Messia, che è Gesù. Dunque, il servo-profeta non si confonde con Israele ma, pur rappresentandolo, gli sta di fronte. Anzi, esperimenta un rifiuto ed è deluso della sua predicazione: “Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze”. Tuttavia, la sua fede/fiducia non viene meno: “Il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa viene dal Signore”.

Il servo-profeta ascolta poi il Signore che parla di una missione grande, universale: non solo Israele sarà salvato/redento, ma le nazioni tutte: “Ti renderò luce delle nazioni (goym), perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra”. La missione è difficile e dura: il servo-profeta-Israele “è disprezzato, rifiutato dalle nazioni, schiavo dei potenti”. Ma non si abbatte (questo verrà detto meglio ancora più avanti), piuttosto accoglie la chiamata ad essere “alleanza del popolo per far risorgere la terra, per farti rioccupare l’eredità devastata”. Per quale via si avrà l’eredità? Se … si esce!  Infatti è scritto: “Uscite, e a quelli che sono nelle tenebre: Venite fuori”. Prigionia, tenebre, fame … richiamano ormai non solo Israele, ma l’umanità intera: “questi vengono da lontano, quelli vengono da settentrione e da occidente e altri dalla regione di Sinim.” [Sono gli Ebrei della diaspora coi pagani, … con noi]

A ogni tappa, si operano un approfondimento e una dilatazione sempre maggiori dell’idea e dell’esperienza della redenzione: da una concezione inizialmente politica, che si rivela insufficiente nonostante il successo di Ciro, a una solamente interna a Israele, che mostra anch’essa i suoi limiti nella non accoglienza del profeta, … fino a quella riguardante l’intera umanità di cui … Servo è il Cristo/Messia.