IL Signore fu con Giosafat

Giu 19, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

2 Cronache 17,1-18,34 

Al suo posto divenne re suo figlio Giòsafat, che si fortificò contro Israele. Egli mise guarnigioni militari in tutte le fortezze di Giuda; nominò governatori per il territorio di Giuda e per le città di Èfraim occupate dal padre Asa.

Il Signore fu con Giòsafat, perché egli camminò sulle vie seguite prima da suo padre e non ricercò i Baal, ma piuttosto ricercò il Dio di suo padre e ne seguì i comandi, senza imitare Israele. Il Signore consolidò il regno nelle mani di Giòsafat e tutto Giuda gli portava offerte. Egli ebbe ricchezze e gloria in quantità. Il suo cuore divenne forte nel seguire il Signore; eliminò anche le alture e i pali sacri da Giuda. Nell’anno terzo del suo regno mandò i suoi ufficiali Ben-Càil, Abdia, Zaccaria, Netanèl e Michea a insegnare nelle città di Giuda. Con essi c’erano i leviti Semaià, Natania, Zebadia, Asaèl, Semiramòt, Giònata, Adonia e Tobia e i sacerdoti Elisamà e Ioram. Insegnarono in Giuda; avevano con sé il libro della legge del Signore e percorsero tutte le città di Giuda, istruendo il popolo.

Il terrore del Signore si diffuse per tutti i regni che circondavano Giuda e così essi non fecero guerra a Giòsafat. Da parte dei Filistei si portavano a Giòsafat tributi e argento in dono; anche gli Arabi gli portavano bestiame minuto: settemilasettecento arieti e settemilasettecento capri.

Giòsafat cresceva sempre più in potenza. Egli costruì in Giuda castelli e città di approvvigionamento. Disponeva di molta manodopera nelle città di Giuda. A Gerusalemme risiedevano i suoi guerrieri, soldati valorosi. Ecco il loro censimento secondo i casati. Per Giuda, erano comandanti di migliaia Adna il comandante, e con lui trecentomila soldati valorosi; alle sue dipendenze c’era il comandante Giovanni e con lui duecentoottantamila soldati; alle sue dipendenze c’era Amasia, figlio di Zicrì, votato al Signore, e con lui duecentomila soldati valorosi. Per Beniamino, Eliadà, soldato valoroso, e con lui duecentomila armati di arco e di scudo. Alle sue dipendenze c’era Iozabàd e con lui centoottantamila armati per la guerra. Tutti costoro erano al servizio del re, oltre quelli che il re aveva stabiliti nelle fortezze in tutto Giuda.

Giòsafat, che aveva ricchezza e gloria in abbondanza, si imparentò con Acab. Dopo alcuni anni scese da Acab a Samaria; Acab uccise per lui e per la gente del suo seguito pecore e buoi in quantità e lo persuase ad attaccare con lui Ramot di Gàlaad. Acab, re d’Israele, disse a Giòsafat, re di Giuda: «Verresti con me contro Ramot di Gàlaad?». Gli rispose: «Conta su di me come su te stesso, sul mio popolo come sul tuo; sarò con te in battaglia». Giòsafat disse al re d’Israele: «Consulta, per favore, oggi stesso la parola del Signore». Il re d’Israele radunò i profeti, quattrocento persone, e domandò loro: «Dobbiamo andare contro Ramot di Gàlaad o devo rinunciare?». Risposero: «Attacca; Dio la metterà in mano al re». Giòsafat disse: «Non c’è qui ancora un profeta del Signore da consultare?». Il re d’Israele rispose a Giòsafat: «C’è ancora un uomo, per consultare tramite lui il Signore, ma io lo detesto perché non mi profetizza il bene, ma sempre il male: è Michea, figlio di Imla». Giòsafat disse: «Il re non parli così». Il re d’Israele, chiamato un cortigiano, gli ordinò: «Convoca subito Michea, figlio di Imla!». Il re d’Israele e Giòsafat, re di Giuda, sedevano ognuno sul suo trono, vestiti dei loro mantelli, nello spiazzo all’ingresso della porta di Samaria; tutti i profeti profetizzavano davanti a loro. Sedecìa, figlio di Chenaanà, che si era fatto corna di ferro, affermava: «Così dice il Signore: “Con queste cozzerai contro gli Aramei sino a finirli”». Tutti i profeti profetizzavano allo stesso modo: «Assali Ramot di Gàlaad, avrai successo. Il Signore la metterà in mano al re». Il messaggero, che era andato a chiamare Michea, gli disse: «Ecco, le parole dei profeti concordano sul successo del re; ora la tua parola sia come quella degli altri: preannuncia il successo». Michea rispose: «Per la vita del Signore, annuncerò quanto il mio Dio mi dirà». Si presentò al re, che gli domandò: «Michea, dobbiamo andare in guerra contro Ramot di Gàlaad o rinunciare?». Gli rispose: «Attaccàtela, avrete successo; i suoi abitanti saranno messi nelle vostre mani». Il re gli disse: «Quante volte ti devo scongiurare di non dirmi altro se non la verità nel nome del Signore?». Egli disse: «Vedo tutti gli Israeliti vagare sui monti come pecore che non hanno pastore. Il Signore dice: “Questi non hanno padrone; ognuno torni a casa sua in pace!”». Il re d’Israele disse a Giòsafat: «Non te l’avevo detto che costui non mi profetizza il bene, ma solo il male?». Michea disse: «Perciò, ascoltate la parola del Signore. Io ho visto il Signore seduto sul trono; tutto l’esercito del cielo stava alla sua destra e alla sua sinistra. Il Signore domandò: “Chi ingannerà Acab, re d’Israele, perché salga contro Ramot di Gàlaad e vi perisca?”. Chi rispose in un modo e chi in un altro. Si fece avanti uno spirito che, presentatosi al Signore, disse: “Lo ingannerò io”. “Come?”, gli domandò il Signore. Rispose: “Andrò e diventerò spirito di menzogna sulla bocca di tutti i suoi profeti”. Gli disse: “Lo ingannerai; certo riuscirai: va’ e fa’ così”. Ecco, dunque, il Signore ha messo uno spirito di menzogna sulla bocca di questi tuoi profeti, ma il Signore a tuo riguardo parla di sciagura». Allora Sedecìa, figlio di Chenaanà, si avvicinò e percosse Michea sulla guancia dicendo: «Per quale via lo spirito del Signore è passato da me per parlare a te?». Michea rispose: «Ecco, lo vedrai nel giorno in cui passerai di stanza in stanza per nasconderti». Il re d’Israele disse: «Prendete Michea e conducetelo da Amon, governatore della città, e da Ioas, figlio del re. Direte loro: “Così dice il re: Mettete costui in prigione e nutritelo con il minimo di pane e di acqua finché tornerò in pace”». Michea disse: «Se davvero tornerai in pace, il Signore non ha parlato per mezzo mio». E aggiunse: «Popoli tutti, ascoltate!».

Il re d’Israele marciò, insieme con Giòsafat, re di Giuda, contro Ramot di Gàlaad. Il re d’Israele disse a Giòsafat: «Io per combattere mi travestirò. Tu resta con i tuoi abiti». Il re d’Israele si travestì ed entrarono in battaglia. Il re di Aram aveva ordinato ai comandanti dei suoi carri: «Non combattete contro nessuno, piccolo o grande, ma unicamente contro il re d’Israele». Appena videro Giòsafat, i comandanti dei carri dissero: «Quello è il re d’Israele!». Lo circondarono per combattere. Giòsafat lanciò un grido e il Signore gli venne in aiuto e Dio li allontanò dalla sua persona. I comandanti dei carri si accorsero che non era il re d’Israele e si allontanarono da lui. Ma un uomo tese a caso l’arco e colpì il re d’Israele fra le maglie dell’armatura e la corazza. Il re disse al suo cocchiere: «Gira, portami fuori dalla mischia, perché sono ferito». La battaglia infuriò in quel giorno; il re d’Israele stette sul carro di fronte agli Aramei sino alla sera e morì al tramonto del sole.

 

“Al suo posto divenne re suo figlio Giosafat, che si fortificò contro Israele”. E così continua la politica militare, amministrativa, religiosa del padre Asa. Ecco il giudizio chiaro che da il Cronista: “Il Signore fu con Giosafat, perché egli camminò sulle vie seguite prima da suo padre e non ricercò Baal, ma piuttosto ricercò il Dio di suo padre e ne seguì i comandi, senza imitare Israele”. Dunque, è un re che si comporta secondo le regole di qualsiasi alleanza: tu mi sei fedele e io ti sono fedele. È un principio, questo, sempre applicato alla storia dei re di Giuda, ma non sempre confermato dalla realtà. In altre parole, la ricerca del Signore non sempre produce successo, e non sempre il successo è segno di ricerca del Signore. [La croce di Cristo, mondanamente parlando, è uno scandalo … contraddicendo un’applicazione formale estrinseca di questo principio]

C’è una novità nello stile regale di Giosafat: una missione itinerante in tutte le città di Giuda allo scopo di istruire il popolo. La novità è un lavoro decentralizzato: la gente viene istruita nei luoghi dove vive ogni giorno. Inusuale è la presenza di cinque laici al primo posto della commissione itinerante. I contenuti dell’insegnamento provenivano dal “libro della legge del Signore che avevano con sé”.

C’è, però, anche uno smacco (eccesso di sicurezza a motivo della grande ricchezza tra le mani) nella vita di Giosafat: smacco sfruttato dal Cronista per presentare un altro lato buono di Giosafat. “Giosafat, che aveva ricchezza e gloria in abbondanza, si imparentò con Acab”. In un solenne e gustoso banchetto Acab, re di Israele, “persuase Giosafat ad attaccare con lui Ramot di Galaad (politica espansionista)”. È interessante leggere il seguito del brano (versetti 3-27) per cogliere la complessità di un “consiglio di guerra”, quando si mischiano motivi religiosi con preventiva “voglia di guerra”. Tutti i profeti di Acab (i profeti di corte!) annunciavano ovviamente vittoria, con gesti e stregonerie. Giosafat, re giusto, vuole sentire anche “un’altra voce”. È quella del vero profeta Michea, che annuncia però la disfatta! Per questo, viene messo in carcere. La battaglia dà ragione al profeta Michea: il re d’Israele viene ucciso, mentre Giosafat si salva solo perché “lanciò un grido (come comandava la legge di Mosè!) e il Signore gli venne in aiuto e Dio li (i nemici) allontanò dalla sua persona”.

Anche se il cuore di Asa si mantenne integro per tutta la vita

Giu 18, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

2 Cronache 14,1-16,14

Ai suoi tempi la terra rimase tranquilla per dieci anni. Asa fece ciò che è bene e retto agli occhi del Signore, suo Dio. Rimosse gli altari degli stranieri e le alture; spezzò le stele ed eliminò i pali sacri. Egli ordinò a Giuda di ricercare il Signore, Dio dei loro padri, e di eseguirne la legge e i comandi. Da tutte le città di Giuda rimosse le alture e gli altari per l’incenso. Il regno fu tranquillo sotto di lui.

In Giuda ricostruì le fortezze, poiché il territorio era tranquillo e in quegli anni non si trovava in guerra; il Signore gli aveva concesso tregua. Egli disse a Giuda: «Ricostruiamo quelle città, circondandole di mura e di torri con porte e sbarre, mentre il territorio è ancora in nostro potere perché abbiamo ricercato il Signore, nostro Dio; noi l’abbiamo ricercato ed egli ci ha concesso tregua alle frontiere». Ricostruirono e prosperarono.

Asa aveva un esercito di trecentomila uomini di Giuda, con grandi scudi e lance, e di duecentoottantamila Beniaminiti, con piccoli scudi e archi. Tutti costoro erano valorosi soldati. Contro di loro marciò Zerach, l’Etiope, con un milione di soldati e con trecento carri; egli giunse fino a Maresà. Asa gli andò incontro; si schierarono a battaglia nella valle di Sefatà, presso Maresà. Asa domandò al Signore, suo Dio: «Signore, nessuno come te può soccorrere nella lotta fra il potente e chi è senza forza. Soccorrici, Signore nostro Dio, perché noi confidiamo in te e nel tuo nome marciamo contro questa moltitudine. Signore, tu sei nostro Dio; un uomo non prevalga su di te!». Il Signore sconfisse gli Etiopi di fronte ad Asa e di fronte a Giuda. Gli Etiopi si diedero alla fuga.  Asa e quanti erano con lui li inseguirono fino a Gerar. Degli Etiopi ne caddero tanti che non ne restò uno vivo, perché fatti a pezzi di fronte al Signore e al suo esercito. Riportarono un grande bottino. Conquistarono anche tutte le città intorno a Gerar, poiché il terrore del Signore si era diffuso in esse; saccheggiarono tutte le città, nelle quali c’era grande bottino. Si abbatterono anche sulle tende del bestiame, facendo razzie di pecore e di cammelli in grande quantità, quindi tornarono a Gerusalemme.

Lo spirito di Dio investì Azaria, figlio di Oded. Costui, uscito incontro ad Asa, gli disse: «Asa e voi tutti di Giuda e di Beniamino, ascoltatemi! Il Signore sarà con voi, se voi sarete con lui; se lo ricercherete, si lascerà trovare da voi, ma se lo abbandonerete, vi abbandonerà. Per lungo tempo Israele non ebbe vero Dio, né un sacerdote che insegnasse, né una legge. Ma, nella miseria, egli fece ritorno al Signore, Dio d’Israele; lo cercarono ed egli si lasciò trovare da loro. In quei tempi non c’era pace per chi andava e veniva, perché fra gli abitanti dei vari paesi c’erano grandi terrori. Una nazione cozzava contro l’altra, una città contro l’altra, perché Dio li affliggeva con tribolazioni di ogni genere. Ma voi siate forti e le vostre mani non crollino, perché c’è una ricompensa per le vostre azioni».

Quando Asa ebbe udito queste parole e la profezia, riprese animo. Eliminò gli idoli da tutto il territorio di Giuda e di Beniamino e dalle città che egli aveva conquistato sulle montagne di Èfraim; rinnovò l’altare del Signore, che si trovava di fronte al vestibolo del Signore. Radunò tutti gli abitanti di Giuda e di Beniamino e quanti, provenienti da Èfraim, da Manasse e da Simeone, abitavano in mezzo a loro come forestieri; difatti da Israele erano venuti da lui in grande numero, avendo constatato che il Signore, suo Dio, era con lui.

Si radunarono a Gerusalemme nel terzo mese dell’anno quindicesimo del regno di Asa. In quel giorno sacrificarono al Signore parte della preda che avevano riportato: settecento giovenchi e settemila pecore. Si obbligarono con un’alleanza a ricercare il Signore, Dio dei loro padri, con tutto il loro cuore e con tutta la loro anima. Per chiunque, grande o piccolo, uomo o donna, non avesse ricercato il Signore, Dio d’Israele, c’era la morte. Giurarono al Signore a voce alta e con acclamazioni, fra suoni di trombe e di corni. Tutto Giuda gioì per il giuramento, perché avevano giurato con tutto il loro cuore e avevano cercato il Signore con tutto il loro impegno, e questi si era lasciato trovare da loro e aveva concesso tregua alle frontiere.

Egli privò anche Maacà, madre del re Asa, del titolo di regina madre, perché ella aveva eretto ad Asera un’immagine infame; Asa demolì l’immagine infame, la fece a pezzi e la bruciò nella valle del torrente Cedron. Ma non scomparvero le alture da Israele, anche se il cuore di Asa si mantenne integro per tutta la sua vita. Fece portare nel tempio di Dio le offerte consacrate da suo padre e quelle consacrate da lui stesso, consistenti in argento, oro e utensili. Non ci fu guerra fino all’anno trentacinquesimo del regno di Asa.

Nell’anno trentaseiesimo del regno di Asa, il re d’Israele Baasà salì contro Giuda. Egli fortificò Rama, per impedire il transito ad Asa, re di Giuda. Asa estrasse dai tesori del tempio del Signore e della reggia argento e oro e li mandò a Ben-Adàd, re di Aram residente a Damasco, con questa proposta: «Ci sia un’alleanza tra me e te, come tra mio padre e tuo padre. Ecco, ti mando argento e oro. Su, rompi la tua alleanza con Baasà, re d’Israele, in modo che egli si ritiri da me». 4Ben-Adàd ascoltò il re Asa; mandò contro le città d’Israele i comandanti del suo esercito, che colpirono Iion, Dan, Abel-Màim e tutte le città di approvvigionamento di Nèftali. Quando lo seppe, Baasà smise di fortificare Rama e desistette dalla sua impresa. Il re Asa convocò tutti quelli di Giuda, che andarono a prendere le pietre e il legname con cui Baasà stava fortificando Rama, e con essi fortificò Gheba e Mispa.

In quel tempo il veggente Anàni si presentò ad Asa, re di Giuda, e gli disse: «Poiché ti sei appoggiato al re di Aram e non al Signore, tuo Dio, l’esercito del re di Aram ti è sfuggito di mano. Etiopi e Libi non costituivano forse un grande esercito, con numerosissimi carri e cavalli? Quando ti appoggiasti al Signore, egli non li consegnò forse in mano tua? Difatti il Signore con gli occhi scruta tutta la terra, per mostrare la sua potenza a favore di chi si comporta con lui con cuore sincero. Tu in ciò hai agito da stolto; per questo d’ora in poi avrai solo guerre». Asa si sdegnò contro il veggente e lo mise in prigione, adirato con lui per tali parole. In quel tempo Asa oppresse anche parte del popolo.

Ecco, le gesta di Asa, dalle prime alle ultime, sono descritte nel libro dei re di Giuda e d’Israele. Nell’anno trentanovesimo del suo regno, Asa si ammalò gravemente ai piedi. Neppure nell’infermità egli ricercò il Signore, ricorrendo solo ai medici. Asa si addormentò con i suoi padri; morì nell’anno quarantunesimo del suo regno. Lo seppellirono nel sepolcro che egli si era scavato nella Città di Davide. Lo stesero su un letto pieno di aromi e profumi, composti con arte di profumeria; ne bruciarono per lui una quantità immensa.

“Ai suoi tempi la terra rimase tranquilla per dieci anni.” Letteralmente, è scritto: “la terra riposò” o “fece silenzio”. Le guerre, le violenze, il sangue, le distruzioni, le morti … fanno urlare la terra, la sconvolgono, e così essa … non riposa! Asa riconosce che questo “riposo” è venuto dal Signore, come risposta al fatto che “noi abbiamo ricercato il Signore”. Ricercare il Signore è già godere la pace, il riposo, il silenzio, l’armonia.

Ma, sotto sotto, i gesti di Asa si muovono in contraddizione alla pace o riposo. “Poiché la terra era tranquilla e in quegli anni non c’era guerra, (Asa) ricostruì in Giuda le fortezze”. Il Cronista annota: “Costruirono e prosperarono” … coi grandissimi bottini di una guerra vittoriosa. Più che i numeri inverosimili, le strategie inesistenti, le vittorie senza colpo ferire, le distruzioni di massa, i veri e propri genocidi … più che tutte queste cose che rispondono al genere letterario “bollettino di vittoria … di Dio”, valgono le parole del re a esortazione e che precedono l’attacco. Parole rivolte a popoli (Amorrei, Gergesei … ) che non esistono più, o che forse non sono mai esistiti. Ma … esistono i contemporanei del Cronista, con tutti i problemi e lotte del tempo; ed esistono i lettori, noi oggi, con problemi e lotte non meno dure. Ebbene, erano i contemporanei del Cronista e siamo noi oggi che abbiamo bisogno di essere esortati a confidare nel “Signore che soccorre nella lotta fra il potente e chi è senza forza”. Siamo noi che dobbiamo ascoltare queste parole del profeta investito dallo spirito di Dio: “Ascoltatemi! Il Signore sarà con voi, se voi sarete con lui; se lo ricercherete, si lascerà trovare da voi, ma se lo abbandonate, vi abbandonerà”. E continua: “In quei tempi (che non ci sono più, ma ci siamo noi oggi!) non c’era pace per chi andava e veniva, perché fra gli abitanti dei vari paesi c’erano grandi terrori. Una nazione cozzava contro l’altra, una città contro l’altra, perché Dio li affliggeva con tribolazioni di ogni genere. Ma voi siate forti e le vostre mani non crollino, perché c’è una ricompensa per le vostre azioni”. Quali azioni? Di certo, non le guerre! Ma, la guerra contro se stessi, che consiste nella distruzione degli idoli delle nostre mani. In altre parole, l’azione buona non è altro che la conversione. Continua così il testo: “Si radunarono a Gerusalemme … in quel giorno sacrificarono al Signore … si obbligarono con una alleanza a ricercare il Signore, Dio dei loro padri, con tutto il cuore e con tutta la loro anima”. Per chi non cerca il Signore, il testo dice in modo duro: c’è la morte. [Non si ha sentore, mai, in tutta la Bibbia di una esecuzione di morte a questo riguardo; si tratta quindi di morte spirituale, frutto del giudizio di Dio]

Il giudizio positivo su Asa (“fece ciò che è bene agli occhi del Signore”) cambia alla fine della sua vita. Quello che aveva tanto proclamato (la ricerca del Signore attuata con la distruzione dei tanti culti stranieri), alla fine non l’ha ottenuto. Questo dimostra che non basta e non serve una politica religiosa di violenza distruttiva. È scritto, infatti: “Non scomparvero le alture da Israele, anche se il cuore di Asa si mantenne integro per tutta la vita.” [L’integrità è vista dal Cronista non nel campo morale, ma rituale, nel rispettare cioè l’unicità e la rettitudine del culto] Per di più: “In quel tempo Asa oppresse anche parte del popolo”. Poi abbiamo un finale un po’ buffo e ironico! Riscrivo il testo e lascio a voi il commento: “Nell’anno trentanovesimo del suo regno, Asa si ammalò gravemente ai piedi. Neppure nell’infermità egli ricercò il Signore, ricorrendo … solo ai medici.”

Si rafforzarono quelli di Giuda, perché avevano confidato nel Signore

Giu 17, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

2 Cronache 13,1-23

Nell’anno diciottesimo del re Geroboamo, Abia divenne re su Giuda. Regnò tre anni a Gerusalemme; sua madre, di Gàbaa, si chiamava Maacà, figlia di Urièl. Ci fu guerra fra Abia e Geroboamo. Abia attaccò battaglia con un esercito di valorosi, quattrocentomila uomini scelti. Geroboamo si schierò in battaglia contro di lui con ottocentomila uomini scelti, soldati valorosi.

Abia si pose sul monte Semaràim, che è sulle montagne di Èfraim, e gridò: «Ascoltatemi, Geroboamo e tutto Israele! Non sapete forse che il Signore, Dio d’Israele, ha concesso il regno a Davide su Israele per sempre, a lui e ai suoi figli, con un’alleanza inviolabile? Geroboamo, figlio di Nebat, ministro di Salomone, figlio di Davide, è insorto e si è ribellato contro il suo padrone. Presso di lui si sono radunati uomini sfaccendati e perversi; essi si fecero forti contro Roboamo, figlio di Salomone. Roboamo era giovane, timido di carattere; non fu abbastanza forte di fronte a loro. Ora voi pensate di imporvi sul regno del Signore, che è nelle mani dei figli di Davide, perché siete una grande moltitudine e con voi sono i vitelli d’oro, che Geroboamo vi ha fatti come divinità. Non avete forse voi scacciato i sacerdoti del Signore, figli di Aronne, e i leviti, e non vi siete costituiti dei sacerdoti come i popoli degli altri paesi? Chiunque si è presentato con un giovenco di armento e con sette arieti a farsi consacrare, è divenuto sacerdote di chi non è Dio. Quanto a noi, il Signore è nostro Dio; non l’abbiamo abbandonato. I sacerdoti, che prestano servizio al Signore, sono discendenti di Aronne e i leviti sono gli addetti alle funzioni. Essi offrono al Signore olocausti ogni mattina e ogni sera, l’incenso aromatico, i pani dell’offerta su una tavola pura, dispongono i candelabri d’oro con le lampade da accendersi ogni sera, perché noi osserviamo i comandi del Signore nostro Dio, mentre voi lo avete abbandonato. Ecco, alla nostra testa, con noi, c’è Dio; i suoi sacerdoti e le trombe lanciano il grido di guerra contro di voi. Israeliti, non combattete contro il Signore, Dio dei vostri padri, perché non avrete successo».

Geroboamo li aggirò con un agguato per assalirli alle spalle. Le truppe stavano di fronte a Giuda, mentre coloro che erano in agguato si trovavano alle spalle. Quelli di Giuda si volsero. Avendo da combattere di fronte e alle spalle, gridarono al Signore e i sacerdoti suonarono le trombe. Tutti quelli di Giuda alzarono il grido di guerra. Mentre quelli di Giuda lanciavano il grido, Dio colpì Geroboamo e tutto Israele di fronte ad Abia e a Giuda. Gli Israeliti fuggirono di fronte a Giuda; Dio li aveva messi nelle loro mani. Abia e la sua truppa inflissero loro una grave sconfitta; fra gli Israeliti caddero morti cinquecentomila uomini scelti. 18In quel tempo furono umiliati gli Israeliti, mentre si rafforzarono quelli di Giuda, perché avevano confidato nel Signore, Dio dei loro padri. Abia inseguì Geroboamo e gli prese le seguenti città: Betel con le sue dipendenze, Iesanà con le sue dipendenze ed Efron con le sue dipendenze. Durante la vita di Abia, Geroboamo non ebbe più forza alcuna; il Signore lo colpì ed egli morì. Abia, invece, si rafforzò; egli prese quattordici mogli e generò ventidue figli e sedici figlie.

Le altre gesta di Abia, le sue azioni e le sue parole sono descritte nella memoria del profeta Iddo. Abia si addormentò con i suoi padri; lo seppellirono nella Città di Davide e al suo posto divenne re suo figlio Asa.

 

“Nell’anno diciottesimo del re Geroboamo, Abia divenne re su Giuda. Regnò tre anni a Gerusalemme; sua madre, di Gàbaa, si chiamava Maacà, figlia di Urièl. Ci fu guerra fra Abia e Geroboamo.” La storia di Abia, figlio di Roboamo, si riduce qui a un singolo episodio: la battaglia tra Giuda e Israele, racconto che non ha paralleli nel primo libro dei Re. Mentre in 1Re si descrive Abia come un peccatore non completamente devoto a Dio, qui l’autore lo presenta come un capo vittorioso e un predicatore di giustizia.

Abbiamo così il racconto di uno scontro che vuole essere “epocale”. Pertanto, i numeri sono sopra ogni verosimiglianza per quei tempi: quattrocentomila uomini con Abia di Giuda e ottocentomila uomini scelti, soldati valorosi. [Si vuol dare l’idea del confronto Davide-Golia]. Abia, da buon predicatore, tenta una dissuasione che suona come richiamo a Geroboamo di lasciare il campo della ribellione e della idolatria. Noi invece – dice Abia – non abbiamo abbandonato il Signore: svolgiamo il culto come ha insegnato Mosè. Anche l’assetto di guerra è secondo Dio: “alla nostra testa c’è Dio; i suoi sacerdoti e le trombe lanciano il grido di guerra contro di voi.” Accorato appello: “Israeliti, non combattete contro il Signore, Dio dei vostri padri, perché non avrete successo.” [Lo sguardo è sempre teologico: chi combatte contro il regno di Giuda non combatte contro degli uomini, ma combatte contro il Signore]

L’attacco avviene secondo le regole date da Mosè. Quelli di Giuda sono accerchiati, ma “gridarono al Signore, i sacerdoti suonarono le trombe. Tutti quelli di Giuda alzarono il grido di guerra: Dio colpì Geroboamo. Tutti gli Israeliti (va tenuto conto che, in questi contesti, il termine “Israeliti” indica il regno del Nord) fuggirono di fronte a Giuda; Dio li aveva messi nelle loro mani”. [Secondo la cultura/fede di quel tempo il grande condottiero è sempre Dio. E’ lui che fa tutto: fa vincere e fa perdere] La conclusione e il giudizio che il Cronista vuol trasmettere al lettore è questo: “In quel tempo furono umiliati gli Israeliti, mentre si rafforzarono quelli di Giuda, perché avevano confidato nel Signore, Dio dei loro padri.” Confidare nel Signore significa, concretamente e in questo caso, obbedire alle regole liturgiche date da Mosè. Secondo il Cronista la fedeltà al culto è segno di fedeltà all’alleanza con il Signore, perciò quelli del Nord, pur rimanendo Israeliti, sono apostati, gente ribelle che sta lottando non contro Giuda, ma contro il Signore stesso.

Perché allora non è avvenuta la desiderata riconciliazione tra Nord e Giuda? Perché non ci si è riuniti? Non basta una conquista militare per riunire i due regni: occorre la conversione dei cuori. Il Cronista pensa ai suoi contemporanei tentati da apostasia, ribellione, imitazione della vita ellenistica (ebrei assimilati) e quelli che si legano a un culto perfetto (quanto a regole) ma solo formale esteriore (sacerdoti e leviti). E poi c’è un rischio per tutti: pensare che l’apostasia abiti sempre in casa d’altri, e non anche nella propria!

Egli fece il male, perché non aveva applicato il cuore alla ricerca del Signore

Giu 16, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

2 Cronache 11,1-12,16

Roboamo, giunto a Gerusalemme, convocò la casa di Giuda e di Beniamino, centottantamila guerrieri scelti, per combattere contro Israele e per restituire il regno a Roboamo. La parola del Signore fu rivolta a Semaià, uomo di Dio: «Riferisci a Roboamo, figlio di Salomone, re di Giuda, e a tutti gli Israeliti che sono in Giuda e in Beniamino: “Così dice il Signore: Non salite a combattere contro i vostri fratelli; ognuno torni a casa, perché questo fatto è dipeso da me”». Ascoltarono le parole del Signore e tornarono indietro, senza marciare contro Geroboamo.

Roboamo abitò a Gerusalemme. Egli trasformò in fortezze alcune città di Giuda. Ricostruì Betlemme, Etam, Tekòa,Bet-Sur, Soco, Adullàm, Gat, Maresà, Zif, Adoràim, Lachis, Azekà, Sorea, Àialon ed Ebron; queste fortezze erano in Giuda e in Beniamino. Egli munì queste fortezze, vi mise sovrintendenti e vi stabilì depositi di cibarie, di olio e di vino. In ogni città depositò scudi e lance, rendendole fortissime. Appartennero dunque a lui Giuda e Beniamino.

I sacerdoti e i leviti, che erano in tutto Israele, si radunarono da tutto il loro territorio presso di lui. Infatti i leviti lasciarono i pascoli e le proprietà, e andarono in Giuda e a Gerusalemme, perché Geroboamo e i suoi figli li avevano esclusi dall’esercitare il sacerdozio del Signore. Geroboamo aveva stabilito suoi sacerdoti per le alture, per i satiri e per i vitelli che aveva eretto. Al seguito dei leviti, da tutte le tribù d’Israele quanti avevano determinato in cuor loro di ricercare il Signore, Dio d’Israele, andarono a Gerusalemme per sacrificare al Signore, Dio dei loro padri. Così rafforzarono il regno di Giuda e sostennero Roboamo, figlio di Salomone, per tre anni, perché per tre anni egli seguì la via di Davide e di Salomone.

Roboamo si prese in moglie Macalàt, figlia di Ierimòt, figlio di Davide, e di Abiàil, figlia di Eliàb, figlio di Iesse. Essa gli partorì i figli Ieus, Semaria e Zaam. Dopo di lei prese Maacà, figlia di Assalonne, che gli partorì Abia, Attài, Ziza e Selomìt. Roboamo amò Maacà, figlia di Assalonne, più di tutte le altre mogli e concubine; egli prese diciotto mogli e sessanta concubine e generò ventotto figli e sessanta figlie. Roboamo costituì Abia, figlio di Maacà, capo, ossia principe tra i suoi fratelli, perché pensava di farlo re. Con accortezza egli sparse in tutte le contrade di Giuda e di Beniamino, in tutte le città fortificate, alcuni suoi figli. Diede loro viveri in abbondanza e li provvide di molte mogli. Quando il regno fu consolidato ed egli si sentì forte, Roboamo abbandonò la legge del Signore e tutto Israele lo seguì.

Nell’anno quinto del re Roboamo, il re d’Egitto, Sisak, salì contro Gerusalemme, perché i suoi abitanti si erano ribellati al Signore. Egli aveva milleduecento carri, sessantamila cavalli. Coloro che erano venuti con lui dall’Egitto non si contavano: Libi, Succhei ed Etiopi. Egli prese le fortezze di Giuda e giunse fino a Gerusalemme. Il profeta Semaià si presentò a Roboamo e ai comandanti di Giuda, che si erano raccolti a Gerusalemme per paura di Sisak, e disse loro: «Dice il Signore: “Voi avete abbandonato me, e io ho abbandonato voi nelle mani di Sisak”». Allora i capi d’Israele e il re si umiliarono e dissero: «Giusto è il Signore!». Quando il Signore vide che si erano umiliati, la parola del Signore fu rivolta a Semaià: «Si sono umiliati e io non li distruggerò. Anzi concederò loro la liberazione fra poco; la mia ira non si riverserà su Gerusalemme per mezzo di Sisak. Tuttavia essi diventeranno suoi servi; così sapranno che cosa sia servire me e servire i regni del mondo».

Sisak, re d’Egitto, salì a Gerusalemme e prese i tesori del tempio del Signore e i tesori della reggia, portò via tutto, prese anche gli scudi d’oro fatti da Salomone. Il re Roboamo li sostituì con scudi di bronzo, che affidò ai comandanti delle guardie addette alle porte della reggia. Ogni volta che il re andava nel tempio del Signore, le guardie li prendevano, poi li riportavano nella sala delle guardie. Poiché Roboamo si era umiliato, l’ira del Signore si ritirò da lui e non lo distrusse del tutto. Anzi in Giuda ci furono avvenimenti felici.

Il re Roboamo si consolidò a Gerusalemme e regnò. Quando divenne re, Roboamo aveva quarantun anni e regnò diciassette anni a Gerusalemme, città scelta dal Signore fra tutte le tribù d’Israele per collocarvi il suo nome. Sua madre, ammonita, si chiamava Naamà. Egli fece il male, perché non aveva applicato il cuore alla ricerca del Signore. Le gesta di Roboamo, dalle prime alle ultime, non sono forse descritte negli atti del profeta Semaià e del veggente Iddo, secondo le genealogie? Ci furono guerre continue fra Roboamo e Geroboamo. Roboamo si addormentò con i suoi padri e fu sepolto nella Città di Davide. Al suo posto divenne re suo figlio Abia.

 

Tornato a Gerusalemme il re Roboamo, figlio di Salomone, si prepara alla guerra. Di tutte le tribù di Israele solo quella di Beniamino resta fedele a Giuda. La tribù di Beniamino era la più bellicosa. Ma, attraverso “l’uomo di Dio, Semaià”, Dio si esprime così: “Non salite a combattere contro i vostri fratelli; ognuno torni a casa, perché questo fatto è dipeso da me”. [“È dipeso da me” non significa “l’ho voluto io”, ma “quanto avviene è in mano mia” o “so io cosa ricavarne e come venirne fuori”. Mai e poi mai … il Signore vuole il male, anche quando è scritto che lo … crea!] “Ascoltarono le parole del Signore e tornarono indietro, senza marciare contro Geroboamo”.

Da questo punto fino alla fine del libro delle Cronache la narrazione procede in modo parallelo al libro dei Re. Si parla dei re di Giuda, ma non di Israele. La storia, almeno nella sostanza, la conosciamo. Allora, nel mio accompagnamento quotidiano, non starò a seguire punto per punto le cose. Mi fermerò su qualche aspetto più tipico del libro delle Cronache e, forse, sarò più breve!

Dio ha fatto sapere che non si deve andare in guerra, ma Roboamo non fa altro che … fortificare il suo regno. Tuttavia, una cosa molto buona (secondo il Cronista) è che Roboamo accoglie sacerdoti e leviti provenienti dal Nord [Con Geroboamo, che aveva impiantato un nuovo culto, questi hanno perso il lavoro!]. Accoglie anche “quanti, avendo determinato in cuor loro di ricercare il Signore, andarono a Gerusalemme per sacrificare al Signore, Dio dei loro padri.” Queste e tante altre cose, fanno dire al Cronista che Roboamo “per tre anni seguì la via di Davide e di Salomone”.

Poi … viene una politica mondana, come quella dei regni pagani. Roboamo prende tante mogli dai popoli vicini: si tratta di alleanze politiche e amministrative. Poi … viene la politica clientelare famigliare: tante città e tanti beni ai suoi figli. Il Cronista così commenta con giudizio spirituale e teologico: “Quando il regno fu consolidato ed egli si sentì forte, Roboamo abbandonò la legge del Signore e tutto Israele lo seguì”.

Cosa successe? Sisak, re d’Egitto, “prese le fortezze di Giuda e giunse fino a Gerusalemme”. Il profeta “legge” le cose con l’occhio di Dio e dice: “Voi avete abbandonato me, e io ho abbandonato voi nella mani di Sisak … e diventeranno suoi servi: così sapranno cosa sia servire me e servire i regni del mondo.” Segno della servitù non fu il tornare in Egitto, ma il consegnare al re d’Egitto “i tesori del tempio del Signore e i tesori della reggia, gli scudi d’oro fatti da Salomone.” Ecco dove finisce l’abbondanza e il tanto oro preparato da Davide e poi impiegato da Salomone! Ulteriore commento del Cronista, che vede le cose sempre in modo teologico: “Poiché Roboamo si era umiliato, l’ira del Signore si ritirò da lui e non lo distrusse del tutto. Anzi in Giuda ci furono avvenimenti buoni.”

Il Cronista ci tiene al giudizio finale. In questo giudizio compare, quasi sempre, anche la madre del re: la madre di Roboamo era ammonita, non giudea. Di Roboamo dice: “Egli fece il male” e poi spiega in che consiste il male e perché era sopravvenuto: “perché non aveva applicato il cuore alla ricerca del Signore”. [Il linguaggio è lo stesso usato per descrivere il peccato di Saul. Per il Cronista, dunque, Roboamo è il nuovo Saul]

Israele si ribellò alla casa di Davide fino ad oggi

Giu 14, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

2 Cronache 10,1-19

Roboamo andò a Sichem, perché tutti gli Israeliti erano convenuti a Sichem per proclamarlo re. Quando lo seppe, Geroboamo, figlio di Nebat, che era in Egitto, dove era fuggito per paura del re Salomone, tornò dall’Egitto. Lo mandarono a chiamare e Geroboamo venne con tutto Israele e parlarono a Roboamo dicendo: «Tuo padre ha reso duro il nostro giogo; ora tu alleggerisci la dura servitù di tuo padre e il giogo pesante che egli ci ha imposto, e noi ti serviremo». Rispose loro: «Tornate da me fra tre giorni». Il popolo se ne andò.

Il re Roboamo si consigliò con gli anziani che erano stati al servizio di Salomone, suo padre, durante la sua vita, domandando: «Che cosa mi consigliate di rispondere a questo popolo?». Gli dissero: «Se oggi ti mostrerai benevolo verso questo popolo, se l’accontenterai e se dirai loro parole buone, essi ti saranno servi per sempre». Ma egli trascurò il consiglio che gli anziani gli avevano dato e si consultò con i giovani che erano cresciuti con lui ed erano al suo servizio. Domandò loro: «Voi che cosa mi consigliate di rispondere a questo popolo, che mi ha chiesto di alleggerire il giogo imposto loro da mio padre?». I giovani che erano cresciuti con lui gli dissero: «Per rispondere al popolo che si è rivolto a te dicendo: “Tuo padre ha reso pesante il nostro giogo, tu alleggeriscilo!”, di’ loro così: “Il mio mignolo è più grosso dei fianchi di mio padre. Ora, mio padre vi caricò di un giogo pesante, io renderò ancora più grave il vostro giogo; mio padre vi castigò con fruste, io con flagelli”». Geroboamo e tutto il popolo si presentarono a Roboamo il terzo giorno, come il re aveva ordinato dicendo: «Tornate da me il terzo giorno». Il re rispose loro duramente. Il re Roboamo respinse il consiglio degli anziani; egli disse loro, secondo il consiglio dei giovani: «Mio padre ha reso pesante il vostro giogo, io lo renderò ancora più grave; mio padre vi castigò con fruste, io con flagelli».

Il re non ascoltò il popolo, poiché era disposizione divina che il Signore attuasse la parola che aveva rivolta a Geroboamo, figlio di Nebat, per mezzo di Achia di Silo. Tutto Israele, visto che il re non li ascoltava, diede al re questa risposta: «Che parte abbiamo con Davide? Noi non abbiamo eredità con il figlio di Iesse! Ognuno alle proprie tende, Israele! Ora pensa alla tua casa, Davide». Tutto Israele se ne andò alle sue tende.

Sugli Israeliti che abitavano nelle città di Giuda regnò Roboamo. Il re Roboamo mandò Adoràm, che era sovrintendente al lavoro coatto, ma gli Israeliti lo lapidarono ed egli morì. Allora il re Roboamo salì in fretta sul carro per fuggire a Gerusalemme. Israele si ribellò alla casa di Davide fino ad oggi.

 

Da questo punto del libro si narra la Storia dei re di Giuda, secondo la visione, l’interesse e soprattutto la fede e la teologia del Cronista.

Il giudizio che il Cronista ha dato sulla storia e sul regno di Davide e suo figlio Salomone è principalmente un giudizio teologico. Ha taciuto le cose che (per la sua fede e tradizione) non andavano bene, vale a dire: i problemi non risolti, le lotte familiari per il potere, lo stato della gente, le insidie idolatriche intrinseche alle sovrabbondati ricchezze, la fragile unità tra il regno di Giuda e quello del Nord, l’esercizio duro del potere e altro.

Il Cronista, per, lascia che tutto “esploda” con Roboamo, figlio di Salomone. Gli Israeliti, radunati a Sichem (nel centro della Samaria) “per proclamare Roboamo re su Israele (Giudea e Samaria assieme)”  dicono a Roboamo: “Tuo padre ha reso duro il nostro giogo; ora tu alleggerisci la dura servitù di tuo padre e il giogo pesante che egli ci ha imposto, e noi ti serviremo». Roboamo giustamente si consiglia “con gli anziani che erano stati al servizio di Salomone”. Essi lo invitano ad essere “buono col popolo”. Roboamo non è contento, non è di questo parere: in un certo senso si rivolge … “a se stesso”, rivolgendosi “ai giovani che erano cresciuti con lui ed erano al suo servizio”. Essi lo incitano ad essere più duro di suo padre. Purtroppo … “Roboamo respinse il consiglio degli anziani”. [Col proposito di rendere ancora più duro il giogo su Israele, Roboamo assume il carattere del Faraone in Egitto]. La scelta di Roboamo è tanto rozza e stupida che il Cronista è costretto a scrivere: “Il re non ascoltò il popolo (gli anziani rappresentavano il popolo), poiché era disposizione divina che il Signore attuasse la parola che aveva rivolta a Geroboamo (ufficiale di Salomone, fuggito in Egitto e ora ritornato)”. La parola detta a Geroboamo era questa (il Cronista la tace volutamente … perché non se la sente di parlare male di Salomone!). Ecco la parola: “Ciò avverrà (la divisione in due regni) perché mi hanno abbandonato e si sono prostrati davanti ad Astarte … e non hanno camminato sulle mie vie”.

La decisione presa dal partito di Geroboamo (regno del Nord o Israele) è chiara e dura: “Che parte abbiamo con Davide? Noi non abbiamo eredità con il figlio di Iesse! Ognuno alle proprie tende, Israele! Ora pensa alla tua casa, Davide”. Conclusione: “Tutto Israele se ne andò alle sue tende”. Vuol dire che il “tutto Israele” ormai è diviso in due regni: regno di Giuda con Roboamo e regno di Samaria o di Israele (separato) con Geroboamo. C’è non solo divisione, ma odio e morte: “Il re Roboamo mandò Adoram, che era sovrintendente al lavoro coatto, ma i figli di Israele lo lapidarono ed egli morì”. Amara, drammatica realtà è questa: “Israele si ribellò alla casa di Davide fino ad oggi.” L’espressione “fino ad oggi” indica certamente il tempo del Cronista, ma si rivolge ad ogni lettore che avverte divisione nella (sua) storia. E così il “fino ad oggi” è un forte ammonimento alla riconciliazione … per ogni generazione segnata da divisione e odio. [Non fa eccezione la nostra!]

Tutti i re della terra cercavano il volto di Salomone per ascoltare la sapienza di Dio

Giu 13, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

2 Cronache 9,1-31

 La regina di Saba, sentita la fama di Salomone, venne a Gerusalemme per metterlo alla prova con enigmi. Arrivò con un corteo molto numeroso, con cammelli carichi di aromi, d’oro in quantità e di pietre preziose. Si presentò a Salomone e gli parlò di tutto quello che aveva nel suo cuore. Salomone le chiarì tutto quanto ella gli diceva; non ci fu parola tanto nascosta a Salomone che egli non potesse spiegarle. La regina di Saba, quando vide la sapienza di Salomone, la reggia che egli aveva costruito, i cibi della sua tavola, il modo ordinato di sedere dei suoi servi, il servizio dei suoi domestici e le loro vesti, i suoi coppieri e le loro vesti, gli olocausti che egli offriva nel tempio del Signore, rimase senza respiro.

Quindi disse al re: «Era vero, dunque, quanto avevo sentito nel mio paese sul tuo conto e sulla tua sapienza! Io non credevo a quanto si diceva, finché non sono giunta qui e i miei occhi non hanno visto; ebbene non mi era stata riferita neppure una metà della grandezza della tua sapienza! Tu superi la fama che ne ho udita. Beati i tuoi uomini e beati questi tuoi servi, che stanno sempre alla tua presenza e ascoltano la tua sapienza! Sia benedetto il Signore, tuo Dio, che si è compiaciuto di te così da collocarti sul suo trono come re per il Signore tuo Dio. Poiché il tuo Dio ama Israele e intende renderlo stabile per sempre, ti ha posto su di loro come re per esercitare il diritto e la giustizia».

Ella diede al re centoventi talenti d’oro, aromi in gran quantità e pietre preziose. Non ci furono mai tanti aromi come quelli che la regina di Saba diede al re Salomone. Inoltre gli uomini di Curam e quelli di Salomone, che portavano oro da Ofir, recarono legno di sandalo e pietre preziose. Con il legname di sandalo il re fece le scale per il tempio del Signore e per la reggia, cetre e arpe per i cantori; strumenti simili non erano mai stati visti nella terra di Giuda. Il re Salomone diede alla regina di Saba quanto lei desiderava e aveva domandato, oltre l’equivalente di quanto aveva portato al re. Quindi ella si mise in viaggio e tornò nel suo paese con i suoi servi.

Il peso dell’oro che giungeva a Salomone ogni anno era di seicentosessantasei talenti d’oro, senza contare quanto ne proveniva dai mercanti e dai commercianti; tutti i re dell’Arabia e i governatori della regione portavano a Salomone oro e argento. Il re Salomone fece duecento scudi grandi d’oro battuto, per ognuno dei quali adoperò seicento sicli d’oro battuto, e trecento scudi piccoli d’oro battuto, per ognuno dei quali adoperò trecento sicli d’oro. Il re li collocò nel palazzo della Foresta del Libano. Inoltre, il re fece un grande trono d’avorio, che rivestì d’oro puro. Il trono aveva sei gradini e uno sgabello d’oro. Vi erano braccioli da una parte e dall’altra del sedile e due leoni che stavano a fianco dei braccioli. Dodici leoni si ergevano di qua e di là, sui sei gradini; una cosa simile non si era mai fatta in nessun regno. Tutti i vasi per le bevande del re Salomone erano d’oro, tutti gli arredi del palazzo della Foresta del Libano erano d’oro fino; nessuno era in argento, perché ai giorni di Salomone non valeva nulla. Difatti le navi del re andavano a Tarsis, guidate dai marinai di Curam; ogni tre anni le navi di Tarsis arrivavano portando oro, argento, zanne d’elefante, scimmie e pavoni.

Il re Salomone fu più grande, per ricchezza e sapienza, di tutti i re della terra. Tutti i re della terra cercavano il volto di Salomone, per ascoltare la sapienza che Dio aveva messo nel suo cuore. Ognuno gli portava, ogni anno, il proprio tributo, oggetti d’argento e oggetti d’oro, vesti, armi, aromi, cavalli e muli. Salomone aveva quattromila stalle per i suoi cavalli e i suoi carri e dodicimila cavalli da sella, distribuiti nelle città per i carri e presso il re a Gerusalemme. Egli dominava su tutti i re, dal Fiume alla regione dei Filistei e al confine con l’Egitto. Il re fece sì che a Gerusalemme l’argento abbondasse come le pietre e rese il legname di cedro tanto comune quanto i sicomòri che crescono nella Sefela. Da Musri e da tutti i paesi si importavano cavalli per Salomone.

Le altre gesta di Salomone, dalle prime alle ultime, non sono forse descritte negli atti del profeta Natan, nella profezia di Achia di Silo e nelle visioni del veggente Iedo riguardo a Geroboamo, figlio di Nebat? Salomone regnò a Gerusalemme su tutto Israele quarant’anni. Salomone si addormentò con i suoi padri e lo seppellirono nella Città di Davide, suo padre; al suo posto divenne re suo figlio Roboamo.

 

“La regina di Saba, sentita la fama di Salomone, venne a Gerusalemme per metterlo alla prova con enigmi.” Saba corrisponde all’attuale Yemen nel sud dell’Arabia. La visita della regina di Saba viene qui riportata dal Cronista per mettere in evidenza la grandezza, la saggezza, la ricchezza e la fama del re. L’idea centrale sembra essere il riconoscimento dell’eccezionalità di Salomone da parte dei re vicini [Anche Gesù riconosce Salomone come un grandissimo personaggio, però dice: “Vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro (sono i gigli del campo … vestiti da Dio stesso!)” (Mt 6,29). D’altra parte, di Gesù dodicenne si scrive: “Trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava” (Luca 2,46)]

Ciò che fa grande una persona, specialmente in Oriente, è la sapienza estesa in ogni campo, come si vede da questo brano. La regina di Saba venne a Gerusalemme per mettere di fronte a Salomone “ingegnose questioni”. Le questioni sono quelle che stanno nel “cuore”, nel più profondo della mente umana. Paradossalmente sono le cose più semplici e di sempre: la piccola storia della vita quotidiana che scorre, ma anche la grande storia degli uomini e del creato … quante questioni, quanti enigmi pongono! “Salomone le chiarì tutto quanto ella gli diceva; non ci fu parola tanto nascosta a Salomone che egli non potesse spiegarle”.

Ma la regina non si ferma alle questioni/enigmi. Riconosce Salomone come re scelto da Dio per un popolo. Per questo Dio lo ha arricchito di ogni dono e ogni bene: “perché possa esercitare il diritto e la giustizia”. È nel giudicare un popolo che si rivela la sapienza. Ci chiediamo: a chi pensava il Cronista quando scriveva queste cose straordinarie (verosimili, ma non storiche)? Pensava al futuro, e quindi, in un certo senso … profetava. Pensava alla Guida/Dio, al Re/Messia e al Regno realizzato in un Culto di lode, di gioia e di amore. Si tratta, dunque, di una prospettiva escatologica. E per il tempo dei suoi contemporanei, cosa voleva dire il Cronista? Che la sapienza sta in tutto Israele, perché ha accolto la vera sapienza che è la Parola di Dio. “Dio ha scoperto ogni via della sapienza e l’ha data a Giacobbe suo servo, a Israele, suo amato. Per questo è apparsa sulla terra e ha vissuto tra gli uomini. Essa è il libro dei decreti di Dio e la legge che sussiste in eterno” (Baruc 3,37s).

“Il re Salomone diede alla regina di Saba quanto lei desiderava e aveva domandato, oltre l’equivalente di quanto aveva portato al re. Quindi ella si mise in viaggio e tornò nel suo paese con i suoi servi.” Leggiamo in questa conclusione l’idea e la realtà di uno scambio fecondo, uno scambio che arricchisce abbondantemente i popoli: “ella si mise in viaggio e tornò nel suo paese con i suoi servi”. Pensiamo anche alla storia dei magi!

[I più curiosi o i più “perplessi” vadano a leggere Qoelet 1,12-2,11. È Salomone che parla di se stesso: pensiamo a cosa dice riguardo alla eccezionalità della sua vita!]

Così fu realizzata tutta l’opera di Salomone

Giu 12, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

2 Cronache 8,1-18 

Passati i vent’anni durante i quali aveva costruito il tempio del Signore e la reggia, Salomone ricostruì le città che Curam gli aveva dato e vi stabilì gli Israeliti. Salomone andò a Camat di Soba e la occupò. Egli ricostruì Tadmor nel deserto e tutte le città dei magazzini, che aveva costruito in Camat. Riedificò Bet-Oron superiore e Bet-Oron inferiore, fortezze con mura, battenti e catenacci. Lo stesso fece con Baalàt, con tutte le città dei magazzini che gli appartenevano e con tutte le città per i carri e per i cavalli e costruì a Gerusalemme, nel Libano e in tutto il territorio del suo dominio tutto ciò che gli piacque.

Quanti rimanevano degli Ittiti, degli Amorrei, dei Perizziti, degli Evei e dei Gebusei, che non erano Israeliti, e cioè i loro discendenti rimasti dopo di loro nella terra, coloro che gli Israeliti non avevano distrutto, Salomone li arruolò per il lavoro coatto, come accade ancora oggi. Ma degli Israeliti Salomone non fece schiavo nessuno per i suoi lavori, perché essi erano guerrieri, comandanti dei suoi scudieri, comandanti dei suoi carri e dei suoi cavalieri. I comandanti dei prefetti del re Salomone erano duecentocinquanta e dirigevano il popolo. Salomone trasferì la figlia del faraone dalla Città di Davide alla casa che le aveva fatto costruire, perché pensava: «Non deve abitare una mia donna nella casa di Davide, re d’Israele, perché è santo ogni luogo in cui ha sostato l’arca del Signore».

In quel tempo Salomone offrì olocausti al Signore sull’altare del Signore, che aveva fatto costruire di fronte al vestibolo. Secondo il rituale quotidiano offriva olocausti conformemente al comando di Mosè, nei sabati, nei noviluni e nelle tre feste dell’anno, cioè nella festa degli Azzimi, nella festa delle Settimane e nella festa delle Capanne. Secondo le disposizioni di Davide, suo padre, stabilì le classi dei sacerdoti per il loro servizio. Anche per i leviti dispose che nel loro ufficio lodassero Dio e assistessero i sacerdoti ogni giorno; ai portieri nelle loro classi assegnò le singole porte, perché così aveva comandato Davide, uomo di Dio. Non si allontanarono in nulla dalle disposizioni del re Davide riguardo ai sacerdoti e ai leviti; lo stesso avvenne riguardo ai tesori.

Così fu realizzata tutta l’opera di Salomone, da quando si gettarono le fondamenta del tempio del Signore fino al compimento definitivo del tempio del Signore. Allora Salomone andò a Esion-Ghèber e a Elat, sulla riva del mare, nel territorio di Edom. Curam per mezzo dei suoi marinai gli mandò alcune navi e uomini esperti del mare. Costoro, insieme con i marinai di Salomone, andarono a Ofir e di là presero quattrocentocinquanta talenti d’oro e li portarono al re Salomone.

Il Cronista presenta il secondo periodo della vita di Salomone (2Cr 8,1-9,31) – il secondo ventennio – dedicandogli però solo meno di un terzo dello spazio riservato alla presentazione del primo ventennio del suo regno. Il re ha raggiunto ormai lo scopo della sua vita: la costruzione del tempio. Ora può sperimentare gli abbondanti benefici per aver eseguito fedelmente il comando di Dio: riconoscimento universale, armoniose relazioni con gli stati vicini, aumento del commercio, prosperità senza paralleli in Israele e nel mondo …

Ecco i temi presentati nel testo di oggi (che va letto strettamente legato a quello di domani). “Salomone ricostruì le città …”. Salomone è un grande costruttore, soprattutto di città-fortezze e quindi città-magazzino per il commercio (militare e civile) sia all’interno che all’esterno di Israele [Tra le città, Tadmor da molti è riconosciuta come l’attuale Palmira nel deserto siriano]. Chi faceva lavori così grandi? Non gli Israeliti, ma i discendenti dei popoli … “distrutti” al tempo della conquista della terra di Canaan da parte di Giosuè. [Il libro di Giosuè, che fa più teologia che storia, riferisce riguardo a questi popoli: “Furono tutti sterminati, non ne rimase neppure uno”. Il Cronista conosce bene queste fonti e, per non contraddirle, le ignora! E allora? Vuol dire (è una considerazione di tipo storico) che non c’è mai stato un reale sterminio dei sei popoli quando Israele entrò nella terra di Canaan, e nemmeno una conquista fulminea. C’è stata, invece, … una normale, lenta e anche faticosa penetrazione nella terra, con alterne vittorie e sconfitte … fino al tempo del Cronista con la cacciata dei Greci] Per concludere, i discendenti dei popoli “distrutti” erano stati chiamati ai “lavori”: lavoratori schiavi, non pagati o pagati male! “Salomone costruì (a parte) una casa alla figlia di Faraone” che era una delle sue mogli.

Salomone e il servizio al tempio. Il Cronista insiste di nuovo sull’aspetto cultuale dell’opera di Salomone. “Secondo il rituale quotidiano offriva olocausti conformemente al comando di Mosè, nei sabati, nei noviluni e nelle tre feste dell’anno, cioè nella festa degli Azzimi (Pasqua), nella festa delle Settimane (Pentecoste) e nella festa delle Capanne.” [Al Cronista piace ricordare che Salomone agiva “conforme al comando di Mosè”. Vuol far capire al lettore che così bisogna fare … sempre!]

Infine: “Non si allontanarono in nulla dalle disposizioni del re Davide riguardo ai sacerdoti e ai leviti; lo stesso avvenne riguardo ai tesori.” Conclusione di tutto: “Così fu realizzata tutta l’opera di Salomone, da quando si gettarono le fondamenta del tempio del Signore fino al compimento definitivo del tempio del Signore.”

Un’ultima cosa: l’attività oceanica di Salomone. Salomone non era un uomo di mare; Curam del popolo dei Fenici, sì. Ebbene, “Curam per mezzo dei suoi marinai gli mandò alcune navi e uomini esperti del mare”. E allora gli uomini di Salomone coi Fenici “andarono a Ofir (Mar Rosso – Eilat – Yemen) dove presero e portarono a Salomone più di quindici tonnellate d’oro.” Tutto e solo … per il tempio?!

Mi sono scelto questo luogo come casa ove abitare

Giu 11, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

2 Cronache 7,1-22

Appena Salomone ebbe finito di pregare, cadde dal cielo il fuoco, che consumò l’olocausto e le altre vittime, mentre la gloria del Signore riempiva il tempio. I sacerdoti non potevano entrare nel tempio del Signore, perché la gloria del Signore lo riempiva. Tutti gli Israeliti, quando videro scendere il fuoco e la gloria del Signore sul tempio, si prostrarono con la faccia a terra sul pavimento, adorarono e celebrarono il Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre. Il re e tutto il popolo offrirono un sacrificio davanti al Signore. Il re Salomone offrì in sacrificio ventiduemila giovenchi e centoventimila pecore; così il re e tutto il popolo dedicarono il tempio di Dio. I sacerdoti attendevano al servizio e così pure i leviti, con tutti gli strumenti musicali che il re Davide aveva fatto per celebrare il Signore, perché il suo amore è per sempre, quando salmodiava per mezzo loro. I sacerdoti suonavano le trombe di fronte ai leviti, mentre tutti gli Israeliti stavano in piedi.

Salomone consacrò il centro del cortile che era di fronte al tempio del Signore; infatti lì offrì gli olocausti e il grasso dei sacrifici di comunione, perché l’altare di bronzo, eretto da Salomone, non poteva contenere l’olocausto, l’offerta e i grassi. In quel tempo Salomone celebrò la festa per sette giorni: tutto Israele, dall’ingresso di Camat al torrente di Egitto, un’assemblea grandissima, era con lui. Nel giorno ottavo ci fu una riunione solenne, essendo durata la dedicazione dell’altare sette giorni e sette giorni anche la festa. Il ventitré del settimo mese Salomone congedò il popolo, perché tornasse alle sue tende contento e con la gioia nel cuore per il bene concesso dal Signore a Davide, a Salomone e a Israele, suo popolo. Salomone terminò il tempio del Signore e la reggia; attuò quanto aveva deciso di fare nel tempio del Signore e nella propria reggia.

Il Signore apparve di notte a Salomone e gli disse: «Ho ascoltato la tua preghiera; mi sono scelto questo luogo come casa ove sacrificare. Se chiuderò il cielo e non ci sarà più pioggia, se comanderò alle cavallette di divorare la campagna e se invierò la peste in mezzo al mio popolo, se il mio popolo, sul quale è stato invocato il mio nome, si umilierà, pregherà e ricercherà il mio volto, e si convertirà dalle sue vie malvagie, ascolterò dal cielo e perdonerò il suo peccato e risanerò la sua terra. Ora i miei occhi saranno aperti e i miei orecchi attenti alla preghiera fatta in questo luogo. Ora io mi sono scelto e ho consacrato questa casa perché il mio nome vi resti sempre; i miei occhi e il mio cuore saranno là tutti i giorni. Quanto a te, se camminerai davanti a me come ha camminato Davide, tuo padre, facendo quanto ti ho comandato, e osserverai le mie leggi e le mie norme, io stabilirò il trono del tuo regno come ho promesso a Davide, tuo padre, dicendo: “Non ti sarà tolto un discendente che regni in Israele”. Ma se voi devierete e abbandonerete le leggi e le norme che io vi ho proposto, se andrete a servire altri dèi e a prostrarvi davanti a loro, vi sterminerò dalla terra che vi ho dato, ripudierò questo tempio che ho consacrato al mio nome, lo renderò la favola e lo zimbello di tutti i popoli. Questo tempio sarà una rovina; chiunque vi passerà accanto resterà sbigottito e si domanderà: “Perché il Signore ha agito così con questa terra e con questo tempio?”. Si risponderà: “Perché hanno abbandonato il Signore, Dio dei loro padri, che li aveva fatti uscire dalla terra d’Egitto, e si sono legati a dèi stranieri, prostrandosi davanti a loro e servendoli. Per questo egli ha fatto venire su di loro tutta questa sciagura”».

 

Nella prima parte del brano, si trova un grandioso intervento divino che corona la festività: un fuoco celeste che consumava i sacrifici sull’altare, mentre la gloria del Signore – una nube d’incenso – continuava a riempire il tempio, nel quale i sacerdoti non riuscivano ad entrare. La nube/gloria, come anche i sacerdoti sono un “segno” della presenza efficace di Dio [come abbiamo detto e letto da poco, resta che: “la dimora di Dio è in cielo”]. Tuttavia è scritto: “Ora io mi sono scelto e ho consacrato questa casa perché il mio nome vi resti sempre; i miei occhi e il mio cuore saranno là tutti i giorni”. La nube era visibile all’esterno da tutti gli Israeliti: era la manifestazione della presenza del Signore del mondo (cielo e terra). Per questo, “Tutti gli Israeliti, quando videro scendere il fuoco e la gloria del Signore sul tempio, si prostrarono con la faccia a terra sul pavimento, adorarono e celebrarono il Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre”.

Come avviene la dedicazione nella festa? a) “Il re e tutto il popolo offrirono un grande sacrificio davanti al Signore … e così dedicarono il tempio di Dio”. Sacrificio abbondantissimo: ventiduemila buoi e centoventimila pecore (questo comportava banchetti con gioia grande di tutto il popolo!). b) “I sacerdoti attendevano al servizio e così pure i leviti con gli strumenti musicali che il re Davide aveva costruito per il canto sacro ed eseguivano l’inno/salmo insegnato da Davide: perché il suo amore è per sempre”. [Con questo ritornello il Cronista sembra voler sintetizzare in una parola tutto il Salterio: l’amore eterno del Signore] c) “Salomone consacrò il centro del cortile esterno, perché l’altare di bronzo non era sufficiente per i tanti sacrifici. d) “In quel tempo Salomone celebrò la festa per sette giorni: si radunò attorno a lui un’assemblea grandissima venuta da ogni parte”. e) “Dopo sette giorni per la consacrazione dell’altare e altri sette per la festa, l’ultimo giorno (ottavo giorno) ci fu una celebrazione conclusiva. f) “Il ventitré del settimo mese Salomone congedò il popolo, perché tornasse alle sue tende contento e con la gioia nel cuore per il bene concesso dal Signore a Davide, a Salomone e a Israele, suo popolo.” Notiamo una cosa che spereremmo valida anche per noi: a seguito della celebrazione il popolo va a casa … gioioso e buono di cuore.

“Il Signore apparve di notte a Salomone.” Il testo di oggi termina con la risposta del Signore alla preghiera. Si possono sottolineare due temi. A) Secondo il Cronista, prima che un popolo, il Signore ha scelto un luogo di lode, una “casa ove sacrificare”. Cioè, poiché avviene (in realtà è sempre avvenuto!) che il popolo si stanca, si inorgoglisce, pecca, … se si converte e prega nel luogo che il Signore ha scelto (tempio di Gerusalemme) Dio lo ascolta e perdona: lo rifà come popolo e così permane come popolo del Signore. Comunque, la scelta del luogo è in funzione del popolo per preservarlo, e non viceversa. È il popolo che ha bisogno della casa di Dio in mezzo alle sue case, e non Dio che ha bisogno di una casa. B) “Se voi devierete e abbandonerete il Signore … vi sterminerò dalla terra che vi ho dato, ripudierò questo tempio che ho consacrato al mio nome, lo renderò la favola e lo zimbello di tutti i popoli.” Il Cronista ha negli occhi e nel cuore la distruzione del tempio dovuta a Nabucodonosor. Nello stesso tempo scrive quando i Maccabei hanno appena ripreso Gerusalemme e dedicato il tempio (meglio, l’altare) che era stato profanato. Il Cronista ha la volontà di animare il popolo facendo del tempio e del culto l’attività che salverà il popolo da un nuovo disastro. I rischi rappresentati dalla cultura greca (ellenismo) ci sono tutti, l’idolatria o l’assimilazione ai popoli è una via facile e a portata. Ripensare dunque a Davide non più come “guerriero”, ma come “cantore” della lode a Dio, darà forza per resistere. E si resiste se si è uniti nella fede, obbedienti ai comandi del Signore … in un luogo/assemblea/chiesa (non più nel tempio storico).

Stese le mani verso il cielo e disse

Giu 10, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

2 Cronache 6,13-42

Salomone, infatti, aveva eretto una tribuna di bronzo e l’aveva collocata in mezzo al grande cortile; era lunga cinque cubiti, larga cinque e alta tre. Egli vi salì e si inginocchiò di fronte a tutta l’assemblea d’Israele. Stese le mani verso il cielo e disse: «Signore, Dio d’Israele, non c’è un Dio come te in cielo e sulla terra. Tu mantieni l’alleanza e la fedeltà verso i tuoi servi che camminano davanti a te con tutto il loro cuore. Tu hai mantenuto nei riguardi del tuo servo Davide, mio padre, quanto gli avevi promesso; quanto avevi detto con la bocca l’hai adempiuto con la tua mano, come appare oggi. Ora, Signore, Dio d’Israele, mantieni nei riguardi del tuo servo Davide, mio padre, quanto gli hai promesso, dicendo: “Non ti mancherà mai un discendente che stia davanti a me e sieda sul trono d’Israele, purché i tuoi figli veglino sulla loro condotta camminando secondo la mia legge, come hai camminato tu davanti a me”. Ora, Signore, Dio d’Israele, si adempia la tua parola, che hai rivolto al tuo servo Davide!

Ma è proprio vero che Dio abita con gli uomini sulla terra? Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruito! Volgiti alla preghiera del tuo servo e alla sua supplica, Signore, mio Dio, per ascoltare il grido e la preghiera che il tuo servo innalza davanti a te! Siano aperti i tuoi occhi giorno e notte verso questa casa, verso il luogo dove hai promesso di porre il tuo nome, per ascoltare la preghiera che il tuo servo innalza in questo luogo. Ascolta le suppliche del tuo servo e del tuo popolo Israele, quando pregheranno in questo luogo. Ascoltali dal luogo della tua dimora, dal cielo; ascolta e perdona!

Se uno pecca contro il suo prossimo e, perché gli è imposto un giuramento imprecatorio, viene a giurare davanti al tuo altare in questo tempio, tu ascoltalo dal cielo, intervieni e fa’ giustizia con i tuoi servi; condanna il malvagio, facendogli ricadere sul capo la sua condotta, e dichiara giusto l’innocente, rendendogli quanto merita la sua giustizia. Quando il tuo popolo Israele sarà sconfitto di fronte al nemico perché ha peccato contro di te, ma si converte e loda il tuo nome, prega e supplica davanti a te in questo tempio, tu ascolta dal cielo, perdona il peccato del tuo popolo Israele e fallo tornare sul suolo che hai dato a loro e ai loro padri. Quando si chiuderà il cielo e non ci sarà pioggia perché hanno peccato contro di te, ma ti pregano in questo luogo, lodano il tuo nome e si convertono dal loro peccato perché tu li hai umiliati, tu ascolta nel cielo, perdona il peccato dei tuoi servi e del tuo popolo Israele, ai quali indicherai la strada buona su cui camminare, e concedi la pioggia alla terra che hai dato in eredità al tuo popolo. Quando nella terra ci sarà fame o peste, carbonchio o ruggine, invasione di locuste o di bruchi, quando il suo nemico lo assedierà nel territorio delle sue città o quando vi sarà piaga o infermità d’ogni genere, ogni preghiera e ogni supplica di un solo individuo o di tutto il tuo popolo Israele, di chiunque abbia patito piaga e dolore e stenda le mani verso questo tempio, tu ascoltala dal cielo, luogo della tua dimora, perdona e da’ a ciascuno secondo la sua condotta, tu che conosci il suo cuore, poiché solo tu conosci il cuore degli uomini, perché ti temano e camminino nelle tue vie tutti i giorni della loro vita sul suolo che hai dato ai nostri padri. Anche lo straniero, che non è del tuo popolo Israele, se viene da una terra lontana a causa del tuo grande nome, della tua mano potente e del tuo braccio teso, se egli viene a pregare in questo tempio, tu ascolta dal cielo, luogo della tua dimora, e fa’ tutto quello per cui ti avrà invocato lo straniero, perché tutti i popoli della terra conoscano il tuo nome, ti temano come il tuo popolo Israele e sappiano che il tuo nome è stato invocato su questo tempio che io ho costruito. Quando il tuo popolo uscirà in guerra contro i suoi nemici, seguendo la via sulla quale l’avrai mandato, e ti pregheranno rivolti verso questa città che tu hai scelto e verso il tempio che ho costruito al tuo nome, ascolta dal cielo la loro preghiera e la loro supplica e rendi loro giustizia. Quando peccheranno contro di te, poiché non c’è nessuno che non pecchi, e tu, adirato contro di loro, li consegnerai a un nemico e i loro conquistatori li deporteranno in una terra lontana o vicina, se nella terra in cui saranno deportati, rientrando in se stessi, torneranno a te, supplicandoti nella terra della loro prigionia, dicendo: “Abbiamo peccato, siamo colpevoli, siamo stati malvagi”, se torneranno a te con tutto il loro cuore e con tutta la loro anima nella terra della loro prigionia dove li avranno deportati, e supplicheranno rivolti verso la loro terra che tu hai dato ai loro padri, verso la città che tu hai scelto e verso il tempio che io ho costruito al tuo nome, tu ascolta dal cielo, luogo della tua dimora, la loro preghiera e la loro supplica e rendi loro giustizia. Perdona al tuo popolo che ha peccato contro di te.

Ora, mio Dio, i tuoi occhi siano aperti e le tue orecchie attente alla preghiera innalzata in questo luogo. Ora sorgi, Signore Dio, verso il luogo del tuo riposo, tu e l’arca della tua potenza. I tuoi sacerdoti, Signore Dio, si rivestano di salvezza e i tuoi fedeli gioiscano nella prosperità. Signore Dio, non respingere il volto del tuo consacrato; ricòrdati i favori fatti a Davide, tuo servo».

 

Preghiera di Salomone. Salomone vuole essere visto e udito nell’esercizio del culto,  per questo, fa una tribuna nel cortile fuori dal tempio dove possono stare tutti gli Israeliti: sale, si inginocchia, alza le mani, dice.

Salomone riconosce che Dio ha fatto promesse e le ha mantenute: “Tu mantieni l’alleanza e la fedeltà verso i tuoi servi che camminano davanti a te con tutto il cuore. [L’alleanza suppone e sta in piedi solo se c’è fedeltà reciproca] Qui, Salomone riconosce che Dio è fedele, anzi, che è “unico” nell’essere fedele. Manifesta, poi, stupore: “E’ mai possibile che “colui che i cieli e i cieli dei cieli non possono contenere” abiti la terra e stia in una casa? Certo che no! Però, Dio “volge lo sguardo=si interessa” dell’umanità intera e della casa che io ho costruita. E allora: “volgi lo sguardo (lett. tieni aperti gli occhi, stai attento … giorno e notte!), ascolta il grido e la preghiera che il tuo servo innalza davanti a te in questo luogo”. Dunque, Dio non abita nel tempio …  ma semplicemente stabilisce un luogo di appuntamento con l’umanità, come dire: ci troviamo e parliamo là! Nello stesso tempo viene aggiunto, con finezza teologica: “dal luogo della tua dimora, (cioè) dal cielo; ascolta e perdona!”

Su chi e dove Dio volge lo sguardo? Il Cronista ha in mente la storia, quella piccola e quella universale. Dio deve guardare le cose “come stanno” e “dove stanno”. Il Cronista presenta sette situazioni. È molto interessante notare che si incomincia dal peccato, e dal peccato contro il prossimo, in giudizio. Interessante anche il caso di guerra, di una guerra … sempre persa dal popolo! Persa, perché? Perché siamo sempre peccatori! Se le persone si convertono (accettando l’appuntamento in questo luogo), “tu, ascolta e perdona! Poi, capita che non piove … sempre perché si pecca. Se si convertono, ascolta e perdona! Fame e peste con tanta sofferenza dell’umanità … “Tu che conosci i cuori, ascolta e perdona! [Conoscere il cuore è sinonimo di perdonare]. La situazione più nuova e più bella è quella dello straniero “che non è del tuo popolo Israele, se viene da una terra lontana … se viene a pregare in questo tempio, tu ascoltalo dal cielo, luogo della tua dimora, e fa tutto quello per cui ti avrà invocato lo straniero”. Bellissima anche la conclusione: “Perché tutti i popoli della terra conoscano il tuo nome, ti temano come il tuo popolo Israele e sappiano che il tuo nome è stato invocato su questo tempio che io ho costruito.” [Una lettura cristiana ci dice che Cristo è il vero tempio, e che ogni popolo o persona che si rivolge a Dio nella fede in Cristo … è ascoltato e perdonato]

La gloria del Signore riempiva il tempio di Dio

Giu 9, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano
2 Cronache 5,2-6,12

Salomone allora convocò in assemblea a Gerusalemme gli anziani d’Israele e tutti i capitribù, i prìncipi dei casati degli Israeliti, per far salire l’arca dell’alleanza del Signore dalla Città di Davide, cioè da Sion. Si radunarono presso il re tutti gli Israeliti nel settimo mese, durante la festa. Quando furono giunti tutti gli anziani d’Israele, i leviti sollevarono l’arca e fecero salire l’arca, con la tenda del convegno e con tutti gli oggetti sacri che erano nella tenda; li facevano salire i sacerdoti leviti. Il re Salomone e tutta la comunità d’Israele, convenuta presso di lui, immolavano davanti all’arca pecore e giovenchi, che non si potevano contare né si potevano calcolare per la quantità. I sacerdoti introdussero l’arca dell’alleanza del Signore al suo posto nel sacrario del tempio, nel Santo dei Santi, sotto le ali dei cherubini. Difatti i cherubini stendevano le ali sul luogo dell’arca; i cherubini, cioè, coprivano l’arca e le sue stanghe dall’alto. Le stanghe sporgevano e le punte delle stanghe si vedevano dall’arca di fronte al sacrario, ma non si vedevano di fuori. Vi è rimasta fino ad oggi. Nell’arca non c’era nulla se non le due tavole, che vi aveva posto Mosè sull’Oreb, dove il Signore concluse l’alleanza con gli Israeliti quando uscirono dall’Egitto.
Appena i sacerdoti furono usciti dal santuario – tutti i sacerdoti presenti infatti si erano santificati senza badare alle classi – mentre tutti i leviti cantori, cioè Asaf, Eman, Iedutùn e i loro figli e fratelli, vestiti di bisso, con cimbali, arpe e cetre stavano in piedi a oriente dell’altare e mentre presso di loro centoventi sacerdoti suonavano le trombe, avvenne che, quando i suonatori e i cantori fecero udire all’unisono la voce per lodare e celebrare il Signore e il suono delle trombe, dei cimbali e degli altri strumenti si levò per lodare il Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre, allora il tempio, il tempio del Signore, si riempì di una nube, 14e i sacerdoti non poterono rimanervi per compiere il servizio a causa della nube, perché la gloria del Signore riempiva il tempio di Dio.

Allora Salomone disse: «Il Signore ha deciso di abitare nella nube oscura. Ti ho costruito una casa eccelsa, un luogo per la tua dimora in eterno». Il re si voltò e benedisse tutta l’assemblea d’Israele, mentre tutta l’assemblea d’Israele stava in piedi, e disse: «Benedetto il Signore, Dio d’Israele, che ha adempiuto con le sue mani quanto con la bocca ha detto a Davide, mio padre: “Da quando feci uscire il mio popolo dalla terra d’Egitto, io non ho scelto una città fra tutte le tribù d’Israele per costruire una casa, perché vi dimorasse il mio nome, e non ho scelto nessuno perché fosse condottiero del mio popolo Israele; 6ma ho scelto Gerusalemme perché vi dimori il mio nome e ho scelto Davide perché governi il mio popolo Israele”. Davide, mio padre, aveva deciso di costruire una casa al nome del Signore, Dio d’Israele, 8ma il Signore disse a Davide, mio padre: “Poiché hai deciso di costruire una casa al mio nome, hai fatto bene a deciderlo; solo che non costruirai tu la casa, ma tuo figlio, che uscirà dai tuoi fianchi, lui costruirà una casa al mio nome”. Il Signore ha attuato la parola che aveva pronunciato: sono succeduto infatti a Davide, mio padre, e siedo sul trono d’Israele, come aveva preannunciato il Signore, e ho costruito la casa al nome del Signore, Dio d’Israele. Vi ho collocato l’arca, dove c’è l’alleanza che il Signore aveva concluso con gli Israeliti». Egli si pose poi davanti all’altare del Signore, di fronte a tutta l’assemblea d’Israele, e stese le mani.  

 

La costruzione del tempio è terminata. Resta che il tempio deve … vivere, e vive soltanto con la presenza del Signore, rappresentata dall’arca dell’alleanza che, appunto, sarà fatta …“salire”.

“Salomone allora convocò in assemblea a Gerusalemme gli anziani d’Israele e tutti i capitribù, i prìncipi dei casati degli Israeliti, per far salire l’arca dell’alleanza del Signore dalla Città di Davide, cioè da Sion”. È tutto il popolo convocato che si muove con l’arca, ma solo i Leviti la portano, come aveva ordinato Davide. “I sacerdoti introdussero l’arca dell’alleanza del Signore al suo posto nel sacrario del tempio, nel Santo dei Santi, sotto le ali dei cherubini”. Il trasporto avvenne “nel settimo mese (settembre o ottobre)”. Secondo il calendario tradizionale ebraico “in questo mese” iniziava l’anno nuovo. Questo nuovo inizio era sostenuto da una esperienza di conversione interiore di tutta la comunità: il 10 del mese cadeva infatti il “Giorno dell’espiazione (Jom Kippur)”. Era dunque il tempo più appropriato per questo evento. Il trasporto dell’arca avvenne “nella festa (è la festa delle Capanne, che ricorda l’Esodo)”. “Nell’arca non c’era nulla se non le due tavole, che vi aveva posto Mosè sull’Oreb, dove il Signore concluse l’alleanza con gli Israeliti quando uscirono dall’Egitto.” Attenzione! L’arca è posta nel luogo più santo (detto Santissimo o Santo dei Santi), ma dentro all’arca ci sono le parole del Signore: sono le parole sante del Signore che rendono quel luogo … Santissimo. Per cui: ogni “onore” dato al tempio deve arrivare alle “parole del Signore”; l’onore, poi, deve trasformarsi in “ascolto” e l’ascolto in “obbedienza delle parole”: un’obbedienza che fa e sostiene una “alleanza”. Il Cronista dice una cosa che è vera soltanto come citazione delle fonti: dell’arca dice che “vi è rimasta fino ad oggi”. In realtà l’arca “scompare” con la distruzione del tempio nel sesto secolo a.C. E però ha una qualche ragione: la parola del Signore rimane fino ad oggi!

“Il tempio del Signore si riempì di una nube, e i sacerdoti non potevano rimanervi per compiere il servizio a causa della nube, perché la gloria del Signore riempiva il tempio”. C’è il canto, c’è il suono, c’è la tromba e degli altri strumenti per “lodare il Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre”. È tutto bello e santo …, ma la nostra lode (che ci vuole!) è provvisoria, non dura sempre … Viene il Signore stesso (la nube): lui “è” la lode che non passa!

“Il re si voltò e benedisse tutta l’assemblea d’Israele, mentre tutta l’assemblea d’Israele stava in piedi, e disse: “Benedetto il Signore che ha scelto Gerusalemme perché vi dimori il suo nome e ha scelto Davide perché governi il mio popolo d’Israele … Ha attuato la parola che aveva pronunciato: sono succeduto a Davide e ho costruito la casa del Signore.” Il Signore va benedetto perché realizza sempre la sua parola. Questo lo dice Salomone, questo dovremmo dirlo noi, sempre, anche quando la storia lo smentisce: è qui che si gioca la fede!