Quando un uomo colpisce …

Apr 18, 2024 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Esodo 21,12-37
12Colui che colpisce un uomo causandone la morte, sarà messo a morte. 13Se però non ha teso insidia, ma Dio glielo ha fatto incontrare, io ti fisserò un luogo dove potrà rifugiarsi. 14Ma se un uomo aveva premeditato di uccidere il suo prossimo con inganno, allora lo strapperai anche dal mio altare, perché sia messo a morte.
15Colui che percuote suo padre o sua madre, sarà messo a morte.
16Colui che rapisce un uomo, sia che lo venda sia che lo si trovi ancora in mano sua, sarà messo a morte.
17Colui che maledice suo padre o sua madre, sarà messo a morte.
18Quando alcuni uomini litigano e uno colpisce il suo prossimo con una pietra o con il pugno e questi non muore, ma deve mettersi a letto, 19se poi si alza ed esce con il bastone, chi lo ha colpito sarà ritenuto innocente, ma dovrà pagare il riposo forzato e assicurargli le cure.
20Quando un uomo colpisce con il bastone il suo schiavo o la sua schiava e gli muore sotto le sue mani, si deve fare vendetta. 21Ma se sopravvive un giorno o due, non sarà vendicato, perché è suo denaro.
22Quando alcuni uomini litigano e urtano una donna incinta, così da farla abortire, se non vi è altra disgrazia, si esigerà un’ammenda, secondo quanto imporrà il marito della donna, e il colpevole pagherà attraverso un arbitrato. 23Ma se segue una disgrazia, allora pagherai vita per vita: 24occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, 25bruciatura per bruciatura, ferita per ferita, livido per livido.
26Quando un uomo colpisce l’occhio del suo schiavo o della sua schiava e lo acceca, darà loro la libertà in compenso dell’occhio. 27Se fa cadere il dente del suo schiavo o della sua schiava, darà loro la libertà in compenso del dente.
28Quando un bue cozza con le corna contro un uomo o una donna e ne segue la morte, il bue sarà lapidato e non se ne mangerà la carne. Però il proprietario del bue è innocente. 29Ma se il bue era solito cozzare con le corna già prima e il padrone era stato avvisato e non lo aveva custodito, se ha causato la morte di un uomo o di una donna, il bue sarà lapidato e anche il suo padrone dev’essere messo a morte. 30Se invece gli viene imposto un risarcimento, egli pagherà il riscatto della propria vita, secondo quanto gli verrà imposto. 31Se cozza con le corna contro un figlio o se cozza contro una figlia, si procederà nella stessa maniera. 32Se il bue colpisce con le corna uno schiavo o una schiava, si darà al suo padrone del denaro, trenta sicli, e il bue sarà lapidato.
33Quando un uomo lascia una cisterna aperta oppure quando un uomo scava una cisterna e non la copre, se vi cade un bue o un asino, 34il proprietario della cisterna deve dare l’indennizzo: verserà il denaro al padrone della bestia e l’animale morto gli apparterrà.
35Quando il bue di un tale cozza contro il bue del suo prossimo e ne causa la morte, essi venderanno il bue vivo e se ne divideranno il prezzo; si divideranno anche la bestia morta. 36Ma se è notorio che il bue era solito cozzare già prima e il suo padrone non lo ha custodito, egli dovrà dare come indennizzo bue per bue e la bestia morta gli apparterrà.
37Quando un uomo ruba un bue o un montone e poi lo sgozza o lo vende, darà come indennizzo cinque capi di grosso bestiame per il bue e quattro capi di bestiame minuto per il montone.

 

Troppo lungo e difficile sarebbe addentrarsi nella casistica ampia e complessa di questi brani bellissimi. Notiamo alcune cose principali.
a) Si distingue tra assassinio (uccisione volontaria) cui seguirà la morte dell’uccisore e omicidio (preterintenzionale). La preterintenzionalità è così descritta: “se però quel tale non ha teso insidia”. In questo caso, l’uomo fugge in una città che lo proteggerà in attesa di giudizio (città di rifugio).

b) Il maltrattamento dei genitori e il rapimento di persone per farle schiave sono punite allo stesso modo dell’assassinio.

c) Le lesioni corporali hanno diverso trattamento, a seconda che ci sia morte o soltanto riposo forzato, e a seconda che sia uno schiavo il colpito.

d) Litigio che provoca l’aborto nella donna. Ci sarà ammenda, ma se ci sono conseguenze ancora più gravi ci sarà una pena proporzionata secondo la “legge del taglione”: vita per vita, occhio per occhio … Scatterà cioè un limite allo sterminato campo della vendetta personale e si andrà all’indennizzo. (leggi bene i versetti 26 e 27 per capire cos’è la legge del taglione … in pratica)

e) Chi crea un danno irreparabile allo schiavo, gli deve la libertà per tutta la vita.

f) Ci sono poi quelle che noi chiameremmo “norme di sicurezza”, legate a “comportamenti di prevenzione”, e a indennizzi … Norme molto precise e … all’avanguardia!

Quando tu avrai acquistato uno schiavo ebreo

Apr 17, 2024 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Esodo 21,1-11

Queste sono le norme che tu esporrai loro.
2Quando tu avrai acquistato uno schiavo ebreo, egli ti servirà per sei anni e nel settimo potrà andarsene libero, senza riscatto. 3Se è venuto solo, solo se ne andrà; se era coniugato, sua moglie se ne andrà con lui. 4Se il suo padrone gli ha dato moglie e questa gli ha partorito figli o figlie, la donna e i suoi figli saranno proprietà del padrone, ed egli se ne andrà solo. 5Ma se lo schiavo dice: “Io sono affezionato al mio padrone, a mia moglie, ai miei figli, non voglio andarmene libero”, 6allora il suo padrone lo condurrà davanti a Dio, lo farà accostare al battente o allo stipite della porta e gli forerà l’orecchio con la lesina, e quello resterà suo schiavo per sempre.
7Quando un uomo venderà la figlia come schiava, ella non se ne andrà come se ne vanno gli schiavi. 8Se lei non piace al padrone, che perciò non la destina a sé in moglie, la farà riscattare. In ogni caso egli non può venderla a gente straniera, agendo con frode verso di lei. 9Se egli la vuol destinare in moglie al proprio figlio, si comporterà nei suoi riguardi secondo il diritto delle figlie. 10Se egli prende in moglie un’altra, non diminuirà alla prima il nutrimento, il vestiario, la coabitazione. 11Se egli non le fornisce queste tre cose, lei potrà andarsene, senza che sia pagato il prezzo del riscatto.

 

“Queste sono le norme che tu esporrai loro”. Le “dieci parole” sono state “dette” direttamente da Dio, le norme che seguono sono una esposizione o spiegazione di Mosè. Si tratta di regole del diritto, regole cioè che permettono di istruire un processo nel caso di trasgressione. In altre parole, e più in generale, si tratta di una prima applicazione delle “dieci parole” sul terreno concreto del vissuto storico di Israele. La fede di Israele non si riduce ad accettazione di principi assoluti, ma accoglie i principi, o meglio, la volontà di Dio in tutte le vicende della vita. [Questa preziosa attività espositiva avrà un grande sviluppo nella tradizione di Israele, uno sviluppo anche contraddittorio … Gesù stesso si porrà in questa linea quando dirà “è stato detto e io vi dico … “]

“Quando tu avrai acquistato uno schiavo ebreo, se … “. È linguaggio prettamente giuridico. Lo rivelano due parole: “quando” (e si intende il fatto/caso); “se” (e si intende tutta l’evoluzione del fatto, la casistica).

Il primo fatto o caso è la schiavitù di un ebreo. Israele, come tutti i popoli dell’Antico Oriente, presuppone la schiavitù/servitù come parte costitutiva dell’ordinamento sociale e giuridico. Qui, però, si intendono solo gli schiavi ebrei (uomini e donne) che per eccesso di indebitamento sono incorsi nella schiavitù per debiti. Uno schiavo di questa categoria deve essere lasciato in libertà (dal creditore ebreo) dopo sette anni, e così pure sua moglie, se l’ha portata con sé. Se invece la moglie gli è stata data dal padrone che l’aveva già come schiava, il padrone mantiene di fronte a lei e ai figli i suoi diritti.

Se lo schiavo rinuncia al rilascio in libertà per amore della moglie che le è stata data dal creditore, allora rinuncia per sempre a essere lasciato libero, cioè si lega alla famiglia del padrone/creditore. Questa rinuncia assume forza giuridica attraverso un rito particolare “davanti al Signore”. Ecco il rito: “Gli forerà l’orecchio con la lesina, e quello resterà sua schiavo per sempre”.

E’ una legislazione che ha un’anima: a) tutta la vita concreta ha riferimento a Dio; b) c’è attenzione alla persona, molto più che nelle legislazioni del tempo (anche del tempo odierno?).

Riferimento a Dio e persona (sempre tenuto conto del tempo) guidano tutte le altre casistiche, che … potete vedere da soli. [Questa volta, mi sono dilungato per prendere (penso) la strada giusta]

Voi stessi avete visto che vi ho parlato dal cielo

Apr 16, 2024 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Esodo 20,13-26
13Non ucciderai.
14Non commetterai adulterio.
15Non ruberai.
16Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo.
17Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo».
18Tutto il popolo percepiva i tuoni e i lampi, il suono del corno e il monte fumante. Il popolo vide, fu preso da tremore e si tenne lontano. 19Allora dissero a Mosè: «Parla tu a noi e noi ascolteremo; ma non ci parli Dio, altrimenti moriremo!». 20Mosè disse al popolo: «Non abbiate timore: Dio è venuto per mettervi alla prova e perché il suo timore sia sempre su di voi e non pecchiate». 21Il popolo si tenne dunque lontano, mentre Mosè avanzò verso la nube oscura dove era Dio.
22Il Signore disse a Mosè: «Così dirai agli Israeliti: “Voi stessi avete visto che vi ho parlato dal cielo! 23Non farete dèi d’argento e dèi d’oro accanto a me: non ne farete per voi! 24Farai per me un altare di terra e sopra di esso offrirai i tuoi olocausti e i tuoi sacrifici di comunione, le tue pecore e i tuoi buoi; in ogni luogo dove io vorrò far ricordare il mio nome, verrò a te e ti benedirò. 25Se tu farai per me un altare di pietra, non lo costruirai con pietra tagliata, perché, usando la tua lama su di essa, tu la renderesti profana. 26Non salirai sul mio altare per mezzo di gradini, perché là non si scopra la tua nudità”.

Rispetto ai primi comandamenti “accompagnati” da osservazioni e promesse, quelli che seguono sono semplicemente “detti”, in modo apodittico e con una massiccia serie di “non” …

“Non ucciderai”. Il soggetto è Israele, il complemento oggetto non c’è! Come dire: non ucciderai nessuno e mai, non ucciderai e basta! Eppure, Israele conosce, e pratica la pena di morte. Il comando vuol dire allora: Sappi, tu/persona, che la vita degli altri non è a tua disposizione, non sei padrone. Non riesci a darla, perché la dà Dio, e quindi non puoi tu/persona, toglierla. La vita è in mano a Dio che, in certi casi ben precisi, la consegna alla comunità. E la comunità, sempre in certi casi, la consegna al singolo che può procedere. Al singolo è tolta l’arbitrarietà (faccio quello che voglio) e l’illegalità (non mi interessa la legge). Ogni uomo è immagine di Dio: uccidere è togliere dal mondo l’immagine di Dio, in un certo senso vero, togliere Dio stesso. Ogni omicidio arbitrario e illegale è “sacrilegio”.

“Non commettere adulterio”. L’antica famiglia israelitica è patriarcale: la donna sposata è sotto la giurisdizione del marito, così come la figlia nubile è sotto la giurisdizione del padre. La donna sposata risulta così un “bene” del marito. L’adulterio è visto, più che sotto l’aspetto sessuale/morale, sotto l’aspetto legale giuridico. Rompe un patto: se la donna è “mia”, tu non puoi far “tua” una donna “d’altri”; la stai sottraendo ad altri. Come si può vedere, l’adulterio è considerato, prima che male morale, un male sociale: distrugge i rapporti vitali, banalizzando e riducendo ad avventura comportamenti scorretti. Non per nulla, la comunità intenta la pena di morte agli adulteri.

“Non ruberai”. Non rubare è vicino al non commettere adulterio e al non uccidere. Ci sono tre beni che costituiscono la felicità e il successo dell’esistenza umana: la vita, la relazione uomo-donna e l’usufrutto dei beni terreni. Non rubare si applica al divieto di ogni genere di furto (lo manifesta anche la mancanza di complemento oggetto), dal sequestro delle persone al furto di animali o di cose; ma include anche il divieto di spostare confini, l’uso di falsi pesi, la vendita di beni di pessima qualità … La prospettiva non è soltanto sociale, ma religiosa: il furto è presentato come rottura dell’alleanza col Signore e, quando avviene nei confronti di un povero, come istigazione alla profanazione del nome di Dio; perfino la parola di Dio può essere rubata dai falsi profeti e travisata.

“Non pronuncerai fasa testimonianza contro il tuo prossimo”. Siamo nel campo della giustizia, in particolare del processo che si svolge in tribunale. Non si deve pensare solo a una persona che dice menzogne generiche, bensì al testimone che durante il processo viola il diritto dell’accusato e dunque ne mette in pericolo la stessa vita. Il comandamento vuole proteggere il prossimo, anche lo straniero. La falsa testimonianza mira alla morte del prossimo, quindi il falso testimone merita la stessa sorte: la morte.

“Non desidererai la casa del tuo prossimo … “. Non si colpisce il puro desiderio (chi non ce l’ha!) ma l’intenzionalità di attuazione, cioè, il progetto e la macchinazione che sfociano naturalmente nell’atto compiuto. Non bisogna, dunque, “macchinare” per avere ciò che non è nostro: casa, moglie, schiavi … [Nel testo parallelo di Deuteronomio 5,1ss, la donna non è posta dopo la casa, ma a parte, come il primo bene]

Queste “dieci parole” portano a compimento le “dieci parole” dette da Dio all’inizio della creazione (Genesi 1).

“Il popolo vide, barcollò e si tenne lontano”. Al manifestarsi di Dio (nei segni della natura) la risposta dell’uomo è allontanarsi, non tanto in senso materiale, ma … interiore. Avverte cioè la distanza abissale da Dio, proprio a motivo delle parole udite da lui. Udire, e non fare, porta alla morte; meglio allora … allontanarsi. O meglio ancora: avere un mediatore, “uno come noi” che, alla fine, partecipa alle nostre infermità. Mosè dice: Io sto dalla vostra parte, ma anche dalla parte di Dio. Dio vi ha parlato “per mettervi alla prova”, perché riconosciate che quanto vi dico io viene da lui. In altre parole, voi dovete fidarvi di me. Infatti, “il popolo stette a distanza, Mosè invece si avvicinò alla nube oscura, dove era Dio”.

“Il Signore disse a Mosè: così dirai agli Israeliti …”. Ora Dio parla a Mosè, sul monte, perché parli agli Israeliti. Cosa dice Mosè? [Metto in bocca a Mosè una mia libera parafrasi] Avete “visto (udito)” che il Signore vi parlava con tuoni, fulmini … Insomma, avete fatto esperienza della sua presenza, presenza di parole e in parole, presenza come voce. Ebbene, non vi venga in mente di ricordare questa fondamentale esperienza legandovi ad altri dèi, pretendendo che siano essi ora a parlarvi e guidarvi. Per rimanere sempre alla mia presenza, imparate ad ascoltare la mia voce. Ma proprio non possiamo fare altro che ascoltare? Non possiamo fare/fabbricare nessun oggetto materiale? Abbiamo argento e oro … No, mi ha detto di dirvi il Signore, a me basta un “altare di terra”. Per ricordare il “mio nome” (dice il Signore), per ricordare che “io vi ho parlato”, che “io sono presente” nel vostro cammino, farete un altare e offrirete quello che avete Il ricordo di me  sarà una festa di amicizia e comunione. Io verrò a voi e vi benedirò.

Conclusione. Mentre il popolo è tentato di allontanarsi, il Signore manifesta la sua voglia di stare col popolo, benedicendolo con la sua presenza.

Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto

Apr 15, 2024 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Esodo 20,1-12

1Dio pronunciò tutte queste parole:
2«Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile:
3Non avrai altri dèi di fronte a me.
4Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. 5Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, 6ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.
7Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano.
8Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. 9Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; 10ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. 11Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato.
12Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà.

“Dio pronunciò tutte queste parole”. È un avvio solenne: sono parole che Dio dice al popolo in modo diretto.

Parole che si agganciano e prendono senso dall’affermazione iniziale: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra di Egitto, dalla condizione servile.” Colui che parla non è un qualsiasi dio, ma il Dio “tuo” liberatore. Le parole dette, dunque, sono parole che inaugurano e sigillano un’alleanza voluta da Dio, da quel Dio che mi ha liberato e vuole rimanere unito a me nella fedeltà e nell’amore.

“Non avrai altri dei di fronte a me” è una prima conseguenza. Non c’è altro Dio che ti abbia amato, scelto, liberato; per cui il tuo rapporto vero  e di vita non può essere altro che con me. Sii fedele, perché Io sono fedele. Più sotto è scritto… “Io sono un Dio geloso”.

“Non ti farai immagine scolpita, né raffigurazione alcuna di quanto è lassù nel cielo … sulla terra … nelle acque sotto la terra”. Proibizione di fare immagini del Signore o di dèi stranieri? Il contesto del secondo comandamento concerne il culto vero del Signore ed è rivolto ai suoi adoratori; perciò, si tratta del divieto delle immagini cultuali (per es. il vitello d’oro), non dell’uso delle arti visive nel santuario del Signore, né tanto meno dell’attività artistica in generale. Il senso ultimo è quello di non cadere nella idolatria (non tanto dottrinale filosofica, quanto esistenziale cultuale).

Commenta l’autore,  “Guarda che Io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso”. E come “Dio geloso” non tengo chiusi gli occhi, anzi! L’espressione “non tengo chiusi gli occhi” (e quindi castigo/correggo): se si applica a “quelli che mi odiano/non osservano i miei comandamenti” comporta castigo/correzione, ma per un numero chiuso di generazioni (terza/quarta generazione); se si applica a “quelli che mi amano /osservano i miei comandamenti” comporta misericordia/bontà all’infinito! La correzione è legata a un tempo definito e chiuso, la misericordia va sempre oltre. [Secondo il libro della Genesi l’immagine scolpita di Dio è l’uomo; secondo Deuteronomio l’immagine con cui si è rivelato Dio a Israele è la voce].

“Non pronuncerai invano il nome del Signore”. Io non sono al tuo servizio, non strumentalizzarmi nella tua rabbia (con la formale bestemmia) o nel tuo interesse (con la magia e il giuramento); ma soprattutto non cadere in mano all’idolatria (con le varie forme di sincretismo).

“Ricordati del giorno del Signore per santificarlo”. Il servizio all’unico Dio (vedi i due comandamenti precedenti) ha il suo sviluppo e compimento nella santificazione del giorno del Signore, il sabato. C’è un giorno “del” Signore (giorno della sua presenza in mezzo a Israele) e un giorno “per” il Signore (giorno di Israele davanti al Signore). Il sabato è un giorno “santo”, quindi, un giorno che il Signore ha separato dagli altri giorni e si è riservato: questo giorno è “suo”. Dio ha fatto “suo” questo giorno “cessando” ogni sua opera. [Più che di “riposo” (non possiamo pensare che Dio si sia stancato a creare!) dobbiamo pensare a compimento o pienezza dell’opera, cui segue una singolare verifica che può chiamarsi “contemplazione” da parte di Dio stesso]

Quindi: ammirazione, benedizione, lode. Anche l’uomo deve “riposare” (non solo in senso fisico, funzionale alla ripresa del lavoro), ma nel senso di “cessare” per benedire, lodare, contemplare … il già fatto da Dio. Nel contesto dell’Esodo, il già fatto (da Dio) è l’opera di liberazione dalla schiavitù. Ciò comporta (da parte di Israele) quel da farsi che è semplicemente la cessazione dalle opere e la lode dovuta e grata. La cessazione o santificazione del sabato deve coinvolgere tutta la creazione terrena: nel “tu” (rivolto all’uomo) c’è tutto ciò che è “tuo”, ma … tuo non è! Almeno un giorno alla settimana deve apparire che tutto e tutti (perfino gli animali) si appartiene a Dio.

“Onora tuo padre e tua madre”. Il quarto comandamento è in linea con quanto precede, ma fa da cerniera a quanto segue. Allo scorrere di un tempo segnato dalla santità del sabato, segue ora lo scorrere delle generazioni segnato dal rapporto tra padri e figli. Il comandamento illustra la duplice relazionalità che caratterizza l’uomo: la relazione con Dio e la relazione col il prossimo, rappresentato qui dai genitori. I genitori rappresentano Dio in quanto donano la vita secondo la benedizione impartita loro all’inizio dell’umanità, ma anche la vita come educazione, crescita. A loro, dunque, onore “come” a Dio, anche se non sono Dio. Questo comandamento ha una finalità: la sua affermazione è seguita da un “perché”: “perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà”. Vita lunga e sicura è legata a chi onora il Signore e osserva le sue parole, questa stessa vita è assicurata … a chi onora i genitori.

Domenica 14 Aprile 2024 – III Domenica di Pasqua – Anno B

Apr 14, 2024 | Postato da Francesca Ospitali - Accompagnamento quotidiano

Per accedere alla diretta streaming della Messa delle 10.00 clicca qui

ANTIFONA DI INGRESSO:

Acclamate Dio, voi tutti della terra,
cantate la gloria del suo nome,
dategli gloria con la lode. Alleluia. (Sal 65,1-2)

 

PRIMA LETTURA

Dagli Atti degli Apostoli (At 3,13-15.17-19)
In quei giorni, Pietro disse al popolo: «Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni.
Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi. Ma Dio ha così compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo doveva soffrire. Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati».
Parola di Dio

Salmo responsoriale: Sal 4

Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto.

Quando t’invoco, rispondimi, Dio della mia giustizia!
Nell’angoscia mi hai dato sollievo;
pietà di me, ascolta la mia preghiera.

Sappiatelo: il Signore fa prodigi per il suo fedele;
il Signore mi ascolta quando lo invoco.

Molti dicono: «Chi ci farà vedere il bene,
se da noi, Signore, è fuggita la luce del tuo volto?».

In pace mi corico e subito mi addormento,
perché tu solo, Signore, fiducioso mi fai riposare.

SECONDA LETTURA: Dalla Prima lettera di San Giovanni Apostolo  (1Gv 2,1-5)
Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paràclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.
Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità. Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.
Parola di Dio

Alleluja, Alleluja

Signore Gesù, facci comprendere le Scritture;
arde il nostro cuore mentre ci parli.

Alleluja

VANGELO

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 24,35-48)

In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano [agli Undici e a quelli che erano con loro] ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».
Parola del Signore

Siate pronti per il terzo giorno

Apr 13, 2024 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Esodo 19,10-25

10Il Signore disse a Mosè: «Va’ dal popolo e santificalo, oggi e domani: lavino le loro vesti 11e si tengano pronti per il terzo giorno, perché nel terzo giorno il Signore scenderà sul monte Sinai, alla vista di tutto il popolo. 12Fisserai per il popolo un limite tutto attorno, dicendo: “Guardatevi dal salire sul monte e dal toccarne le falde. Chiunque toccherà il monte sarà messo a morte. 13Nessuna mano però dovrà toccare costui: dovrà essere lapidato o colpito con tiro di arco. Animale o uomo, non dovrà sopravvivere”. Solo quando suonerà il corno, essi potranno salire sul monte». 14Mosè scese dal monte verso il popolo; egli fece santificare il popolo, ed essi lavarono le loro vesti. 15Poi disse al popolo: «Siate pronti per il terzo giorno: non unitevi a donna».
16Il terzo giorno, sul far del mattino, vi furono tuoni e lampi, una nube densa sul monte e un suono fortissimo di corno: tutto il popolo che era nell’accampamento fu scosso da tremore. 17Allora Mosè fece uscire il popolo dall’accampamento incontro a Dio. Essi stettero in piedi alle falde del monte. 18Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco, e ne saliva il fumo come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto. 19Il suono del corno diventava sempre più intenso: Mosè parlava e Dio gli rispondeva con una voce.
20Il Signore scese dunque sul monte Sinai, sulla vetta del monte, e il Signore chiamò Mosè sulla vetta del monte. Mosè salì. 21Il Signore disse a Mosè: «Scendi, scongiura il popolo di non irrompere verso il Signore per vedere, altrimenti ne cadrà una moltitudine! 22Anche i sacerdoti, che si avvicinano al Signore, si santifichino, altrimenti il Signore si avventerà contro di loro!». 23Mosè disse al Signore: «Il popolo non può salire al monte Sinai, perché tu stesso ci hai avvertito dicendo: “Delimita il monte e dichiaralo sacro”». 24Il Signore gli disse: «Va’, scendi, poi salirai tu e Aronne con te. Ma i sacerdoti e il popolo non si precipitino per salire verso il Signore, altrimenti egli si avventerà contro di loro!». 25Mosè scese verso il popolo e parlò loro.

Siamo al racconto della celebrazione dell’alleanza, ma soltanto nella fase preparatoria.
“”Santificare il popolo” significa prima di tutto “separare e creare uno spazio” riservandolo per il Signore. Questo “spazio” è rappresentato dal “monte”. Pertanto, il popolo deve “tenersi lontano per il terzo giorno” dallo spazio sacro che è monte (pena la morte!). Lo spazio del Signore non è inaccessibile, quasi che il Signore non volesse essere incontrato. È accessibile “quando suonerà il corno”. Allora “essi potranno salire sul monte”.

Per dire che il Signore si fa presente, si fa uso delle tradizionali immagini: “tuono e lampi, una nube densa e un suono fortissimo di corso”. E allora “il popolo può uscire dall’accampamento incontro al Signore”, ma deve “stare in piedi alle falde del monte”, cioè, “davanti al Signore”.

L’incontro tra il Signore e il popolo non avviene in modo diretto, ma attraverso la mediazione di Mosè; infatti, “Mosè parlava e Dio gli rispondeva con una voce”. [In questo caso, la voce è nient’altro che il tuono]. Chi legge direttamente il testo (molto elaborato e composito) può notare che dal versetto 20 al 25 sostanzialmente si ripete il comando di Dio a Mosè. Il versetto 25 (“Mosè scese verso il popolo e parlò loro”) ha il suo seguito al capitolo 24. Nel presente contesto avvertiamo e dobbiamo riconoscere che Mosè … ha già parlato al popolo. Lungaggini letterarie per dire e attestare e “convincere” il popolo – ora e per sempre – che Mosè è un mediatore della parola di Dio e non portatore di una sua opinione personale. Per dire che Mosè è la guida del popolo.

Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa

Apr 12, 2024 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Esodo 19,1-9

Al terzo mese dall’uscita degli Israeliti dalla terra d’Egitto, nello stesso giorno, essi arrivarono al deserto del Sinai. 2Levate le tende da Refidìm, giunsero al deserto del Sinai, dove si accamparono; Israele si accampò davanti al monte.
3Mosè salì verso Dio, e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: «Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: 4“Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me. 5Ora, se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! 6Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa”. Queste parole dirai agli Israeliti».
7Mosè andò, convocò gli anziani del popolo e riferì loro tutte queste parole, come gli aveva ordinato il Signore. 8Tutto il popolo rispose insieme e disse: «Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!». Mosè tornò dal Signore e riferì le parole del popolo. 9Il Signore disse a Mosè: «Ecco, io sto per venire verso di te in una densa nube, perché il popolo senta quando io parlerò con te e credano per sempre anche a te».
Mosè riferì al Signore le parole del popolo.

“Al terzo mese dall’uscita degli Israeliti dalla terra d’Egitto, nello stesso giorno, essi arrivarono al deserto del Sinai”. Il viaggio è ripreso: si arriva al Sinai. “Si accamparono davanti al monte”… alla presenza di Dio. [Monte dice presenza di Dio).

Per quanto riguarda la data e i giorni, l’annotazione “in questo giorno” dice riferimento alla festa che la comunità sta di fatto celebrando … una volta arrivato nella terra. L’annotazione, dunque, è di tipo liturgico-rituale e non strettamente cronologico.

“Dio chiamò Mosè dal monte” e fece dire agli Israeliti una cosa capitale. E’ il compendio di tutta la storia in corso, storia che si è fatta … esperienza (“voi stessi avete visto!”). Ecco l’esperienza che Dio stesso richiama con parole solenni. Voi avete visto ciò che Io ho fatto all’Egitto: Avete visto (sperimentato) che Io vi ho fatto venire fino a me [Il monte rappresenta Dio]; avete visto che non vi è successo niente di male, mentre voi non facevate niente; sono stato Io che “vi ho sollevato su ali di aquila”.

Ecco la conseguenza. Voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli [Come dire: tutti i popoli sono miei, ma voi siete una porzione particolare non più bella o più buona di altri. Semplicemente siete un popolo che Io mi sono riservato.

Che tipo o qualità o finalità di riserva o appartenenza abbiamo? Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa. Queste parole, come anche quelle prima, dicono riferimento non tanto a privilegio, ma a una missione che comprende il disegno di Dio per il mondo intero. Potremmo concludere così: A Israele viene affidata la missione di essere il popolo di Dio a vantaggio del mondo intero che (già) appartiene a Dio.

Dunque. Israele è un regno di sacerdoti, vale a dire, una nazione che serve/offre, anziché una nazione che comanda/prende. Ha una funzione mediatrice fra Dio e gli altri regni. Tutto il popolo di Dio, e non soltanto il clero, deve essere impegnato a estendere per tutto il mondo la conoscenza dell’unico Dio.

Dunque. Israele è una nazione santa, vale a dire, un popolo “messo a parte” (questo è il vero senso di “santo”) non soltanto “da” altri popoli, ma “per” altri popoli con uno scopo particolare. Israele deve incarnare il disegno proprio di Dio nel mondo intero.

Risposta di Israele. La fecondità di tutto quello che Dio ha fatto/detto è legata a una … particella: “se”. Il problema non è come Israele possa diventare il popolo di Dio; esso è già il popolo eletto. Il problema consiste nel conoscere che cosa comporta e quindi cosa “fonda” il rapporto con Dio. Cioè: cosa significa essere nel mondo il popolo che Dio ha liberato.

Ebbene, “se” il popolo sarà fedele al Patto, “se” osserverà tutte le parole del Signore, allora sarà il popolo che manifesta il disegno di Dio nel mondo. Quel mondo, dice il Signore, che è “mio”.Tutto il popolo rispose insieme e disse: «Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!»[Accetta la missione legata all’obbedienza]. Mosè tornò dal Signore e riferì le parole del popolo.”

Mosè diede ascolto alla voce del suocero

Apr 11, 2024 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Esodo 18,13-27

Il giorno dopo Mosè sedette a render giustizia al popolo e il popolo si trattenne presso Mosè dalla mattina fino alla sera. 14Allora il suocero di Mosè, visto quanto faceva per il popolo, gli disse: «Che cos’è questo che fai per il popolo? Perché siedi tu solo, mentre il popolo sta presso di te dalla mattina alla sera?». 15Mosè rispose al suocero: «Perché il popolo viene da me per consultare Dio. 16Quando hanno qualche questione, vengono da me e io giudico le vertenze tra l’uno e l’altro e faccio conoscere i decreti di Dio e le sue leggi». 17Il suocero di Mosè gli disse: «Non va bene quello che fai! 18Finirai per soccombere, tu e il popolo che è con te, perché il compito è troppo pesante per te25Mosè; non puoi attendervi tu da solo. 19Ora ascoltami: ti voglio dare un consiglio e Dio sia con te! Tu sta’ davanti a Dio in nome del popolo e presenta le questioni a Dio. 20A loro spiegherai i decreti e le leggi; indicherai loro la via per la quale devono camminare e le opere che devono compiere. 21Invece sceglierai tra tutto il popolo uomini validi che temono Dio, uomini retti che odiano la venalità, per costituirli sopra di loro come capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di decine. 22Essi dovranno giudicare il popolo in ogni circostanza; quando vi sarà una questione importante, la sottoporranno a te, mentre essi giudicheranno ogni affare minore. Così ti alleggerirai il peso ed essi lo porteranno con te. 23Se tu fai questa cosa e Dio te lo ordina, potrai resistere e anche tutto questo popolo arriverà in pace alla meta».
24Mosè diede ascolto alla proposta del suocero e fece quanto gli aveva suggerito. Mosè, dunque, scelse in tutto Israele uomini validi e li costituì alla testa del popolo come capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di decine. 26Essi giudicavano il popolo in ogni circostanza: quando avevano affari difficili li sottoponevano a Mosè, ma giudicavano essi stessi tutti gli affari minori. 27Poi Mosè congedò il suocero, il quale tornò alla sua terra.

La presenza di Ietro è ricca di insegnamenti per Mosè stesso e per la sua attività di guida. L’attività giudiziale o amministrazione della giustizia vuol dire, per Mosè, presentazione della Legge di Dio, sua spiegazione e poi applicazione alla vita; per il popolo si tratta di “consultare Dio” (lett. “cercare Dio”). In questa attività, Mosè fa tutto da solo! Non tanto perché voglia essere “accentratore”, ma per assolvere pienamente quella responsabilità che gli era stata data di indicare al popolo la concreta volontà di Dio.

È troppo, dice Ietro, soccomberai tu e il tuo popolo. Un conto, dice ancora Ietro, è “stare davanti a Dio in nome del popolo e presentargli i vari problemi e spiegare i decreti e le leggi (cioè) indicare loro la via per la quale devono camminare e le opere che devono compiere” (con parole sintetiche potremmo dire di una “attività oracolare”); un altro conto è “giudicare il popolo in ogni circostanza” (potremmo dire di una “attività giudiziale” o di governo). Le due attività, fino a quel momento, erano esercitate direttamente da Mosè.

Un gruppo non israelita (!) offre una soluzione, che Mosè accetta. È interessante questo: tutto viene da Dio, ma non tutto passa direttamente da Israele (oggi la Chiesa). [Notiamo “la classe” di Ietro (saggezza, umiltà, furbizia …) in questo singolare modo di esprimersi “se tu fai questa cosa e Dio te la ordina”] Dunque, Mosè accetta! È scritto: “Mosè diede ascolto alla proposta (lett. alla voce del suocero) e fece quanto gli aveva suggerito.”

Continuiamo la lettura di un testo che “aiuterà” (o avrebbe dovuto aiutare) anche le nostre comunità, vedi per esempio Atti degli Apostoli. “Mosè, dunque, scelse in tutto Israele uomini validi e li costituì alla testa del popolo come capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di decine. 26Essi giudicavano il popolo in ogni circostanza: quando avevano affari difficili li sottoponevano a Mosè, ma giudicavano essi stessi tutti gli affari minori.”

“Poi Mosè congedò il suocero, il quale tornò alla sua terra”. Quanti, nella storia dei popoli e anche della chiesa, hanno parlato e agito profeticamente (secondo il volere di Dio) e poi … sono tornati “alla loro terra”. Quanto bene viene suggerito e fatto da chi non si vanta e non se ne appropria!

Ietro venne a sapere quanto Dio aveva operato per Mosè e per Israele

Apr 10, 2024 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Esodo 18,1-12

Ietro, sacerdote di Madian, suocero di Mosè, venne a sapere quanto Dio aveva operato per Mosè e per Israele, suo popolo, cioè come il Signore aveva fatto uscire Israele dall’Egitto. 2Allora Ietro prese con sé Sipporà, moglie di Mosè, che prima egli aveva rimandata, 3con i due figli di lei, uno dei quali si chiamava Ghersom, perché egli aveva detto: «Sono un emigrato in terra straniera», 4e l’altro si chiamava Elièzer, perché: «Il Dio di mio padre è venuto in mio aiuto e mi ha liberato dalla spada del faraone». 5Ietro dunque, suocero di Mosè, con i figli e la moglie di lui, venne da Mosè nel deserto, dove era accampato, presso la montagna di Dio. 6Egli fece dire a Mosè: «Sono io, Ietro, tuo suocero, che vengo da te con tua moglie e i suoi due figli!». 7Mosè andò incontro al suocero, si prostrò davanti a lui e lo baciò; poi si informarono l’uno della salute dell’altro ed entrarono sotto la tenda. 8Mosè raccontò al suocero quanto il Signore aveva fatto al faraone e agli Egiziani a motivo di Israele, tutte le difficoltà incontrate durante il viaggio, dalle quali il Signore li aveva liberati. 9Ietro si rallegrò di tutto il bene che il Signore aveva fatto a Israele, quando lo aveva liberato dalla mano degli Egiziani. 10Disse Ietro: «Benedetto il Signore, che vi ha liberato dalla mano degli Egiziani e dalla mano del faraone: egli ha liberato questo popolo dalla mano dell’Egitto! 11Ora io so che il Signore è più grande di tutti gli dèi: ha rivolto contro di loro quello che tramavano». 12Ietro, suocero di Mosè, offrì un olocausto e sacrifici a Dio. Vennero Aronne e tutti gli anziani d’Israele, per partecipare al banchetto con il suocero di Mosè davanti a Dio.

È il racconto di una alleanza tra Ietro e Mosè, alleanza che sembrava rotta o trascurata, a motivo dell’atto di ripudio della moglie Sippora, sposa di Mosè.

L’incontro è bello e toccante: emerge la figura di Ietro, suocero di Mosè, un non ebreo che si comporta con semplicità e autorità. È Ietro che va incontro a Mosè, o meglio, che si fa annunciare a Mosè. Ci va con la moglie e i due figli di Mosè: senza alcun rimprovero nei confronti del genero, piuttosto lodando Dio per quanto era avvenuto a Mosè e al suo popolo. Tanto che arriva a dire, rallegrandosi: “Ora io so che il Signore è più grande di tutti gli dèi: ha rivolto contro di loro quello che tramavano”.

Incontrandolo, Mosè aveva onorato il suocero prostrandosi, baciandolo, raccontandogli tutto quello che era avvenuto. Durante questo racconto, Ietro ascolta (come ognuno di noi dovrebbe sempre ascoltare). Poi “offrì un olocausto e sacrifici a Dio”. È un sacrificio che apre a un banchetto di alleanza. [Notiamo: è Ietro, non ebreo, che presiede al sacrificio da lui stesso offerto]

Non si tratta tanto di una ricomposizione famigliare tribale, quanto di una vera apertura profetica ai popoli “davanti a Dio”. Come a dire: Dio è d’accordo che … i popoli trovino comunione con Israele, là dove essi riconoscono che “il Signore (Dio di Israele) è più grande ddi tutti gli dèi”; nello stesso tempo, però, non camminano con e come Israele. [vedremo domani]

Il Signore è il mio vessillo

Apr 9, 2024 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Riprendiamo la nostra lettura quotidiana della Scrittura. Riprendiamo con l’episodio di Amalek che “venne a combattere contro Israele”. Siamo nel tempo pasquale: quale Amalek, quale nemico potrebbe rovinarci il dono e il cammino nuovo della Pasqua?

Esodo 17,8-16
8Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm. 9Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio». 10Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle. 11Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. 12Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. 13Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada.
14Allora il Signore disse a Mosè: «Scrivi questo per ricordo nel libro e mettilo negli orecchi di Giosuè: io cancellerò del tutto la memoria di Amalèk sotto il cielo!». 15Allora Mosè costruì un altare, lo chiamò “Il Signore è il mio vessillo” 16e disse:
«Una mano contro il trono del Signore!
Vi sarà guerra per il Signore contro Amalèk,
di generazione in generazione!».

Finora non abbiamo assistito a vere e proprie battaglie per quanto riguarda Israele. Questa è la prima battaglia che incontriamo nel cammino del deserto, ma non è una battaglia come si intende comunemente o come tante altre.

Israele, che ha un procedere faticoso ma pacifico, viene attaccato: “Amalek venne a combattere contro Israele a Refidim”. L’iniziativa, dunque, non è di Israele; meno che meno, di Dio. La prima impressione è che Amalek sia una potenza come tante altre. Una potenza che non vede bene il passaggio di un popolo che gli può creare grandi problemi. Più in profondo, e a veder bene, si percepisce uno scontro tra il Dio di Israele e una potenza mondana che si fa dio, proprio come quando il nemico era Faraone.

Battaglia strana, dicevamo; si potrebbe dire, “battaglia santa”. Quindi, battaglia con vittoria che non è ottenuta dalle armi militari, umane, ma da Dio stesso attraverso la preghiera di Mosè sul monte. Non Mosè da solo (quasi diventasse lui dio: ci sono Aronne e Cur) e non con le sole sue forze. Mosè infatti ha in mano il bastone di Dio.

La strategia non si sofferma tanto in piano, là dove combattono le persone, ma sul monte, sui gesti di Mosè. Notiamo allora questi gesti: a) Mosè alza “la sua mano” (e non le sue mani … al plurale), alza cioè la mano col bastone; non è un gesto di semplice preghiera, ma di obbedienza, come gli aveva comandato il Signore, e quindi di fiducia nella parola di Dio; tutto si gioca sulla fede di Mosè. b) Le mani di Mosè si fanno pesanti.  Le mani (al plurale) indicano la forza di Mosè; ebbene la sua forza viene meno. c) Allora c’è la fede della comunità sacerdotale che lo aiuta; questo è significato dal gesto singolare di porre una pietra sotto Mosè e di sostenere le sue mani da parte di Aronne e Cur. Pietra (cioè fede/perseveranza) e Aronne e Cur (cioè popolo sacerdotale) sono le uniche armi della vittoria.

È bella, teologicamente parlando, la conclusione: “Così le sue mani (di Mosè) rimasero ferme fino al tramonto del sole”. [L’aggettivo “ferme” viene dalla parola ebraica “amen”, che indica fedeltà, fede, sicurezza. Come a dire: Mosè e la comunità sacerdotale sono stati fedeli, hanno perseverato … fino alla fine!

Occorre, dice il Signore, ricordare questo evento poderoso che segna l’avvio della “conquista” e ne dà il segno, le modalità, il senso profondo. È Dio che combatte per Israele! Questo evento va “scritto”, perché … sia letto e ricordato”. Israele (e anche noi) deve soltanto (ma quanto è difficile) leggere ed essere fedele … fino alla fine!

Nessuna alleanza sarà da farsi con la potenza mondana di Amalek: “Una mano contro il trono di Amalek! Vi sarà guerra per il Signore contro Amalek, di generazione in generazione”. Amalek viene a significare l’arroganza, la superbia, la forza o il potere del male contro il Signore: Amalek è “una mano (forza) contro il trono del Signore”.

Per questo, occorre dare un segno alla memoria. Ebbene, viene costruito un altare: un altare non per i sacrifici, ma per quello che significa, cioè, un altare che parla e può essere ascoltato, dice: “Il Signore è il mio vessillo”. L’altare ricorda e fa memoria feconda. che Dio è la nostra bandiera!