Ordina agli Israeliti che raccolgano una offerta per me

Esodo 25,1-9

Il Signore parlò a Mosè dicendo: 2«Ordina agli Israeliti che raccolgano per me un contributo. Lo raccoglierete da chiunque sia generoso di cuore. 3Ed ecco che cosa raccoglierete da loro come contributo: oro, argento e bronzo, 4tessuti di porpora viola e rossa, di scarlatto, di bisso e di pelo di capra, 5pelle di montone tinta di rosso, pelle di tasso e legno di acacia, 6olio per l’illuminazione, balsami per l’olio dell’unzione e per l’incenso aromatico, 7pietre di ònice e pietre da incastonare nell’efod e nel pettorale. 8Essi mi faranno un santuario e io abiterò in mezzo a loro. 9Eseguirete ogni cosa secondo quanto ti mostrerò, secondo il modello della Dimora e il modello di tutti i suoi arredi.

Alcune parole di introduzione a Esodo 25-35. Vedete voi se può essere utile alla lettura di un testo lungo e ripetitivo. Diversamente, andate pure al … “veniamo … finalmente al brano di oggi”, che trovate più sotto.

Sebbene il criterio quantitativo non sia letterariamente il più importante, tuttavia non può non colpire il fatto che il tema della Dimora occupi nel libro dell’Esodo più spazio di ogni altro tema: ben 13 capitoli. Inoltre, è innegabile che l’erezione della Dimora, con tutto ciò che ad essa è legato, costituisca l’apice e il temine dell’intero racconto. Infine, la localizzazione al Sinai di questa rivelazione e la sua qualificazione di rivelazione teofanica testimoniano che la tradizione biblica vi vede un elemento essenziale dell’identità di Israele. Bisogna tuttavia riconoscere che per l’uomo moderno la lettura di questi capitoli non è facile e comporta il superamento di pregiudizi inveterati e al contempo una notevole dose di buona volontà; ma ne vale la pena!

Queste istruzioni per la costruzione della Dimora e per l’istituzione del culto ad essa connesso costituiscono il contenuto principale della rivelazione del Signore a Mosè al Sinai, continuazione e apice delle precedenti rivelazioni del Decalogo e del codice dell’alleanza; il contesto è sempre quello della teofania sulla montagna sacra, alla quale partecipa il solo Mosè nel quadro di un tempo sacro di quaranta giorni e quaranta notti.

La descrizione dettagliata della Dimora ricorre due volte: la prima quando Dio ordina a Mosè come costruirla (cc. 25-31) e la seconda quando questo comando viene eseguito (cc. 35-40).

La mole di materiale dimostra l’importanza del culto per il narratore. Inoltre, il movimento del libro dell’Esodo nel suo insieme è quello dalla schiavitù al culto, dal servizio al faraone al servizio di Dio. Più in particolare, si tratta di un movimento dai lavori forzati di Israele per la costruzione delle città fortificate del faraone a una gioiosa e obbediente offerta di sé stessi per la costruzione di un “locale”, la Dimora per il culto a Dio.

Nel corso dei secoli si è registrata una varietà di approcci allo studio della Dimora o Tabernacolo, che hanno diversa validità.

a) Allegorico/simbolico. E’ stata la chiave ermeneutica predominante sia per i cristiani sia per gli ebrei fina dai primi tempi. In senso generale, questo approccio ritiene che si debba discernere un significato nascosto, spirituale, in tutti i dettagli, i colori, le specificazioni e gli schemi. [Per esempio, la Dimora è vista come un simbolo del cosmo]

b) Storico. Questo approccio vede il testo come una bozza di stampa, forse utopica in qualche misura, per la (ri)costruzione de un’antica struttura a forma di tenda. Si cerca di ricostruire un edificio attuale a partire dalle pagine bibliche e da altri santuari conosciuti, e di determinare la sua funzione e il suo contesto storico. Il compito interpretativo è essenzialmente quello di architettura storica.

c) Storia della tradizione. Questa impostazione studia la Dimora in termine di sviluppo delle idee e delle istituzione collegare con il luogo della dimore di Dio, includendo le riflessioni teologiche di Israele sui santuari e il rapporto che Dio aveva con loro. Gli interpreti hanno spesso concluso che il Tabernacolo in effetti non è riconducibile al tempo di Mosè, ma è una retroproiezione in tempi più antichi di un modello del periodo esilico o post-etilico dipendente per molti dettagli dal tempo di Salomone.

d) Letterario. Gli studi letterari di questi tempi e di quelli correlati non sono comuni. Un’analisi comparativa delle narrazione che descrivono i progetti di costruzione è un approccio molto utile; ha il suo punto di forza nel considerare questo testo alla luce di materiale formalmente comparabile.

E allora, veniamo … finalmente al branco di oggi.

In un certo senso Dio si identifica con la Dimora (a volte è chiamata Tabernacolo): essa diventa come la sua casa, il luogo della sua presenza in mezzo al popolo. È scritto, infatti: “Prendete per me un’offerta”, e “prendete la mia offerta”, e ancora: “facciano per me”. L’iniziativa è assolutamente divina: il Dio che ha dato il Decalogo ora dà precise indicazioni per la sua casa. È lo stesso Dio e si chiede al popolo lo stesso impegno: grande è il coinvolgimento del popolo (“generosità di cuore” = decisa volontà). È a questo popolo che Dio vuole donare la sua presenza: “abiterò in mezzo a loro”.

L’offerta per me non cade sotto un obbligo, è volontaria: deve partire dal cuore, cioè, dalla testa/volontà. La lista dei materiali è ordinata in tre gruppi: a) metalli, tessili, pellame, legname; b) olio per l’illuminazione e balsami per l’olio della consacrazione e per l’incenso aromatico; c) pietre di onice e di castoni.

L’intenzione del narratore è di metterci di fronte a un vero “catalogo dell’opulenza”. In aperto contrasto con la povertà di un ambiente desertico e nomadico emergono quasi d’incanto gli elementi più preziosi della creazione, quasi un microcosmo, pronto a offrirsi per una degna dimora per il Signore. [Potremmo pensare anche alla “spogliazione degli Egiziani”]

Possiamo riascoltare la finale del testo di oggi. Comando di Dio: “Farannoper me un santuario e io abiterò in mezzo a loro. Ogni cosa secondo quanto vi mostrerò, secondo il modello della Dimora e il modello di tutti i suoi arredi … farete “. [Il verbo fare apre e chiude la frase]. È chiamata in causa un’obbedienza molto attenta e particolareggiata