Venerdì Santo

Giovanni 19,25-30

Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. 26Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». 27Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé. Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». 29Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. 30Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

 

Lo stupendo affresco della passione e morte del Cristo secondo Giovanni, pur ricalcando la tradizione precedente testimoniata dagli altri evangelisti, ha delle aree nuove, caratteristiche del quarto Vangelo.

Pensiamo al dialogo tra Gesù e Pilato sulla “verità”, alla presentazione ironica eppure inconsapevolmente profonda di Gesù nella sua umanità con il famoso detto di Pilato “Ecco l’uomo”; pensiamo alla solennità del Cristo che a Pilato ricorda di essere solo uno strumento del misterioso piano salvifico di Dio. Ma soprattuto pensiamo all’episodio della tunica non strappata, simbolo forse dell’unità della Chiesa, alla scena della madre e del discepolo ai piedi della croce con tutti i suoi significati ecclesiali, al costato trafitto del Cristo da cui escono sangue e acqua, segni dell’eucaristia e del battesimo, secondo la tradizione cristiana …

Infine, due parole: “Chinato il capo, consegnò lo spirito” e “uno dei soldati con una lancia colpì il fianco e subito ne uscì sangue e acqua”. Per dire: la morte di Gesù crea vita e vita di amore,