Il popolo cominciò a lamentarsi in modo cattivo

 

Numeri 11,1-15

1Ora il popolo cominciò a lamentarsi aspramente agli orecchi del Signore. Li udì il Signore e la sua ira si accese: il fuoco del Signore divampò in mezzo a loro e divorò un’estremità dell’accampamento. 2Il popolo gridò a Mosè; Mosè pregò il Signore e il fuoco si spense. 3Quel luogo fu chiamato Taberà, perché il fuoco del Signore era divampato fra loro.
4La gente raccogliticcia, in mezzo a loro, fu presa da grande bramosia, e anche gli Israeliti ripresero a piangere e dissero: «Chi ci darà carne da mangiare? 5Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cetrioli, dei cocomeri, dei porri, delle cipolle e dell’aglio. 6Ora la nostra gola inaridisce; non c’è più nulla, i nostri occhi non vedono altro che questa manna».
7La manna era come il seme di coriandolo e aveva l’aspetto della resina odorosa. 8Il popolo andava attorno a raccoglierla, poi la riduceva in farina con la macina o la pestava nel mortaio, la faceva cuocere nelle pentole o ne faceva focacce; aveva il sapore di pasta con l’olio. 9Quando di notte cadeva la rugiada sull’accampamento, cadeva anche la manna.
10Mosè udì il popolo che piangeva in tutte le famiglie, ognuno all’ingresso della propria tenda; l’ira del Signore si accese e la cosa dispiacque agli occhi di Mosè. 11Mosè disse al Signore: «Perché hai fatto del male al tuo servo? Perché non ho trovato grazia ai tuoi occhi, al punto di impormi il peso di tutto questo popolo? 12L’ho forse concepito io tutto questo popolo? O l’ho forse messo al mondo io perché tu mi dica: “Portalo in grembo”, come la nutrice porta il lattante, fino al suolo che tu hai promesso con giuramento ai suoi padri? 13Da dove prenderò la carne da dare a tutto questo popolo? Essi infatti si lamentano dietro a me, dicendo: “Dacci da mangiare carne!”. 14Non posso io da solo portare il peso di tutto questo popolo; è troppo pesante per me. 15Se mi devi trattare così, fammi morire piuttosto, fammi morire, se ho trovato grazia ai tuoi occhi; che io non veda più la mia sventura!»

 

Non ci sorprende che il primo passo o gesto d’Israele – dopo tanti bei comandi e disposizioni – sia il lamento cattivo! L’equilibrio ideale dei primi 10 capitoli è messo in discussione dal cammino concreto di Israele, fatto di continue mormorazioni (capitoli 11-14).

La prima mormorazione non è motivata da alcunché. Per dire che il popolo (noi!) tante volte ci lamentiamo … a prescindere!

Ecco lo schema abituale. Mormorazione … il Signore ode … l’ira del Signore si accende … punizione (in questo caso il fuoco) … grido a Mosè … Mosè prega il Signore … il fuoco si spegne, non senza aver bruciato una parte del popolo. Il luogo dove avviene il fatto prende nome dalla mormorazione o punizione avvenuta. Quindi, i luoghi portano il nome delle nostre infedeltà, ma anche della misericordia di Dio.

La seconda mormorazione è dovuta alla mancanza di cibo. Evoca una patetica, falsa visione della “bella vita” in Egitto: si rimpiangono sostanzialmente … i lavori forzati!

Mosè stesso entra in crisi e si lamenta con Dio: “Perché hai fatto del male al tuo servo? … Da dove prenderò la carne da dare a questo popolo? … Non posso io portare il peso di tutto questo popolo; è troppo pesante per me. Se mi devi trattare così, fammi morire piuttosto, fammi morire!” (11-15).

E’ la tentazione, che hanno tutti i profeti o servi di Dio, di piantare lì tutto, misurando soltanto le proprie forze e non la potenza di Dio.