Cosa è meglio?

Qoelet 7,1-14

L’autore vuol dirci questo, e lo dice a modo suo con contrapposizioni forti e nette.

E’ preferibile ciò che ti fa riflettere, ciò che ti fa “capire” le cose e il senso della tua vita, è preferibile ciò che ti “insegna” rispetto a ciò che ti illude e poi ti svia.

Cosa ti può “insegnare” il solo nascere, il solo profumarsi, il solo banchettare, il solo arricchire, il solo essere lodati …. ? Tutte queste esperienze che l’uomo vive “non durano”. E allora, l’autore dice: il venir meno di tutte queste cose ti devi far riflettere, ti deve rendere saggio. Anzi, è proprio il loro venir meno che ti fa dire “paradossalmente”: è preferibile il giorno della morte al giorno della vita, oppure, la mestizia al riso …

Dunque: “insegna” di più la sofferenza che l’allegria, il mancare che l’accumulare, il rimprovero che la lode.

Infine, c’è l’invito a “osservare l’opera di Dio”, e non invece a volerla mutare o a vederne soltanto le contraddizioni. “Nel giorno buono gioisci (non voler … essere triste, pensando al poi!); “nel giorno cattivo rifletti /impara (non voler … gioire, pensando al poi!). E’ il presente che devi vivere, sempre come dono di Dio. Non fuggire … dall’opera di Dio, cioè da quello che Dio dispone oggi per te.

[Vale la pena leggere ancora il bellissimo testo 3,1-15. “C’è un tempo per nascere e un tempo per morire … Egli ha fatto ogni cosa bella a suo tempo”. Ne viene che … anche il piangere “è bello”, perché ti “insegna”]