16-26 Agosto 2016: I giorni di Gerusalemme

16-26 Agosto 2016

I giorni di Gerusalemme

Don Franco Govoni

 

Martedì 16 agosto 2016

Uscendo di casa con valigia in mano, sento suonare l’allarme della chiesa. Era scattato perché Iodice (che mi portava all’aeroporto) era andato in chiesa a dire una preghiera per me e il mio pellegrinaggio! Così abbiamo svegliato il paese! Qualcuno, vedendo sfrecciare l’auto col parroco dentro, può aver sospettato un sequestro! Alla fine del viaggio ho capito che era un sequestro vero, ma da parte di Dio! Ben riuscito, e lo ringrazio!

All’imbarco di Bologna, incontro don Giancarlo Leonardi (parroco di Castenaso) che guida un bel gruppo di pellegrini in Terrasanta. Saluti e lieti ricordi, nell’attesa.

In aereo verso Tel Aviv, ragazzi romani ebrei focosi: girano, disturbano, stravaccano, ordinano koscher (cibo puro ebraico) ma poi lo sciupano. Io tento di dormire, ma non è possibile.

All’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv saluto don Giancarlo e i suoi pellegrini. Scambio un po’ di moneta: da euro a nis (nuovo shekel israeliano).

Dico il primo Vespro a Gerusalemme dentro lo Shuttle/Navetta (Nescher) che attende di riempirsi per portarmi a Gerusalemme. Bello il salmo del martedì della quarta settimana: “Se mi dimentico di te Gerusalemme, si dimentichi di me la mia destra; mi si attacchi la lingua al palato … ” (Salmo 137). In verità, la Scrittura è stata sorella, sposa, madre splendida in questo strano pellegrinaggio giubilare. Mi ha sempre puntualmente illuminato, accompagnato, rimproverato e consolato.

Sono l’ultimo a scendere. Nel tragitto caotico e frenetico ho visto paesi molto noti, sia nella Bibbia che nelle vicende della guerra arabo/israeliana: Kiriat Yearim, Abu Gosh, Abu Tor, Ghilo, Ein Rogel, infine Talpiyot dove smonto …   e pago € 20.

Al monastero di Sainte Claire (clarisse) attorno alle 19, poco fuori della città di Gerusalemme sulla via che va a Betlemme, mi accoglie una suora francese con tanta gentilezza: Marie Yehoshua (forse non si scrive così il suo nome, che poi è lo stesso di Gesù!).

Il monastero è collocato in uno splendido parco. Ha un’ampia chiesa, una bella foresteria, un cimitero dove sono sepolte tante suore e, tra queste, suor Maria della Trinità (1901-1942). Sono fortunatissimo, perché mi permettono di risiedere in un eremo con tanto di bagno e modernissimo condizionatore. D’estate non è male!

In foresteria bazzicano (vanno e vengono) tante e belle persone. Faccio qualche nome.

Derik. Tedesco da parte di padre e scozzese di madre: genitori protestanti, non praticanti. Lavoratore alla Disneyland di Parigi. Cresimato però in Germania da don Giorgio Sgubbi (sacerdote bolognese che si trovava per caso in Germania). Gli nasce la vocazione e studia da prete a Parigi. Ora è parroco a Parigi periferia. Mi ha parlato molto di Parigi e della situazione creata con l’immigrazione e attentati. Lui non è allarmato, ma è molto preoccupato di una crescente e … tranquilla scristianizzazione della Francia. Ascoltandolo, si capisce ancora meglio che il mondo è proprio cambiato, e che noi cristiani dobbiamo darci una mossa! Gli ho detto scherzando che Bazzano è chiamata la “piccola Parigi”. Ha risposto con felice e facile ironia che allora Parigi è la “grande Bazzano”. È un prete simpaticissimo, estroverso. Conosce l’Italia meglio di me! Cantava tante canzoni italiane che io non sapevo …

David e’ un parroco di Chicago. Fa l’anno sabbatico (alcuni mesi soltanto): Polonia, Spagna e poi in Terrasanta presso il monastero. Appartiene all’Opus Dei, se ho capito bene. Bravo e simpatico pure lui. Conosce lo spagnolo, perché nella sua parrocchia a Chicago ci sono più messicani/spagnoli che americani (almeno quelli che vanno in chiesa). Prega e studia molto.

Margaret e’ una perfetta londinese, pensionata … ma nessuno sa dire di preciso cosa fa! Al momento dice di studiare l’ebraico. È una persona finissima, ricca di humor (ovviamente inglese) e di battute che io puntualmente non capisco. Ma lei tira dritto! Se le racconta e se le ride!

C’è anche Nedera (parola che significa “voto”) una donna di Rama in Galilea: palestinese israeliana che insegna scienze sociali all’Università di Betlemme. Dice che la sua chiesa è stata la prima chiesa Latina in Galilea. Donna dolce e umile. Siccome è bionda di capelli, la prendono per una turista straniera e si chiedono come mai sappia parlare così bene … l’arabo! I suoi studenti a Betlemme, che sono moltissimi, finiscono purtroppo per fare i camerieri! Presso le Clarisse ha soltanto l’alloggio. Viene a messa tutte le mattine. Dice tante cose belle e ha una gran voglia di parlare. Ma dovevamo parlare in inglese (malissimo io e un po’ anche lei) o ebraico (male io!). Che fatica! E che peccato!

Infine, Chiara di Labante (Bologna) laureanda in antropologia. Ha fatto, con altre cinque italiane, un’esperienza estiva in questo monastero. [Esperienza che io propongo spesso alle nostre “Martine” ma che non trova entusiasmi. Esperienza di lavoro nel parco, visita di luoghi santi con guida francescana, preghiera e colloqui con le monache]. Chiara ha poi chiesto e ottenuto di fermarsi un altro po’ per pregare. Ti viene da dire: com’è piccolo il mondo!

Mercoledì 17 Agosto 2016

Primo viaggio al Santo Sepolcro. È ridicolo e quasi dissacrante dirlo, ma lo confesso: tutta la mia tensione era di arrivare in tempo al Sepolcro per … poter andare in bagno! [Gli anni si pagano anche in questo!] La cosa è avvenuta felicemente, la tensione è rientrata e allora anche l’incontro col Signore, poi, si è messo su giusti e mistici binari!

Il mio stile di preghiera era questo. Lettura a fiume del Nuovo Testamento: Vangeli, Atti degli apostoli, Lettere, Apocalisse con piccoli intervalli per ripetizioni di parole e invocazioni. Ho scoperto che è una strada dura all’inizio ma poi tanto liberante, illuminante e fecondissima. Sono contentissimo di questa scelta di preghiera, perché entrano in te un’infinità di cose che mai avresti pensato o sognato, e tante altre … inutili, se ne vanno!

Oltre al libro del Nuovo Testamento ho preso con me l’esortazione Evangelii gaudium di papa Francesco. Per il resto, niente risposte al telefonino, ma solo qualche email e WhatsApp. Normalmente pregavo davanti alla tomba di Santa Maria della Trinità, una clarissa morta in questo monastero a 40 anni circa (nel 1942).

Ho pregato al Santo Sepolcro nella cappella del Santissimo. L’edicola della tomba e’ finalmente in restauro. Ci sono voluti quasi 40 anni per mettersi d’accordo (Greci, Latini, Armeni) e iniziare i lavori. [Lorenzo diceva che per rifare i bagni hanno discusso 20 anni]. Mi accordo coi frati per dire la Messa con loro il giorno dopo alle 7.30.

Giovedì 18 Agosto 2016

Bella la Messa al Sepolcro. Presiede un frate coreano e concelebra (oltre a me) un giovane prete uruguaiano che studia a Roma nel ramo della Bioetica. Certo è una grande grazia poter sostare e celebrare proprio nel luogo della tomba di Gesù, e poi pensare e gioire perché lì è davvero risorto! Nello stesso tempo, trovarsi proprio lì è una grande prova dello spirito e quindi della fede cristiana. Si va un po’ in crisi! Sì, perché il nostro Dio è un Dio “fatto carne”, è un Dio che è entrato davvero nella banalità e drammaticità della nostra storia. Ha abbracciato la nostra puzzolente carne, fino alla morte! E’ mai logico tutto questo? L’entrare nel sepolcro non deve far nascere troppe domande, ma deve lasciare spazio allo stupore, e poi al pianto, e poi alla gratitudine, e poi alla voglia di amare colui che ti ha amato fino a morire, e che “qui” … davvero, storicamente, è morto per te. Posso dubitare che Gesù sia risorto, ma non posso dubitare che “qui” mi ha amato ed è morto per me. Il sepolcro è soltanto un “segno”, è “memoria” di amore donato. Ecco, allora, che la confusione (che è tanta!) non spazza via la gioia, la gratitudine, l’amore. Il primo frutto (almeno per me) è che ho smesso di giudicare chi fa rumore, chi parla .. Sono cose che non mi disturbano: disturba invece il giudicare e il brontolare!

Nel ritorno, due giovani finlandesi a porta Jaffa mi fermano: salutano, ma non capisco cosa vogliono. Guardano la mia croce sul petto, mi benedicono e ripetono in continuità “alleluia”. Sono cristiani felici e contenti, che vogliono diffondere la gioia di Gesù. Ho provato a dire che sono prete e che qualche chance ce l’avevo anch’io per benedire! Loro stranamente (quasi un tatuaggio) avevano la croce disegnata in viola sul telaio degli occhiali. Abbiamo mescolato tante parole e tante benedizioni. Felici e contenti tutti! A Gerusalemme capita questo, ma i giornali pubblicano altri incontri purtroppo.

Verso sera, sempre di questo giovedì, vedo per strada di fronte alla nostra casa un simpatico ragazzo che si avvicina sicuro: ha una croce al collo. È don Claudio, un giovanissimo prete fiorentino. Ha accompagnato una famiglia ebrea a Tel Aviv (la sposa aspetta un terzo figlio, ma il marito non è d’accordo che prosegua la gravidanza). Passerà tre o quattro giorni al monastero delle Clarisse. Fa parte di una associazione laicale denominata “Sentinelle del mattino”. Sono degli evangelizzatori, soprattutto laici: evangelizzatori molto gioiosi per strada e in altri luoghi fuori chiesa. L’idea è bella, ma in concreto non ho capito bene come vadano le cose.

Venerdì 19 Agosto 2016

Parte per Labante (Comune di Castel d’Aiano) la bolognese Chiara. Ho parlato a fondo solo una sera con lei, prima della sua partenza. Non mi conosceva e io non conoscevo lei. Quanto alla sua situazione in montagna, è dispiaciuta che non ci siano movimenti per giovani (lei ha trent’anni) e che non ci si conosca da una parrocchia all’altra. Occorre andare in giro come fa lei – dice – per trovare qualcosa di buono. Qui a Gerusalemme ha vissuto un’esperienza molto bella con altre cinque giovani italiane (una specie di “campo” guidato da sorelle clarisse e frati). Una sera, tra gli ospiti (in perfetto inglese) si parlava di antropologia, di cultura, di fenomeni magici ecc. Il discorso va a finire anche sulla Bibbia. Chiara – per inciso – dice che le piacerebbe approfondire la Bibbia, ma che le manca la chiave di lettura e che nessuno vicino a lei spiega la Bibbia …

Mi sono permesso (a parte e terminata la conversazione che mi vedeva un po’ tagliato fuori a motivo della lingua) di dare alcuni consigli. Primo: La Bibbia è parola di Dio, ma è detta in linguaggio umano. Quindi occorre conoscere quale tipo di linguaggio o genere Dio (l’autore) sta usando. Secondo: La Bibbia va letta tutta o perlomeno a libri integrali: si spiega da se stessa attraverso i brani paralleli o di richiamo o di compimento. Terzo: Bisogna leggere la Bibbia come un innamorato guarda il partner: con intensità, dolcezza, curiosità, passione …  Quarto: Bisogna aver voglia di accogliere quello che dice il Signore e chiedere allo Spirito umilmente di metterlo in pratica. Quinto: La chiave di tutto però è l’amore. Direi semplicemente così: chi non ama/non perdona riduce la Bibbia a un codice etico freddo o a un sussidio disciplinare con regole rigide o a un’arma da usare contro i nemici di turno. La Bibbia invece è il dialogo e l’abbraccio d’amore di un Dio che è … “Dio con noi”. Ho poi fatto notare a Chiara che a Bazzano (mi sono lanciato!) c’è la lettura quotidiana della Bibbia, almeno da 40 anni. Le ho indicato il sito parrocchiale e lei ha annotato. Il giorno dopo ci siamo salutati promettendoci preghiere.

Con Chiara, è partita per Italia anche la vicaria suor Cristiana (una delle rifondatrici – penso – della esperienza clarisse a Gerusalemme). Cristiana viene in Italia per un corso di aggiornamento riguardo alle novizie (a Gerusalemme ce n’è una in vista). E intanto va a trovare la mamma che sta all’Aquila. Non la vedeva da tanti, non so quanti anni!

Eccoci in cucina! C’è un bel servizio in cucina. Le suore ci portano i cibi su un vassoio (mai una volta la pasta!) e noi forestieri prepariamo, mangiamo, laviamo e asciughiamo. I preti sono molto bravi, io un po’ meno: si vede che non è il mio mestiere abituale. Il tutto era rallegrato dalle tante lingue: inglese, francese, spagnolo, ebraico, italiano. Io ero tra i peggiori, ma peggio ancora era la londinese che stava imparando l’ebraico e lo voleva parlare con me: un incubo!

Le lingue delle monache, quelle adoperate nella liturgia sono tante. Le fondamentali sono il francese e l’italiano. Le suore sanno anche l’inglese ma non l’ho sentito nella liturgia. Ho notato con grande piacere che l’ordinario (Santo, Alleluia, Agnello di Dio) viene cantato ora in ebraico ora in arabo, oltre che in latino. C’è però una prevalenza dell’ebraico. La loro liturgia è intensa, curata, molto bella. Quanta gratitudine il mondo dovrebbe avere per questi poveri ma stupendi “segni” di lode!

Sabato 20 Agosto 2016

Mi accordo (magie di WhatsApp!) per un bel pranzetto con Sandro Barchi di Montesole, che attualmente è a Gerusalemme. Ci diamo appuntamento a Casa Nova nel centro della città vecchia. Con Sandro c’è Sara (suora di Oliveto), Daniele di Borgonuovo (Bo) e un giordano di nome Ajaj : sono due novizi. Studiano tutti l’ebraico all’Università. Sara invece aiuta (per i due mesi estivi) la comunità cattolica ebreofona nel servizio dei bambini (estate ragazzi). Gli incontri dei ragazzi si fanno a Tel Aviv. È un’esperienza affaticante. Ma ho trovata Sara molto contenta. Così anche gli altri. Abbiamo parlato di tutto e di tutti … Incontro bellissimo! Anche come trekking: per andata e ritorno a piedi! Mi sono fatto 4 km sotto il bel sole di Gerusalemme: erano 35 gradi all’ombra! [Di notte la temperatura scende a 18/20].

Penso che oggi, sabato 20, siano arrivati a Gerusalemme Marco e Benedetta. Saranno ospiti a Betania (quella vera!) di Lorenzo Ravasini. Domani ci sentiremo, forse.

Domenica 21 Agosto 2016

La messa del mattino diventa un vero pontificale. La presiede don Claudio, prete fiorentino (vicario cooperatore a Calenzano) che appartiene al gruppo “sentinelle di Dio”. Omelia bella con molte citazioni del papa (“la realtà è più importante dell’idea” … “Il tempo è più importante dello spazio”). Termina con un piccolo riassunto in inglese, cosa che fa contentissima Nedera (insegnante palestinese di Galilea). E poi don Claudio ritorna in Italia. Aveva trascorso alcuni giorni a Tel Aviv per assistere una famiglia ebrea in difficoltà di rapporto, a motivo anche di una terza gravidanza.

Io resto con David, il prete americano di Chicago che parla anche un po’ di spagnolo.

Questa domenica e’ stata molto bella, anche perché l’ho sentita come una “nuova ordinazione sacerdotale”. Per una serie di particolari o di segni semplici ma molto belli, ho sentito affacciarsi una letizia interiore capace di produrre importanti cambiamenti nel mio cammino spirituale. Banalmente direi così. Il Signore mi ha fatto capire che debbo lasciare un ministero nel quale esibisco me stesso, le mie cose, il mio sapere, il mio impegno … col fine (anche se non direttamente voluto) di conquistare e possedere le persone o gli spazi. Si direbbe: attirare! Debbo invece accompagnare le persone, farmi pellegrino con loro, se mai stando dietro. Così, loro e io non facciamo indebite confusioni quanto alla direzione fondamentale che è Cristo. Dunque… Giornata molto ricca!

Verso sera, col prodigio di Skype, contatto Benedetta e Marco che sono a Betania. Erano di rientro da Ain Arik, parrocchia palestinese, dove avevano incontrato e poi celebrato coi fratelli e sorelle di Monte Sole.

Lunedì 22 Agosto 2016 – festa di Maria Regina

Concelebra don David di Chicago. Ce la mette tutta a dire la sua parte di Preghiera eucaristica in … italiano. [Va in crisi coi “ch” e coi “gn” e con “gl” e poi con gli accenti, ma è stato bravissimo]. David va a Nazaret dalle Clarisse per qualche giorno.

Nell’omelia della Messa (sette minuti!) ho insistito nel dire che, quello che noi chiamiamo “apparizione dell’Angelo”, meglio sarebbe riconoscerlo come “incontro sponsale”. Per cui, l’espressione “avvenga a me secondo la tua parola”, si potrebbe tradurre, parafrasando la formula sponsale: “Io accolgo te, Parola … “.  Durante il giorno, anche per far passare il lungo tempo di preghiera, mi sono buttato in questa ardita formula, un tantino romantica: “Io, Franco Govoni, accolgo te Torah Dabar come mia sposa. Con la grazia di Cristo, prometto di esserti fedele sempre: nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti per tutti i giorni della mia vita”. [Torah = Insegnamento, Dabar = Parola: nome e cognome, dunque!]. All’inizio scherzavo. Poi, mi è apparsa una parola tanto vera che l’ho ripetuta felicemente tutto il giorno!

Verso sera è arrivato un gruppo giovani di Frascati (Roma). Erano circa 25: ragazzi e ragazze, più sui trenta che sui vent’anni. Guidavano il gruppo due frati. Hanno cantato molto bene il Vespro con le monache. Poi sono andati in parlatorio per circa 45 minuti. Poi mi pare abbiano consumato una pizza o altro, fatto dalle monache. Alle 21 se ne sono andati. A pranzo anch’io, stranamente solo, avevo mangiato una pizza, ottima.

È da qualche sera che siamo infastiditi non dal muezin ma da un sonoro “locale” chiamato Zero: cantano, suonano con toni molto alti. Di fatto poi smettono verso mezzanotte. Mi metto i tappi! Per strada c’è molta confusione, anche se … ordinata! Le ambulanze, poi, e la polizia fanno una continua, tetra cagnara!

Martedì 23 agosto 2016 Agosto 2016

Con Marco, Benedetta e Lorenzo ci diamo appuntamento per le 12 al Santo Sepolcro.

In mattinata loro avevano visitato la spianata del Tempio e altri luoghi santi. Io li avevo aspettati al Santo Sepolcro, pregando e leggendo il Nuovo Testamento e i Salmi in solita … lettura continua!

Baci e abbracci molto casti, perché ci trovavamo dentro a un luogo santo. Lorenzo ci ha spiegato come si è arrivati alla soluzione dei lavori alla Edicola che racchiude il sepolcro di Gesù (ricordatevi ogni tanto che Gesù è risorto e quindi non lo trovate … al sepolcro!). Marco ingegnere ha espresso i suoi fondati pareri sui lavori. Lavori che sono guidati da una donna ateniese, architetto.

Ma il punto culminante è stato il pranzo, vissuto in un locale del tutto arabo alla confluenza della Via Dolorosa col Wadi (i greci lo chiamavano Tyropeion). Venti euro in quattro: humus (è il migliore di Gerusalemme), falafel, patatine, coca. Cosa vuoi di più?

Ci siamo detti tante cose. Lorenzo ci ha parlato a lungo della situazione ecclesiale in Palestina e della scelta di padre Pizzaballa come arcivescovo vicario … in attesa del Patriarca latino? Caffe’ in un luogo appartato, che solo Lorenzo conosce. È un pezzo d’Austria in piena Gerusalemme.

Tra l’altro ci ha detto che una volta ha fatto da guida nientedimeno che a … Caterina d’Asburgo!

Alla sera trovo che è partito David, prete di Chicago ed è arrivato don Giancarlo, gesuita di Roma. E’ del gruppo redazionale della Civiltà Cattolica. Gli ricordo che il gesuita Antonio Spadaro, attuale direttore della rivista, venne a Bazzano a parlare della figura di Emanuel Carnevali. Spadaro sapeva tutto su di lui, peccato che fossimo soltanto in dieci ad ascoltare le cose bellissime che diceva e declamava [Carnevali, un bazzanese vissuto a New York, era poeta].

Mercoledì 24 Agosto 2016 – San Bartolomeo

Presiede don Giancarlo, che in giornata terrà un ritiro alle suore. Nella omelia, in riferimento all’Apocalisse, parla delle 12 Porte di Gerusalemme, che sono sempre aperte in segno di accoglienza di tutti i popoli. Io avevo pensato di tirare i remi in barca, in vista della mia vicina partenza. Poi, mi è venuta la pazza voglia di fare il giro di Gerusalemme per vedere … quante porte ci sono e come sono. L’idea era bella, ma è stata una gran faticata. Appena partito, si è staccata la suola della scarpa destra (le famose Mbt) e ho dovuto girare a zoppo galletto. C’era chi mi voleva vendere sandali o altro, ma ho tenuto duro e facendo un po’ ridere la gente sono arrivato a casa, stanchissimo: avrò fatto sei km, sempre sotto il bel sole di Gerusalemme!

Dalla Geenna sono salito verso Est: porta di Zion (lega il quartiere armeno col Zion cristiano: Cenacolo ecc. ). Questa porta è piena di buchi provocati da proiettili sparati nella guerra del 1948. L’ho fotografata, mentre un ebreo mi infastidiva con discorsi contro i giordani che avevano sparato … Ci sono due vistosi segnali stradali che dicono che non si può entrare. Al momento, teologia e topografia non vanno d’accordo, mi sono detto.

Poi si scende e si trova la porta dei Magrebini (Dung Gate = letame). Questa porta lega la vecchia città di Davide col muro occidentale o del pianto. Ho notato che sono in atto tantissimi scavi archeologici, che portano alla scoperta della città di Gesù e dell’antica Israele.

Terzo passaggio: la porta di Santo Stefano, la più vicina alla moschea per i musulmani. Una guida italiana diceva che qui era stato ucciso Stefano, appena fuori porta. “Si vede che avevano fretta” ha detto un pellegrino cretino! Ho fotografato la chiesa di S. Stefano.

Quarto passaggio: porta orientale, chiamata anche porta della Misericordia o del Giudizio. È chiusa del tutto, e sarà aperta nel giorno del giudizio, quando Dio peserà le nostre anime/vite. Fa pensare che nella cultura islamica, la porta della Misericordia sia chiusa …

Quinto passaggio: mi sono perso nel quartiere arabo. Volevo arrivare per vie nuove alla porta di Erode, ma una musulmana mi indicava sempre di andare verso il Sepolcro. Non arrivavo più, sempre … a zoppo galletto! Ci sono arrivato e l’ho fotografata in fretta, perché c’erano soldati. Anche qui c’era il divieto di accesso. Mi sono detto: non solo Israele (Zion) ma anche Ismaele (Musulmani) sta bene da solo!

Sesto passaggio: la bellissima porta di Damasco. Unisce (unirebbe!) Gerusalemme alla Siria!

Settimo passaggio: porta nuova. È recente e non molto bella, porta però a … Gesù, al suo sepolcro e alla memoria del suo dono d’amore  (eucaristia). Al Sepolcro, se ci avete fatto caso, ci sono due porte d’ingresso: una aperta e una chiusa. Dunque, anche la chiesa non ha finito di fare i conti con le chiusure e aperture! Sono entrato nel Sepolcro, ho chiesto …. apertura e pace, e poi sono salito in fretta.

Porta Giaffa: ottava porta. Avrete notato che le porte non sono dodici. Chissà com’era Gerusalemme, quando è stata scritta l’Apocalisse! La Gerusalemme che vediamo noi è quella di Solimano (1500). Porta Giaffa indica la via per Hebron, la città di Abramo. Che non voglia dire che bisogna tornare tutti ad Abramo, alla sua fede, alla sua accoglienza per avere porte aperte?

Ad ogni modo (udite, udite!) la porta esterna del monastero in cui stavo, che è sempre chiusa, questa volta era … spalancata! Sono entrato senza suonare, anzi ho trovato la abbadessa, suora di stretta … clausura/chiusura, che era davanti alla porta principale, quasi mi aspettasse! Che l’accoglienza – dico io – si trovi nelle persone, nei fratelli e non tanto nelle strutture?

Nel pomeriggio (esattamente alle 13,15 … orario tranquillo, vero?) sono stato ricevuto in udienza dalla abbadessa. È una giovane suora piena di vita, intelligente e accogliente. Si chiama Mariachiara, nativa di Rovereto. E’ molto attenta alla situazione ecclesiale della  Terrasanta: sa capire, accogliere, esortare, indirizzare le persone. Parliamo di tanto, se non di tutto … per due ore! Il monastero vive un momento di bella crescita (mi pare siano 11 suore). Per parte mia, l’incontro mi ha dato moltissimo: amicizia e incoraggiamento. Spero di incontrarla ancora, almeno con qualche email. Lei ha chiesto l’indirizzo del nostro sito. E poi, avendogli io parlato con molta enfasi del nostro vescovo Matteo, mi ha pregato di offrirgli (con dedica sua) il libro su Suor Maria della Trinità, suora clarissa morta a 40 anni in questo monastero.

Giovedì 25 Agosto 2016

Giorno bello! E’ il giorno in cui, quel groviglio che avevo nel cuore e che non mi lasciava, si è sciolto d’un colpo! Puoi pregare fin che vuoi, ma se non ti accetti come sei (un peccatore vero) non scatta niente. Volevo mettere a posto tante cose della mia vita, ma non riuscivo a incasellarle al posto giusto. Eppure erano tutte cose belle e giuste. Quando invece con pace e verità ho guardato indietro e ho riconosciuto il mio peccato  … Quale peccato? Quello della autocontemplazione, quello dell’attrarre in modo possessivo cose e persone, quello di abbracci che tolgono il respiro, quello di una pastorale ridotta al programmare e fare … Quando ho riconosciuto questo senza arrabbiarmi o trovare scuse, quando ho detto semplicemente: “Signore, perdonami” [ci voleva tanto?] allora le cose si sono messe a posto, e il giorno si è fatto sereno, gioioso, “ilare” come direbbe san Francesco. Che questo giorno si prolunghi per tutta la mia vita di prete. La parola che risuonava quel giorno nella mia lettura progressiva dei salmi, e che poi ho ripetuto all’infinito, era: “Perdonami, Signore, rinnovami nel tuo amore”.

A pranzo ho rischiato. È arrivato un gruppo di Padova, con guida locale, accompagnato da tre preti. Hanno parlato a lungo in parlatorio con le monache, poi vedo che escono: arrivano carrelli, spaghetti, uva ecc. Era già l’una e un quarto, e io di solito ricevevo il pasto alle 12,40. Sono andato dalla suora. “Abbiamo fatto confusione e ci siamo dimenticati di te”, ha detto. Allora ho mangiato con loro nel giardino. Pranzo d’addio … a spaghetti!

Venerdì 26 Agosto 2016

Oggi si conclude il mio soggiorno a Gerusalemme. Si conclude anche la lettura del libro di Giobbe che facciamo in parrocchia di Bazzano. Val la pena fermarsi un momento sul testo. Di quanto è scritto al versetto 10 del cap 42 do le due possibili traduzioni. “Il Signore si convertì” …. Va bene, ma non sto a spiegare i pro e i contro di questa traduzione. L’altra traduzione o interpretazione: “Il Signore cambiò la sorte di Giobbe”, che potrebbe voler dire: ” (Il Signore) lo fece ritornare” [dall’esilio!]. Mi aggancio a questa seconda possibilità. Il Signore fa tornare Giobbe dall’esilio … del suo sentirsi giusto, del voler discutere, del volere ragioni, del pretendere, del sentirsi al centro del mondo e quasi alla pari con Dio, ecc. Ma Dio riporta Giobbe al suo posto, che è “polvere e cenere”. Che non è poi un posto così brutto! E’ semplicemente il “suo”, il “vero” il “bel posto” che viene assegnato a ognuno di noi quando nasciamo. E’ il posto dei “creati così” da Dio. Quindi il posto dei piccoli, dei bimbi, di coloro che chiedono, aspettano, si lasciano parlare e abbracciare da Uno infinitamente amorevole e interessato alla “sua creatura”. Quando Giobbe accetta se stesso per quello che è, e accetta Dio per quello che è (e non per come vorrebbe fosse) allora tutta la sua vita (la sua sorte) “ritorna”, cioè cambia. E cambia …. prodigiosamente reduplicata!

Alla fine del mio pellegrinaggio a Gerusalemme, chiedo che il Signore faccia ritornare anche me … dall’esilio in cui sono/ero finito: esilio che era/è incatenamento ai miei programmi, ai miei abbracci, ai miei possessi, a me stesso.

Chiedo alle monache, alla beata Mariam del Crocifisso (carmelitana palestinese) di cui proprio oggi celebriamo la festa, a suor Maria della Trinità sulla cui tomba ho pregato, a Maria (quella buona davvero!) di accompagnare me e le nostre parrocchie fuori dall’esilio che ci inventiamo ogni giorno e che rende triste ogni nostro giorno.

Alle 11,45 saluto le monache: “Ha shana haba, birusalaim”, tradotto: “L’anno prossimo a Gerusalemme”. Pranzetto veloce. Aspetto, al portone, l’arrivo dello Shuttle/Navetta, il pulmino che mi conduce all’aeroporto. Chi arriva? La simpatica londinese Margaret, in taxi, da chissà dove. Si fa scaricare uno scatolone contenente non so cosa. Poi, siccome ha mal di schiena e non può piegarsi, va a prendere un bastone e spinge lo scatolone fino alla sua camera. E intanto parla, ride, commenta … Capisco una parola su dici! Per vedere di chiudere l’intrattenimento: “I’m leaving” le ho detto. “Oh, Shalom lecha! … Oh, shalom lech!”.

E sono partito … davvero in una grande pace!