Chiesa Arcipretale

Santo Stefano

a cura di Aurelia Casagrande

Sorge alla sommità del paese, ben visibile dalla pianura, tra la Rocca dei Bentivoglio e la torre dell’orologio, all’interno della cerchia delle mura bentivolesche. La prima menzione di un edificio di culto dedicato a Santo Stefano è contenuta in un documento del 789, che nomina una terra sancti Stephani cum cappella in ipsius honore constructa.71675250

La dedica a Santo Stefano potrebbe far pensare a un’origine bizantina del primitivo edificio, forse connesso alla presenza di una struttura difensiva di confine; può altresì essere collegata all’importanza del complesso di Santo Stefano a Bologna. Quello che è certo, è che fin dalle più antiche attestazioni (X secolo) del castello (castrum) di Bazzano la chiesa appare strettamente legata a esso e agli eventi militari con cui Bologna e Modena se ne contendevano il possesso. Originariamente sotto la giurisdizione vescovile (e poi comunale) di Modena, Bazzano fu infatti assegnata a Bologna una prima volta nel 1204 e – dopo quasi due secoli di alterne vicende – rimase definitivamente bolognese nel 1398, per decisione di Bonifacio IX.

La chiesa in origine era a una sola navata e orientata verso est. Nel corso del tempo ha subito varie trasformazioni: “girata” tra Cinque e Seicento, ampliata alla fine del ‘700 – quando fu costruita la cappella del Ss. Sacramento dall’architetto Francesco Tadolini –, nuovamente ingrandita alla fine del sec. XIX con l’aggiunta della navata destra, fu infine ulteriormente allargata nei primi decenni del ‘900 con la costruzione della navata sinistra.bazzano52

Tra il 1913 e il 1916 si intraprese la ricostruzione e l’innalzamento del tetto centrale della chiesa, nonché l’esecuzione di una nuova facciata su progetto dell’Ing. Adolfo Pasti; con diverse interruzioni e riprese nel 1939 si arrivò ad avere la chiesa completa con le due navate laterali e con buona parte della facciata in mattoni e rosone centrale.

Bombardata nel febbraio del 1945 e ristrutturata nel dopoguerra, la chiesa si presenta oggi con la facciata lineare – costruita in quel periodo sul basamento di quella precedente, rimasto intatto nonostante gli eventi bellici – e col campanile neoclassico eretto tra il 1721 e il 1728.

Dal 2005 al 2006 sono stati eseguite notevoli opere di risanamento murario degli interni che presentavano forti fenomeni di degrado dovuti a umidità, infiltrazioni e ai materiali non traspiranti usati per le tinteggiature dal dopoguerra in poi. Dopo diversi saggi stratigrafici si è deciso, assieme alla Soprintendenza, di riproporre le tinte a calce ritrovate nel presbiterio del Tadolini su tutta la superficie muraria della chiesa, in questo modo è stata data un’unitarietà cromatica che si era persa con le riprese e i ritocchi più disparati effettuati nel corso del tempo.

Anche gli apparati scultorei e gli ornati in stucco del presbiterio sono stati restaurati. In questa occasione  è stato dato nuovo assetto liturgico al presbiterio con l’inserimento del nuovo altare in marmo e dei nuovi arredi sacri.

Gravi fenomeni di fessurazione iniziati nel 2007 e aggravatisi sempre di più, hanno reso poi necessario un importante intervento strutturale elaborato sulla base di una approfondita campagna di indagini diagnostiche. I lavori di cerchiatura esterna e consolidamento murario interno, iniziati nel 2013, si sono conclusi nel 2014

All’interno sono presenti opere pregevoli quali:

LAA451555Santo Stefano (quadro, sopra altare maggiore). Opera dipinta nel 1637 dal pittore pesarese Simone Cantarini (1612-1648), allievo di Guido Reni, costituisce una delle rare opere dell’artista presenti nel territorio. In quell’anno il Cantarini, venuto a Bazzano, abitò con il Reni presso l’attuale villa Giulia (in via Paolazzo), ospite dell’illustre famiglia Biancani, proprietaria dell’edificio; da questa ebbe l’incarico di dipingere il quadro raffigurante il Santo protettore del paese, che doveva essere donato all’arciprete del tempo. Sullo sfondo del dipinto, che rappresenta un angelo senza ali che porge la corona e la palma del martirio a S. Stefano, è visibile il castello di Bazzano.

Via Crucis (tele, colonne navate centrale e laterali). Nel 1802 l’autorità ecclesiastica accordò il permesso di erigere nella chiesa parrocchiale la Via Crucis. All’esecuzione delle 14 tele settecentesche che la costituiscono furono chiamati otto artisti tra i migliori del tempo: Gaetano Gandolfi (stazioni I, VI, VII), Francesco Giusti (stazione II), Pietro Fancelli (stazioni III, IV), Francesco Capuri (stazioni V, IX), Jacopo Alessandro Calvi (stazioni VIII, XII, XIV), Luigi Ruvadini (stazione X), Filippo Pedrini (stazione XI), Ercole Petroni (stazione XIII).

Trinità (quadro, navata sinistra). Opera di Gaetano Gandolfi (1734-1802) raffigurante la SS. Trinità con i santi Pietro e Paolo, fu acquistata nel 1776 dall’arciprete don Argante Negretti, come si ricava dalla ricevuta autografa del pittore presente nell’archivio parrocchiale.

Misteri del Rosario (ovali, navata sinistra). Nella cappella del S. Rosario, attorno alla nicchia in cui è conservata la statua in cartapesta della Madonna della Pace, sono posti, in sequenza rettangolare, i 15 ovali raffiguranti i misteri del Rosario, dipinti presumibilmente tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento da autore anonimo.

Transito di S. Giuseppe (quadro, navata destra). Opera settecentesca del pittore Antonio Crespi, figlio del grande Giuseppe Maria, rappresenta S. Giuseppe morente attorniato da Gesù, da Maria, da S. Antonio Abate e da S. Antonio da Padova.

Crocifisso in legno (navata destra). Nella cappella detta del Crocifisso è visibile un grande crocifisso in legno, risalente presumibilmente al XVI secolo, donato dalla basilica di S. Petronio di Bologna. L’altare di questa cappella proviene dalla chiesa bolognese di S. Stefano.

Compianto su Cristo (terracotta, navata destra). Opera settecentesca legata a una tradizione e a un’iconografia ampiamente diffuse tra Seicento e Ottocento, rappresenta le pie donne piangenti attorno al corpo del Cristo morto. Il gruppo scultoreo è stato restaurato all’inizio degli anni Novanta a cura della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Bologna.