Le poesie

La festa ed San Jusef

La festa ed San Jusef al pilastrein
L'è dla mi vetta on di arcord piò bì,
e anc adesa a la maint um vein
la festa che al vecc’ Bazàn l’ha purtà vì.
Al fest agl’iren beli parché rigeina
regnava la pes, e adesa el peran fol,
tri franc custeva un pais (l) ed fareina
e si sold i balus al quartirò1. (2)
Custrett a s’ira a divertirs par forza:
e am arcord che, infein ch’an vgniva bùr,
zintunera ed ragazù purteven la torza
fata con stresal ed cherta ed tant culur.
E dap mezdè, senza pensir in testa,
òmn e dònn da cà ciapevan al vaul
par godris in allegrì la festa
ch’l’era bela com un razz ed soul.
A sira i ambrûs che al lusgnol (3)
i vlivan mettar in dla gabbieina
i andeven a finì in dal Cavaròl (4)
e pòra i n’avivan brisa dla Duratieina. (5)
E una bela vésta l’era a vaddr’impià
i lumein ch’iran mess tra i zindalein (6)
pr’ aria tra ona e cl’etra cà,
da Piaza Garibaldi al Pilastrein.
Dap al rusèri un cunzert a fià
suneva fein vers a la mezanòt
e la zeint sudisfata tumeva a cà
dap aver dà ai cumpagn la bona nòt.
Ma zerton, che bvò i avivan a garganel,
invezi d’ander drett in piaza,
avand, par l’elcool, offuscà al zarvel,
i s'infilavan zà par la Fundaza. (7)

La festa di San Giuseppe

La festa di San Giuseppe al pilastrino
è della mia vita uno dei ricordi più belli
e anche adesso mi viene alla mente
la festa che la vecchia Bazzano ha portato via.
Le feste erano belle perché regina
regnava la pace, e adesso sembrano favole,
costava tre franchi un peso di farina
e sei soldi le castagne al quartirolo.
Si era costretti a divertirsi per forza:
e mi ricordo che, finché non veniva buio,
centinaia di ragazzini portavano la torcia
fatta con strisce di carta di tanti colori.
E dopo mezzogiorno, senza pensieri in testa,
uomini e donne prendevano il volo da casa
per godersi in allegria la festa,
che era bella come un raggio di sole.
A sera i morosi che volevano
mettere l'usignolo nella gabbietta
andavano a finire nel Cavarolo
e non avevano paura della Doratina.
Ed era una bella vista vedere accesi
l lumini che erano messi tra gli zendalini
per aria tra una e l'altra casa,
da Piazza Garibaldi al Pilastrino.
Dopo il rosario un concerto per fiati
Suonava fin verso la mezzanotte
E la gente soddisfatta tornava a casa
dopo aver dato ai compagni la buona notte.
Ma certuni, che avevano bevuto a garganella,
invece di andare diritti in piazza,
avendo il cervello offuscato per l'alcol,
s'infilavano giù per la Fondazza

Corrado Zanetti (trad. di Luca Grasselli)

  1. Un pais: misura di peso che equivaleva a kg 9. (n.d.A.)
  2. Quartirol: misura di capacità. (n.d.A.)
  3. Che la componente amorosa della festa fosse piuttosto pronunciata risulta anche dal detto, riportato da Roberto Cerè,
    secondo cui "La notte della festa di San Giuseppe chi ha la morosa la perde e chi, invece, non ce l'ha la trova."
  4. Cavarol: sentiero stretto e lungo fiancheggiato da annose querce
    in prossimità del pilastrino di San Giuseppe. Terminava in fondo ad una
    valletta dove tuttora scorre un rigagnolo affluente del Rio Muzza. (n.d.A.)
  5. Duratieina: strega [o fata] che, si diceva, avesse ivi la sua dimora. (n.d.A.)
  6. zindalein: i caratteristici festoni affissi lungo le vie della contrada.
  7. Fundaza: il viottolo, ancora esistente, che si diparte scendendo
    da V. Giovanni da Bazzano sulla sinistra.

 

Codicillo breve

È destino delle umane cose scomparire
e talvolta in fretta, altre sorgono, avranno i loro giorni contati, e così
sempre sarà. Ma se poi qualcuno riesce a fermare sulla carta dei ricordi
e lo fa con la vena e la grazia di C. Z. bisogna essergliene grati. Della festa
di San Giuseppe, 19 marzo di ogni anno, che ne è più a Bazzano?
... Appena appena si recita la sera il Rosario al Pilastrino, che non ha più
per sfondo l'aperta campagna. Si sta inurbando, né più la contrada
si illumina di lampioncini alla veneziana negli archi e nelle finestre, e neppure
la gente accorre in folla, festosa, come mai; ... l'inverno, coi venti di marzo,
è stato fugato, le prode dei fossi son colme di fiori e le viole stanno
per fiorire che già dai primi di febbraio vennero ad annunciare la primavera.
Questo c1ima era propizio per la cattura dell’usignolo cui accenna il
poeta (sic) e - nota, se vogliamo, più rude e realistica - anche
le deviazioni dal retto sentiero per la Fondazza, altro non erano che la conseguenza
di libagioni un po’ esagerate. La fanfara dopo il Rosario. Par di vedere
ancora la grave figura del Maestro Guidicini che infervorava i suoi ragazzi,
li spingeva ad amare l’arte dei suoni e con ineguagliabile giovamento
per la formazione dei caratteri, per la bontà dei costumi. Caro Guidicini,
la sua bella figura rimane scolpita nel cuore dei bazzanesi che ebbero la ventura
di conoscerlo... Dopo le melodie i bussi... era lo stesso Guidicini che si improvvisava
artificiere; utilizzando una parte dei fuochi regalatigli la sera della festa
di San Luigi dai maestri dei ricami stellari. E la fata Duratiéina chi
la conosce oggigiorno? Eppure i nostri bambini, al tempo della festa di San
Giuseppe, con Mons. Della Casa, la sognavano, nascosta in qualche anfratto,
giù nella valletta della Muzza. Era il tempo in cui essi credevano alle
Fate e tempo buono.

cav. Aldo Ramenghi

(da "La voce del Samoggia", agosto 1962 - Arch.Com.Bazzano)