Ritengo che non si debbano importunare quelli che dalle nazioni si convertono a Dio

 

Atti 15,7-21

Il testo parla di una grande controversia, più che di una discussione. Non sono pareri a confronto, ma giudizi che escludono una parte o l’altra.

Pietro “che se ne era andato verso un altro luogo” (12,17) ricompare non come capo della chiesa di Gerusalemme, ma come testimone delle scelte che Dio ha già fatto. Dio – dice – non ha fatto alcuna discriminazione tra noi e loro (i pagani) purificando i loro cuori con la fede (in Gesù). Non si può imporre sul collo dei discepoli un giogo che nemmeno noi (giudei) abbiamo portato. E conclude: “Noi invece crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo stati salvati, così come loro”.

“Tutta l’assemblea tacque” vuol dire che era d’accordo.

Poi parlano Barnaba e Paolo, anch’essi come testimoni “dei grandi segni e prodigi che Dio aveva compiuto tra le nazioni per mezzo loro”. Sia Pietro che Barnaba e Paolo sono strumenti, ma è Dio stesso che ha fatto la scelta e opera in favore delle nazioni.

Infine prende la parola Giacomo, che figura come capo della chiesa di Gerusalemme. Anch’egli si richiama a Dio, ma non per una testimonianza personale, bensì per l’autorità delle Scritture o parole dei profeti. Quindi “non bisogna importunare quelli che dalle nazioni si convertono a Dio”.

Bisogna soltanto stabilire alcune regole che permettano una vita comune tra giudei e pagani convertiti, nel rispetto delle tradizioni dei giudei, che sono presenti in tutto il mondo. Un non rispetto delle loro tradizioni creerebbe dissidi e motivi di separazione [Come di fatto avvenne]