Tutto ciò per l’infedeltà di Giacobbe

Michea 1,1-16

Il ministero di Michea si svolge in un tempo che va circa dal 730 al 700 a.C. Si rivolge particolarmente a Gerusalemme e a Samaria. La redazione definitiva comunque è del dopo esilio ((V secolo).

Dio compie un giudizio, mette sul tavolo un procedimento accusatorio in cui egli è testimone contro di voi. Il voi è Gerusalemme (regno di Giuda) e Samaria (regno del Nord).

Il capo d’imputazione è il peccato, detto infedeltà: un tradimento cioè del vincolo di alleanza tra il Signore e il popolo (5). Questa infedeltà è chiamata prostituzione in quanto è, da parte del partner popolo, abbandono del partner (Dio) per unirsi agli idoli. Il partner/popolo risulta dunque infedele all’alleanza.

Allora Dio dice: “Ridurrò Samaria ad un mucchio di rovine … rotolerò le sue pietre nella valle … di tutti i tuoi idoli farò scempio” (6-7). [Queste parole – e spesso tutte le parole profetiche – evocano (in generale) le richieste dell’accusa del partner tradito, più che interventi di fatto].

Pertanto, il giudizio o pronunciamento è un invito forte alla riconciliazione. E siccome non è stato il Signore il partner infedele al patto, l’invito è rivolto al popolo e suona come ultimo appello al cambiamento.

L’invito al cambiamento risuona spesso nelle profezie come lamento. Il lamento è la descrizione anticipata evocatrice dello stato triste e angosciato che potrebbe succedere se non si cambia strada. In realtà, per Samaria, un segno delle cose evocate sono di fatto avvenute nel 721 a.C. [Vedi versetti 8-16].