Dio non è dei morti, ma dei viventi

Luca 20,27-40

E’ la volta di alcuni sadducei.

Questo sistema sacerdotale cultuale (quanto alle verità di fede) accoglie soltanto quello che è esplicitamente affermato nella Torah (Legge di Mosè), non invece quello che è comunemente affermato dalla tradizione. Nel caso presente, afferma che non c’è risurrezione.

Essi pensano che la vita sia tutta assorbita dalla vicenda terrena, e già in questa nostra vita abbiamo retribuzione o premio. L’idea di un mondo futuro – secondo loro – apre all’assurdità, quasi al grottesco!

Il mondo futuro, invece – dice Gesù – non è una bella copia del mondo presente, non è una sua prosecuzione. Quello che qualifica il presente è la morte. Nel futuro non c’è la morte. In quanto risorti, si vive di una vita non più legata alla morte, una vita quindi che sia bisognosa di generazione. Nel mondo che viene “non si prende moglie e non si prende marito”.

Ma, ecco il punto: noi risorgiamo? Lo afferma solo la tradizione popolare o anche la Scrittura/Torah? Lo afferma anche la Scrittura. L’argomentazione di Gesù è insolita per noi, ma non per i suoi interlocutori.

Il Signore Dio, parlando a Mosè (che viene tanto tempo dopo Abramo), dice: “Io sono il Dio di Abramo”. Quindi … Abramo c’è ed è vivo! Eppure – si risponde – Abramo è morto! Allora … Dio lo ha risuscitato, perché non può essere Dio dei morti!

Le diatribe finiscono qui. E finiscono con una affermazione degli scribi (normalmente avversari dei sacerdoti): “Maestro, hai parlato bene”. Si dice anche che “non osavano più rivolgergli alcuna domanda”. Un modo per dire che lo riconoscono “maestro”.