La parabola è per “coloro che si ritenevano giusti e disprezzavano gli altri“.
Un fariseo (è una generalizzazione) prega così: Ti ringrazio, Dio, perché non rubo, non agisco male, non sono adultero … come gli altri uomini! Anzi, faccio anche tutto quello che non sarei obbligato a fare!
Quello che dice sono tutte cose vere. Ma la cosa sbagliata, che a Dio non piace, è che il fariseo disprezza gli altri e che si guarda addosso, e non guardi Dio. La sua preghiera è un monologo di autocontemplazione: non è preghiera!
Un pubblicano/peccatore (anche questa è una generalizzazione) prega così: O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Il pubblicano parla veramente con Dio, anche se sta lontano, anche se non alza gli occhi al cielo (Dio).
Il fariseo si è innalzato (“sono a posto, sono giusto: gli altri, no!”) e torna a casa rimanendo quello che non sapeva e non voleva essere, cioè un peccatore. Il pubblicano invece si è abbassato (“sono peccatore, e basta!”) e torna a casa cambiato perdonato, fatto giusto.
Il pubblicano/peccatore ha capito che non contava niente, che non aveva niente da dare e da dire a Dio. Tutto il suo “potere” era di chiedere perdono. Il pubblicano/peccatore era come un bambino, bisognoso di essere toccato dall’amore/perdono di Dio.
Bisogna essere così. Dice Gesù: “Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite; a chi è come loro infatti, appartiene il regno di Dio”. Solo così si entra nel regno, trovando la comunione col Signore.