Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto

Apr 15, 2024 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Esodo 20,1-12

1Dio pronunciò tutte queste parole:
2«Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile:
3Non avrai altri dèi di fronte a me.
4Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. 5Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, 6ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.
7Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano.
8Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. 9Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; 10ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. 11Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato.
12Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà.

“Dio pronunciò tutte queste parole”. È un avvio solenne: sono parole che Dio dice al popolo in modo diretto.

Parole che si agganciano e prendono senso dall’affermazione iniziale: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra di Egitto, dalla condizione servile.” Colui che parla non è un qualsiasi dio, ma il Dio “tuo” liberatore. Le parole dette, dunque, sono parole che inaugurano e sigillano un’alleanza voluta da Dio, da quel Dio che mi ha liberato e vuole rimanere unito a me nella fedeltà e nell’amore.

“Non avrai altri dei di fronte a me” è una prima conseguenza. Non c’è altro Dio che ti abbia amato, scelto, liberato; per cui il tuo rapporto vero  e di vita non può essere altro che con me. Sii fedele, perché Io sono fedele. Più sotto è scritto… “Io sono un Dio geloso”.

“Non ti farai immagine scolpita, né raffigurazione alcuna di quanto è lassù nel cielo … sulla terra … nelle acque sotto la terra”. Proibizione di fare immagini del Signore o di dèi stranieri? Il contesto del secondo comandamento concerne il culto vero del Signore ed è rivolto ai suoi adoratori; perciò, si tratta del divieto delle immagini cultuali (per es. il vitello d’oro), non dell’uso delle arti visive nel santuario del Signore, né tanto meno dell’attività artistica in generale. Il senso ultimo è quello di non cadere nella idolatria (non tanto dottrinale filosofica, quanto esistenziale cultuale).

Commenta l’autore,  “Guarda che Io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso”. E come “Dio geloso” non tengo chiusi gli occhi, anzi! L’espressione “non tengo chiusi gli occhi” (e quindi castigo/correggo): se si applica a “quelli che mi odiano/non osservano i miei comandamenti” comporta castigo/correzione, ma per un numero chiuso di generazioni (terza/quarta generazione); se si applica a “quelli che mi amano /osservano i miei comandamenti” comporta misericordia/bontà all’infinito! La correzione è legata a un tempo definito e chiuso, la misericordia va sempre oltre. [Secondo il libro della Genesi l’immagine scolpita di Dio è l’uomo; secondo Deuteronomio l’immagine con cui si è rivelato Dio a Israele è la voce].

“Non pronuncerai invano il nome del Signore”. Io non sono al tuo servizio, non strumentalizzarmi nella tua rabbia (con la formale bestemmia) o nel tuo interesse (con la magia e il giuramento); ma soprattutto non cadere in mano all’idolatria (con le varie forme di sincretismo).

“Ricordati del giorno del Signore per santificarlo”. Il servizio all’unico Dio (vedi i due comandamenti precedenti) ha il suo sviluppo e compimento nella santificazione del giorno del Signore, il sabato. C’è un giorno “del” Signore (giorno della sua presenza in mezzo a Israele) e un giorno “per” il Signore (giorno di Israele davanti al Signore). Il sabato è un giorno “santo”, quindi, un giorno che il Signore ha separato dagli altri giorni e si è riservato: questo giorno è “suo”. Dio ha fatto “suo” questo giorno “cessando” ogni sua opera. [Più che di “riposo” (non possiamo pensare che Dio si sia stancato a creare!) dobbiamo pensare a compimento o pienezza dell’opera, cui segue una singolare verifica che può chiamarsi “contemplazione” da parte di Dio stesso]

Quindi: ammirazione, benedizione, lode. Anche l’uomo deve “riposare” (non solo in senso fisico, funzionale alla ripresa del lavoro), ma nel senso di “cessare” per benedire, lodare, contemplare … il già fatto da Dio. Nel contesto dell’Esodo, il già fatto (da Dio) è l’opera di liberazione dalla schiavitù. Ciò comporta (da parte di Israele) quel da farsi che è semplicemente la cessazione dalle opere e la lode dovuta e grata. La cessazione o santificazione del sabato deve coinvolgere tutta la creazione terrena: nel “tu” (rivolto all’uomo) c’è tutto ciò che è “tuo”, ma … tuo non è! Almeno un giorno alla settimana deve apparire che tutto e tutti (perfino gli animali) si appartiene a Dio.

“Onora tuo padre e tua madre”. Il quarto comandamento è in linea con quanto precede, ma fa da cerniera a quanto segue. Allo scorrere di un tempo segnato dalla santità del sabato, segue ora lo scorrere delle generazioni segnato dal rapporto tra padri e figli. Il comandamento illustra la duplice relazionalità che caratterizza l’uomo: la relazione con Dio e la relazione col il prossimo, rappresentato qui dai genitori. I genitori rappresentano Dio in quanto donano la vita secondo la benedizione impartita loro all’inizio dell’umanità, ma anche la vita come educazione, crescita. A loro, dunque, onore “come” a Dio, anche se non sono Dio. Questo comandamento ha una finalità: la sua affermazione è seguita da un “perché”: “perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà”. Vita lunga e sicura è legata a chi onora il Signore e osserva le sue parole, questa stessa vita è assicurata … a chi onora i genitori.

Domenica 14 Aprile 2024 – III Domenica di Pasqua – Anno B

Apr 14, 2024 | Postato da Francesca Ospitali - Accompagnamento quotidiano

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ANTIFONA DI INGRESSO:

Acclamate Dio, voi tutti della terra,
cantate la gloria del suo nome,
dategli gloria con la lode. Alleluia. (Sal 65,1-2)

 

PRIMA LETTURA

Dagli Atti degli Apostoli (At 3,13-15.17-19)
In quei giorni, Pietro disse al popolo: «Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni.
Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi. Ma Dio ha così compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo doveva soffrire. Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati».
Parola di Dio

Salmo responsoriale: Sal 4

Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto.

Quando t’invoco, rispondimi, Dio della mia giustizia!
Nell’angoscia mi hai dato sollievo;
pietà di me, ascolta la mia preghiera.

Sappiatelo: il Signore fa prodigi per il suo fedele;
il Signore mi ascolta quando lo invoco.

Molti dicono: «Chi ci farà vedere il bene,
se da noi, Signore, è fuggita la luce del tuo volto?».

In pace mi corico e subito mi addormento,
perché tu solo, Signore, fiducioso mi fai riposare.

SECONDA LETTURA: Dalla Prima lettera di San Giovanni Apostolo  (1Gv 2,1-5)
Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paràclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.
Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità. Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.
Parola di Dio

Alleluja, Alleluja

Signore Gesù, facci comprendere le Scritture;
arde il nostro cuore mentre ci parli.

Alleluja

VANGELO

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 24,35-48)

In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano [agli Undici e a quelli che erano con loro] ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».
Parola del Signore

Siate pronti per il terzo giorno

Apr 13, 2024 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Esodo 19,10-25

10Il Signore disse a Mosè: «Va’ dal popolo e santificalo, oggi e domani: lavino le loro vesti 11e si tengano pronti per il terzo giorno, perché nel terzo giorno il Signore scenderà sul monte Sinai, alla vista di tutto il popolo. 12Fisserai per il popolo un limite tutto attorno, dicendo: “Guardatevi dal salire sul monte e dal toccarne le falde. Chiunque toccherà il monte sarà messo a morte. 13Nessuna mano però dovrà toccare costui: dovrà essere lapidato o colpito con tiro di arco. Animale o uomo, non dovrà sopravvivere”. Solo quando suonerà il corno, essi potranno salire sul monte». 14Mosè scese dal monte verso il popolo; egli fece santificare il popolo, ed essi lavarono le loro vesti. 15Poi disse al popolo: «Siate pronti per il terzo giorno: non unitevi a donna».
16Il terzo giorno, sul far del mattino, vi furono tuoni e lampi, una nube densa sul monte e un suono fortissimo di corno: tutto il popolo che era nell’accampamento fu scosso da tremore. 17Allora Mosè fece uscire il popolo dall’accampamento incontro a Dio. Essi stettero in piedi alle falde del monte. 18Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco, e ne saliva il fumo come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto. 19Il suono del corno diventava sempre più intenso: Mosè parlava e Dio gli rispondeva con una voce.
20Il Signore scese dunque sul monte Sinai, sulla vetta del monte, e il Signore chiamò Mosè sulla vetta del monte. Mosè salì. 21Il Signore disse a Mosè: «Scendi, scongiura il popolo di non irrompere verso il Signore per vedere, altrimenti ne cadrà una moltitudine! 22Anche i sacerdoti, che si avvicinano al Signore, si santifichino, altrimenti il Signore si avventerà contro di loro!». 23Mosè disse al Signore: «Il popolo non può salire al monte Sinai, perché tu stesso ci hai avvertito dicendo: “Delimita il monte e dichiaralo sacro”». 24Il Signore gli disse: «Va’, scendi, poi salirai tu e Aronne con te. Ma i sacerdoti e il popolo non si precipitino per salire verso il Signore, altrimenti egli si avventerà contro di loro!». 25Mosè scese verso il popolo e parlò loro.

Siamo al racconto della celebrazione dell’alleanza, ma soltanto nella fase preparatoria.
“”Santificare il popolo” significa prima di tutto “separare e creare uno spazio” riservandolo per il Signore. Questo “spazio” è rappresentato dal “monte”. Pertanto, il popolo deve “tenersi lontano per il terzo giorno” dallo spazio sacro che è monte (pena la morte!). Lo spazio del Signore non è inaccessibile, quasi che il Signore non volesse essere incontrato. È accessibile “quando suonerà il corno”. Allora “essi potranno salire sul monte”.

Per dire che il Signore si fa presente, si fa uso delle tradizionali immagini: “tuono e lampi, una nube densa e un suono fortissimo di corso”. E allora “il popolo può uscire dall’accampamento incontro al Signore”, ma deve “stare in piedi alle falde del monte”, cioè, “davanti al Signore”.

L’incontro tra il Signore e il popolo non avviene in modo diretto, ma attraverso la mediazione di Mosè; infatti, “Mosè parlava e Dio gli rispondeva con una voce”. [In questo caso, la voce è nient’altro che il tuono]. Chi legge direttamente il testo (molto elaborato e composito) può notare che dal versetto 20 al 25 sostanzialmente si ripete il comando di Dio a Mosè. Il versetto 25 (“Mosè scese verso il popolo e parlò loro”) ha il suo seguito al capitolo 24. Nel presente contesto avvertiamo e dobbiamo riconoscere che Mosè … ha già parlato al popolo. Lungaggini letterarie per dire e attestare e “convincere” il popolo – ora e per sempre – che Mosè è un mediatore della parola di Dio e non portatore di una sua opinione personale. Per dire che Mosè è la guida del popolo.

Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa

Apr 12, 2024 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Esodo 19,1-9

Al terzo mese dall’uscita degli Israeliti dalla terra d’Egitto, nello stesso giorno, essi arrivarono al deserto del Sinai. 2Levate le tende da Refidìm, giunsero al deserto del Sinai, dove si accamparono; Israele si accampò davanti al monte.
3Mosè salì verso Dio, e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: «Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: 4“Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me. 5Ora, se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! 6Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa”. Queste parole dirai agli Israeliti».
7Mosè andò, convocò gli anziani del popolo e riferì loro tutte queste parole, come gli aveva ordinato il Signore. 8Tutto il popolo rispose insieme e disse: «Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!». Mosè tornò dal Signore e riferì le parole del popolo. 9Il Signore disse a Mosè: «Ecco, io sto per venire verso di te in una densa nube, perché il popolo senta quando io parlerò con te e credano per sempre anche a te».
Mosè riferì al Signore le parole del popolo.

“Al terzo mese dall’uscita degli Israeliti dalla terra d’Egitto, nello stesso giorno, essi arrivarono al deserto del Sinai”. Il viaggio è ripreso: si arriva al Sinai. “Si accamparono davanti al monte”… alla presenza di Dio. [Monte dice presenza di Dio).

Per quanto riguarda la data e i giorni, l’annotazione “in questo giorno” dice riferimento alla festa che la comunità sta di fatto celebrando … una volta arrivato nella terra. L’annotazione, dunque, è di tipo liturgico-rituale e non strettamente cronologico.

“Dio chiamò Mosè dal monte” e fece dire agli Israeliti una cosa capitale. E’ il compendio di tutta la storia in corso, storia che si è fatta … esperienza (“voi stessi avete visto!”). Ecco l’esperienza che Dio stesso richiama con parole solenni. Voi avete visto ciò che Io ho fatto all’Egitto: Avete visto (sperimentato) che Io vi ho fatto venire fino a me [Il monte rappresenta Dio]; avete visto che non vi è successo niente di male, mentre voi non facevate niente; sono stato Io che “vi ho sollevato su ali di aquila”.

Ecco la conseguenza. Voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli [Come dire: tutti i popoli sono miei, ma voi siete una porzione particolare non più bella o più buona di altri. Semplicemente siete un popolo che Io mi sono riservato.

Che tipo o qualità o finalità di riserva o appartenenza abbiamo? Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa. Queste parole, come anche quelle prima, dicono riferimento non tanto a privilegio, ma a una missione che comprende il disegno di Dio per il mondo intero. Potremmo concludere così: A Israele viene affidata la missione di essere il popolo di Dio a vantaggio del mondo intero che (già) appartiene a Dio.

Dunque. Israele è un regno di sacerdoti, vale a dire, una nazione che serve/offre, anziché una nazione che comanda/prende. Ha una funzione mediatrice fra Dio e gli altri regni. Tutto il popolo di Dio, e non soltanto il clero, deve essere impegnato a estendere per tutto il mondo la conoscenza dell’unico Dio.

Dunque. Israele è una nazione santa, vale a dire, un popolo “messo a parte” (questo è il vero senso di “santo”) non soltanto “da” altri popoli, ma “per” altri popoli con uno scopo particolare. Israele deve incarnare il disegno proprio di Dio nel mondo intero.

Risposta di Israele. La fecondità di tutto quello che Dio ha fatto/detto è legata a una … particella: “se”. Il problema non è come Israele possa diventare il popolo di Dio; esso è già il popolo eletto. Il problema consiste nel conoscere che cosa comporta e quindi cosa “fonda” il rapporto con Dio. Cioè: cosa significa essere nel mondo il popolo che Dio ha liberato.

Ebbene, “se” il popolo sarà fedele al Patto, “se” osserverà tutte le parole del Signore, allora sarà il popolo che manifesta il disegno di Dio nel mondo. Quel mondo, dice il Signore, che è “mio”.Tutto il popolo rispose insieme e disse: «Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!»[Accetta la missione legata all’obbedienza]. Mosè tornò dal Signore e riferì le parole del popolo.”

Mosè diede ascolto alla voce del suocero

Apr 11, 2024 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Esodo 18,13-27

Il giorno dopo Mosè sedette a render giustizia al popolo e il popolo si trattenne presso Mosè dalla mattina fino alla sera. 14Allora il suocero di Mosè, visto quanto faceva per il popolo, gli disse: «Che cos’è questo che fai per il popolo? Perché siedi tu solo, mentre il popolo sta presso di te dalla mattina alla sera?». 15Mosè rispose al suocero: «Perché il popolo viene da me per consultare Dio. 16Quando hanno qualche questione, vengono da me e io giudico le vertenze tra l’uno e l’altro e faccio conoscere i decreti di Dio e le sue leggi». 17Il suocero di Mosè gli disse: «Non va bene quello che fai! 18Finirai per soccombere, tu e il popolo che è con te, perché il compito è troppo pesante per te25Mosè; non puoi attendervi tu da solo. 19Ora ascoltami: ti voglio dare un consiglio e Dio sia con te! Tu sta’ davanti a Dio in nome del popolo e presenta le questioni a Dio. 20A loro spiegherai i decreti e le leggi; indicherai loro la via per la quale devono camminare e le opere che devono compiere. 21Invece sceglierai tra tutto il popolo uomini validi che temono Dio, uomini retti che odiano la venalità, per costituirli sopra di loro come capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di decine. 22Essi dovranno giudicare il popolo in ogni circostanza; quando vi sarà una questione importante, la sottoporranno a te, mentre essi giudicheranno ogni affare minore. Così ti alleggerirai il peso ed essi lo porteranno con te. 23Se tu fai questa cosa e Dio te lo ordina, potrai resistere e anche tutto questo popolo arriverà in pace alla meta».
24Mosè diede ascolto alla proposta del suocero e fece quanto gli aveva suggerito. Mosè, dunque, scelse in tutto Israele uomini validi e li costituì alla testa del popolo come capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di decine. 26Essi giudicavano il popolo in ogni circostanza: quando avevano affari difficili li sottoponevano a Mosè, ma giudicavano essi stessi tutti gli affari minori. 27Poi Mosè congedò il suocero, il quale tornò alla sua terra.

La presenza di Ietro è ricca di insegnamenti per Mosè stesso e per la sua attività di guida. L’attività giudiziale o amministrazione della giustizia vuol dire, per Mosè, presentazione della Legge di Dio, sua spiegazione e poi applicazione alla vita; per il popolo si tratta di “consultare Dio” (lett. “cercare Dio”). In questa attività, Mosè fa tutto da solo! Non tanto perché voglia essere “accentratore”, ma per assolvere pienamente quella responsabilità che gli era stata data di indicare al popolo la concreta volontà di Dio.

È troppo, dice Ietro, soccomberai tu e il tuo popolo. Un conto, dice ancora Ietro, è “stare davanti a Dio in nome del popolo e presentargli i vari problemi e spiegare i decreti e le leggi (cioè) indicare loro la via per la quale devono camminare e le opere che devono compiere” (con parole sintetiche potremmo dire di una “attività oracolare”); un altro conto è “giudicare il popolo in ogni circostanza” (potremmo dire di una “attività giudiziale” o di governo). Le due attività, fino a quel momento, erano esercitate direttamente da Mosè.

Un gruppo non israelita (!) offre una soluzione, che Mosè accetta. È interessante questo: tutto viene da Dio, ma non tutto passa direttamente da Israele (oggi la Chiesa). [Notiamo “la classe” di Ietro (saggezza, umiltà, furbizia …) in questo singolare modo di esprimersi “se tu fai questa cosa e Dio te la ordina”] Dunque, Mosè accetta! È scritto: “Mosè diede ascolto alla proposta (lett. alla voce del suocero) e fece quanto gli aveva suggerito.”

Continuiamo la lettura di un testo che “aiuterà” (o avrebbe dovuto aiutare) anche le nostre comunità, vedi per esempio Atti degli Apostoli. “Mosè, dunque, scelse in tutto Israele uomini validi e li costituì alla testa del popolo come capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di decine. 26Essi giudicavano il popolo in ogni circostanza: quando avevano affari difficili li sottoponevano a Mosè, ma giudicavano essi stessi tutti gli affari minori.”

“Poi Mosè congedò il suocero, il quale tornò alla sua terra”. Quanti, nella storia dei popoli e anche della chiesa, hanno parlato e agito profeticamente (secondo il volere di Dio) e poi … sono tornati “alla loro terra”. Quanto bene viene suggerito e fatto da chi non si vanta e non se ne appropria!

Ietro venne a sapere quanto Dio aveva operato per Mosè e per Israele

Apr 10, 2024 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Esodo 18,1-12

Ietro, sacerdote di Madian, suocero di Mosè, venne a sapere quanto Dio aveva operato per Mosè e per Israele, suo popolo, cioè come il Signore aveva fatto uscire Israele dall’Egitto. 2Allora Ietro prese con sé Sipporà, moglie di Mosè, che prima egli aveva rimandata, 3con i due figli di lei, uno dei quali si chiamava Ghersom, perché egli aveva detto: «Sono un emigrato in terra straniera», 4e l’altro si chiamava Elièzer, perché: «Il Dio di mio padre è venuto in mio aiuto e mi ha liberato dalla spada del faraone». 5Ietro dunque, suocero di Mosè, con i figli e la moglie di lui, venne da Mosè nel deserto, dove era accampato, presso la montagna di Dio. 6Egli fece dire a Mosè: «Sono io, Ietro, tuo suocero, che vengo da te con tua moglie e i suoi due figli!». 7Mosè andò incontro al suocero, si prostrò davanti a lui e lo baciò; poi si informarono l’uno della salute dell’altro ed entrarono sotto la tenda. 8Mosè raccontò al suocero quanto il Signore aveva fatto al faraone e agli Egiziani a motivo di Israele, tutte le difficoltà incontrate durante il viaggio, dalle quali il Signore li aveva liberati. 9Ietro si rallegrò di tutto il bene che il Signore aveva fatto a Israele, quando lo aveva liberato dalla mano degli Egiziani. 10Disse Ietro: «Benedetto il Signore, che vi ha liberato dalla mano degli Egiziani e dalla mano del faraone: egli ha liberato questo popolo dalla mano dell’Egitto! 11Ora io so che il Signore è più grande di tutti gli dèi: ha rivolto contro di loro quello che tramavano». 12Ietro, suocero di Mosè, offrì un olocausto e sacrifici a Dio. Vennero Aronne e tutti gli anziani d’Israele, per partecipare al banchetto con il suocero di Mosè davanti a Dio.

È il racconto di una alleanza tra Ietro e Mosè, alleanza che sembrava rotta o trascurata, a motivo dell’atto di ripudio della moglie Sippora, sposa di Mosè.

L’incontro è bello e toccante: emerge la figura di Ietro, suocero di Mosè, un non ebreo che si comporta con semplicità e autorità. È Ietro che va incontro a Mosè, o meglio, che si fa annunciare a Mosè. Ci va con la moglie e i due figli di Mosè: senza alcun rimprovero nei confronti del genero, piuttosto lodando Dio per quanto era avvenuto a Mosè e al suo popolo. Tanto che arriva a dire, rallegrandosi: “Ora io so che il Signore è più grande di tutti gli dèi: ha rivolto contro di loro quello che tramavano”.

Incontrandolo, Mosè aveva onorato il suocero prostrandosi, baciandolo, raccontandogli tutto quello che era avvenuto. Durante questo racconto, Ietro ascolta (come ognuno di noi dovrebbe sempre ascoltare). Poi “offrì un olocausto e sacrifici a Dio”. È un sacrificio che apre a un banchetto di alleanza. [Notiamo: è Ietro, non ebreo, che presiede al sacrificio da lui stesso offerto]

Non si tratta tanto di una ricomposizione famigliare tribale, quanto di una vera apertura profetica ai popoli “davanti a Dio”. Come a dire: Dio è d’accordo che … i popoli trovino comunione con Israele, là dove essi riconoscono che “il Signore (Dio di Israele) è più grande ddi tutti gli dèi”; nello stesso tempo, però, non camminano con e come Israele. [vedremo domani]

Il Signore è il mio vessillo

Apr 9, 2024 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Riprendiamo la nostra lettura quotidiana della Scrittura. Riprendiamo con l’episodio di Amalek che “venne a combattere contro Israele”. Siamo nel tempo pasquale: quale Amalek, quale nemico potrebbe rovinarci il dono e il cammino nuovo della Pasqua?

Esodo 17,8-16
8Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm. 9Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio». 10Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle. 11Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. 12Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. 13Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada.
14Allora il Signore disse a Mosè: «Scrivi questo per ricordo nel libro e mettilo negli orecchi di Giosuè: io cancellerò del tutto la memoria di Amalèk sotto il cielo!». 15Allora Mosè costruì un altare, lo chiamò “Il Signore è il mio vessillo” 16e disse:
«Una mano contro il trono del Signore!
Vi sarà guerra per il Signore contro Amalèk,
di generazione in generazione!».

Finora non abbiamo assistito a vere e proprie battaglie per quanto riguarda Israele. Questa è la prima battaglia che incontriamo nel cammino del deserto, ma non è una battaglia come si intende comunemente o come tante altre.

Israele, che ha un procedere faticoso ma pacifico, viene attaccato: “Amalek venne a combattere contro Israele a Refidim”. L’iniziativa, dunque, non è di Israele; meno che meno, di Dio. La prima impressione è che Amalek sia una potenza come tante altre. Una potenza che non vede bene il passaggio di un popolo che gli può creare grandi problemi. Più in profondo, e a veder bene, si percepisce uno scontro tra il Dio di Israele e una potenza mondana che si fa dio, proprio come quando il nemico era Faraone.

Battaglia strana, dicevamo; si potrebbe dire, “battaglia santa”. Quindi, battaglia con vittoria che non è ottenuta dalle armi militari, umane, ma da Dio stesso attraverso la preghiera di Mosè sul monte. Non Mosè da solo (quasi diventasse lui dio: ci sono Aronne e Cur) e non con le sole sue forze. Mosè infatti ha in mano il bastone di Dio.

La strategia non si sofferma tanto in piano, là dove combattono le persone, ma sul monte, sui gesti di Mosè. Notiamo allora questi gesti: a) Mosè alza “la sua mano” (e non le sue mani … al plurale), alza cioè la mano col bastone; non è un gesto di semplice preghiera, ma di obbedienza, come gli aveva comandato il Signore, e quindi di fiducia nella parola di Dio; tutto si gioca sulla fede di Mosè. b) Le mani di Mosè si fanno pesanti.  Le mani (al plurale) indicano la forza di Mosè; ebbene la sua forza viene meno. c) Allora c’è la fede della comunità sacerdotale che lo aiuta; questo è significato dal gesto singolare di porre una pietra sotto Mosè e di sostenere le sue mani da parte di Aronne e Cur. Pietra (cioè fede/perseveranza) e Aronne e Cur (cioè popolo sacerdotale) sono le uniche armi della vittoria.

È bella, teologicamente parlando, la conclusione: “Così le sue mani (di Mosè) rimasero ferme fino al tramonto del sole”. [L’aggettivo “ferme” viene dalla parola ebraica “amen”, che indica fedeltà, fede, sicurezza. Come a dire: Mosè e la comunità sacerdotale sono stati fedeli, hanno perseverato … fino alla fine!

Occorre, dice il Signore, ricordare questo evento poderoso che segna l’avvio della “conquista” e ne dà il segno, le modalità, il senso profondo. È Dio che combatte per Israele! Questo evento va “scritto”, perché … sia letto e ricordato”. Israele (e anche noi) deve soltanto (ma quanto è difficile) leggere ed essere fedele … fino alla fine!

Nessuna alleanza sarà da farsi con la potenza mondana di Amalek: “Una mano contro il trono di Amalek! Vi sarà guerra per il Signore contro Amalek, di generazione in generazione”. Amalek viene a significare l’arroganza, la superbia, la forza o il potere del male contro il Signore: Amalek è “una mano (forza) contro il trono del Signore”.

Per questo, occorre dare un segno alla memoria. Ebbene, viene costruito un altare: un altare non per i sacrifici, ma per quello che significa, cioè, un altare che parla e può essere ascoltato, dice: “Il Signore è il mio vessillo”. L’altare ricorda e fa memoria feconda. che Dio è la nostra bandiera!

Annunciazione del Signore

Apr 8, 2024 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Luca 1,26-38

26Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
34Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

 

Avevamo udito un angelo che diceva alle donne: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. E’ risorto, non è qui.”

Un angelo dice ora a Maria: “Non aver paura, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù”.

“Ecco la serva del Signore, avvenga per me secondo la tua parola”. Il Vangelo di Luca continua così: “Alzatasi, Maria andò in fretta verso la regione montuosa”.

Ogni incontro col Signore è salvezza, purché noi accogliamo la sua parola in obbedienza. Allora ci alziamo, poiché siamo risorto; andiamo, poiché abbiamo lo Spirito; annunciamo Gesù risorto poiché siamo amati e salvati da lui.

 

Domenica 7 Aprile 2024 – II Domenica di Pasqua (o della Divina Misericordia) – Anno B

Apr 7, 2024 | Postato da Francesca Ospitali - Accompagnamento quotidiano

Per accedere alla diretta streaming della Messa delle 10.00 clicca qui

ANTIFONA DI INGRESSO:

Come bambini appena nati
desiderate il genuino latte spirituale:
vi farà crescere verso la salvezza. Alleluia. (Cf. 1Pt2,2)

 

PRIMA LETTURA

Dagli Atti degli Apostoli (At 4,32-35)
La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune.
Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore.
Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno.
Parola di Dio

Salmo responsoriale: Sal 117

Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre.

Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di Aronne:
«Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre».

La destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore.
Il Signore mi ha castigato duramente,
ma non mi ha consegnato alla morte.

La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo!

SECONDA LETTURA: Dalla Prima lettera di San Giovanni Apostolo  (1Gv 5,1-6)
Carissimi, chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato.
In questo conosciamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. In questo infatti consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi.
Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede.
E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio? Egli è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con l’acqua soltanto, ma con l’acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità.
Parola di Dio

[SEQUENZA
Alla vittima pasquale,
s’innalzi oggi il sacrificio di lode.
L’Agnello ha redento il suo gregge,
l’Innocente ha riconciliato
noi peccatori col Padre.

Morte e Vita si sono affrontate
in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto;
ma ora, vivo, trionfa.

«Raccontaci, Maria:
che hai visto sulla via?».
«La tomba del Cristo vivente,
la gloria del Cristo risorto,
e gli angeli suoi testimoni,
il sudario e le sue vesti.
Cristo, mia speranza, è risorto:
precede i suoi in Galilea».

Sì, ne siamo certi:
Cristo è davvero risorto.
Tu, Re vittorioso,
abbi pietà di noi.]

Alleluja, Alleluja

Perché mi hai veduto, Tommaso, tu hai creduto;
beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!

Alleluja

VANGELO

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 20,19-31)

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
Parola del Signore

Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura

Apr 6, 2024 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

Marco 16,9-15

9Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, Gesù apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva scacciato sette demòni. 10Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. 11Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero.

12Dopo questo, apparve sotto altro aspetto a due di loro, mentre erano in cammino verso la campagna. 13Anch’essi ritornarono ad annunciarlo agli altri; ma non credettero neppure a loro.
14Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto.  15E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura.

 

I discepoli, udito che Gesù era risorto, non credettero. Non credettero a Maria Maddalena e non credettero ai due discepoli di Emmaus.

Alla fine Gesù apparve anche ai discepoli (gli Undici) “e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore”. Perché mai? “Perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto”.

Il rimprovero rivolto ai discepoli diventa una esortazione per noi. Non abbiamo visto Gesù risorto, ma siamo chiamati a “credere a quelli che lo hanno visto”. La fede, dunque, è adesione non tanto a verità sparse, ma alla Parola o Testimonianza apostolica sia di uomini che di donne.

Proclamare il Vangelo significa dire e dare testimonianza che Gesù è risorto. Quindi: vive, opera nel mondo con la forza del suo Spirito. Proclamare il Vangelo è dire e dare Vita. Il Vangelo è la notizia più bella, più sicura, più feconda, e che ci salva.